Attualità

La riforma. Nel Pd è scontro frontale sul lavoro

lunedì 22 settembre 2014
"Con me cascano male" sentenzia Renzi. "Ci tratti con rispetto come fa con Berlusconi" replica a muso duro Bersani. Sulla delicatissima partita del lavoro, articolo 18 in testa con i sindacati sulle barricate, la tenuta del Pd è messa a dura prova. Il premier morde il freno e avverte i cosidetti "frenatori", quelli che vorrebbero prendere tempo e discutere con più calma. Tempo da perdere non ce n'è, il vento del cambiamento soffia per volontà degli elettori che alle europee hanno legittimato il governo in carica. Una trasformazione inevitabile per far ripartire l'economia del Paese, anche a dispetto della "vecchia guardia", il riferimento è ai sindacati da una parte e alla minoranza Pd dall'altra, guidata proprio dall'ex avversario alle primarie Pierluigi Bersani. "Vecchia guardia posso accettarlo, ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c'è?" ironizza l'ex segretario del Pd davanti ai microfoni del Tg1 sottolineando la disparità di trattamento. "Loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me". Schermaglie a parte il vero problema per le diverse anime del partito che non condividono la linea del premier è che il Pd finisca per fare una politica sul lavoro di destra. Ieri le minoranze del partito si sono riunite per scrivere insieme i propri emendamenti e già minacciano in aula una "libertà di voto" in aula come avvenuto per la riforma del Senato. Pippo Civati con una lettera aperta pubblicata sul suo blog aveva chiesto la partecipazione attiva di tutto il partito, spingendosi ad immaginare un referendum tra gli iscritti. "Abbiamo la pretesa che le posizioni siano esaminate, confrontate, condivise infine. Fino alla consultazione degli iscritti attraverso un referendum, se i processi ordinari di partecipazione capillare non possono essere più messi in piedi". Ma l'arma del referendum sembrebbe già stata messa da parte: impossibile realizzarlo visti i tempi ristretti.Oggi il gruppo del Pd del Senato, convocato sul Jobs Act, si riunirà alla presenza del ministro Giuliano Poletti e del responsabile Economia del Pd Filippo Taddei. La prova del nove sarà la direzione del Pd del 29 settembre, lunedì prossimo, quando Renzi chiederà al partito mandato pieno. Settimana cruciale quindi, con i sindacati che si sono dati appuntamento per venerdì per concordare la linea e valutare uno sciopero unitario. E se dalla Cgil continuano ad arrivare bordate, con Susanna Camusso che parla di discussione ideologia, mentre dalla Uil arriva un'apertura sulla revisione dell'articolo 18 solo per i neo-assunti. Intanto dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi arriva una promozione a pieni voti per il Jobs Act. "È urgente una riforma del mercato del lavoro nel nostro Paese: credo che la visione del premier sia assolutamente condivisibile" ha detto al convegno inaugurale del Cersaie. Questa visione, ha concluso, "credo vada sostenuta con molta forza da parte di Confindustria e delle nostre imprese". Dallo stesso palco il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha difeso il programma del governo. "Non perdiamo questa occasione: non potranno dirci che non ci abbiamo provato". "È ambizioso, ma vogliamo farcela. Sentiamo una grande responsabilità", ha spiegato Boschi. Spara ad alzo zero Beppe Grillo che accusa Renzi di essersi trasformato da "paladino" ad affossatore dell'articolo 18. Sul suo blog Grillo rispolvera una vecchia intervista del premier del 2012 in cui afferma di non ritenere l'articolo 18 un problema per l'occupazione e commenta: "Renzie da paladino dell'articolo 18 è diventato improvvisamente ultraberlusconiano, tanto da guadagnarsi il plauso nientepopodimeno che di Brunetta".