La prossima scommessa si gioca in mare. In acque 'amiche'. Le stesse sulle quali naviga una fetta importante del commercio mondiale. Nelle acque e nei porti, caselli di partenza e di arrivo di quelle che chiamano Autostrade del mare. Nome ingannevole, in realtà, perché qui non ci sono né auto né strade, ma navi, acqua e antiche rotte, oggi pronte a essere riscoperte e tornare protagoniste di viaggi, scambi e integrazione. Ne è convinta l’Unione europea che ha già in mente una nuova strategia basata su innovazione tecnologica, tutela ambientale e connessione con i Paesi limitrofi «attraverso regole comuni, sinergie e rotte». A dirlo è il commissario Ue ai Trasporti, Antonio Tajani, che ha presentato un documento sulle nuove strategie per la politica dei trasporti dell’Unione che prelude all’adozione, entro il 2010, del nuovo Libro bianco dei trasporti. Cinquecento milioni di euro sono già previsti nel quadro del piano europeo di rilancio economico per accelerare gli investimenti in infrastrutture. E altre opportunità di finanziamento potranno arrivare gra- zie al programma Ten-T, per lo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto. Trenta milioni sono destinati proprio alle Autostrade del mare, 100 ai sistemi di trasporto stradali intelligenti e 240 milioni al sistema europeo di gestione del traffico ferroviario. Il futuro sarà l’integrazione delle autostrade del mare con i corridoi terrestri, come l’asse Berlino-Palermo, quello Genova-Rotterdam o quello Lisbona-Kiev. Se investire in infrastrutture e trasporti può diventare non solo la giusta strategia per superare l’impasse ma anche il vero motore di una ripresa robusta e duratura, sarà proprio il mare a 'traghettare' l’Italia fuori dalla recessione. Oggi, nel Mediterraneo, duemila collegamenti sviluppano un traffico annuo di 750 milioni di tonnellate di merci, mentre ogni giorno 250 petroliere trasportano il 20% del greggio mondiale. Le Autostrade del mare diventano sempre più una valida alternativa ai trasporti via terra. Riducono la congestione delle strade, gli incidenti e l’inquinamento ambientale. Non solo. Anche i costi di realizzazione sono fino a dieci volte inferiori a quelli di strade e ferrovie e i tempi di entrata in funzione sono pressoché immediati. Una nave adibita a trasporto merci po- trebbe essere realizzata e pronta per la navigazione anche in 6 mesi. Per un’autostrada sono necessari anni. Nonostante questo però, in Italia ancora il 66% delle merci viaggia su gomma e solo il 4% del carico trasportato per oltre 500 chilometri si sposta via mare. Se questa percentuale passasse al 10%, basterebbe a eliminare dalla strada 240mila mezzi pesanti all’anno. Secondo l’Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno 'Porti e Territorio', le Autostrade del mare dal 2002 a oggi hanno registrato un incremento del traffico merci dall’1,5% al 3,5% e attualmente sono un milione e mezzo i Tir che usufruiscono dei collegamenti marittimi. Ancora troppo poco. Soprattutto se si considera – a detta degli esperti – che le navi viaggiano con la stiva piena solo per metà, e che sarebbe possibile un aumento del 50% del traffico merci senza nessun costo aggiuntivo, economico o ambientale. Secondo gli ultimi dati forniti da Rete autostrade mediterranee, le linee esistenti in Italia sono 23, incluse le rotte verso la Sicilia, 26 collegano la Sardegna al resto del Paese, 48 garantiscono i collegamenti con l’Europa e 55 con i porti extraeuropei. Nonostante questo, il traffico via mare è fermo soltanto al 5% del totale. Anche se i programmi del ministero dell’Economia prevedono di arrivare all’8% entro il 2011, in linea con quanto previsto dal piano generale della mobilità. Allo stato attuale però, questi numeri sono soltanto una piccolissima goccia, soprattutto in confronto alle enormi potenzialità del sistema portuale e marittimo italiano. E non si tratta di supposizioni. Le Autostrade del mare – un tema sul quale ha insistito per anni l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi – possono diventare davvero uno strumento decisivo di crescita per il tessuto imprenditoriale di tutto il Paese. Basterebbe sfruttare le straordinarie potenzialità offerte dalla posizione strategica dell’Italia, cuore economico, sociale e culturale del Mediterraneo. Non è un caso che, nonostante la crisi, le relazioni con il Nord Africa abbiano continuato a crescere del 7-10%. Per cogliere appieno quest’occasione però, sarà necessario definire un vero progetto strategico. Ogni porto dovrà avere un ruolo e obiettivi ambiziosi, all’interno di un piano di sviluppo che sia capace di valorizzare le singole peculiarità. Una partita che va giocata in squadra e che coinvolge non solo tutti gli operatori del settore, ma che richiama anche la necessità di una sinergia dei trasporti. Terra e mare devono diventare l’una il proseguimento dell’altro. Una nuova sfida, pronta a coinvolgere 25 Paesi di tre continenti diversi, con 80 porti che si affacciano su quelle acque. Su questa scia, l’Unione europea scommette sulla cooperazione tra tutti i Paesi del Mediterraneo e del Nord Africa e punta a elaborare una carte comune delle infrastrutture di trasporto. «L’interconnessione delle reti europee e africane è l’espressione più tangibile del nostro futuro comune », ha sottolineato Tajani. Ne è convinto anche il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture, Altero Matteoli: «Ogni Paese ha lavorato per proprio conto o insieme a un altro. Adesso serve invece una politica integrata, uno sforzo comune per fare sistema».