L'intervista. Treu: «Lavoro povero, è emergenza. Priorità ai settori più deboli»
Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro e già presidente del Cnel
«L’Unione Europea ci dà due possibilità: o una legge che tuteli i settori deboli o la contrattazione collettiva. Mi auguro che da questo incontro tra governo e opposizioni possa nascere un qualcosa a difesa dei lavoratori». Tiziano Treu, giuslavorista, ex ministro del Lavoro ed ex presidente del Cnel, è fiducioso.
Professore, quali sono questi settori deboli?
Le piccole imprese di pulizia, dei lavori di cura, della ristorazione, della guardiania e della vigilanza. In questi comparti ci sarebbe bisogno di una legge che dia forza a questi lavoratori che spesso non hanno tutele e rappresentanze sindacali. Inoltre le pur incoraggianti dinamiche occupazionali, se osservate da vicino, nascondono il lavoro precario e il lavoro povero. Il lavoro a termine, pur sui livelli della media europea, diventa un problema quando è a brevissimo termine. Contratti di una settimana o un mese sono un disastro. In generale, serve garantire che chi ha lavori a tempo non resti intrappolato in quella condizione, una piaga che in Italia colpisce soprattutto i giovani.
C’è chi ha tirato fuori la cifra di 160mila lavoratori senza tutele...
Non mi risulta. Anche se non è la prima volta che si parla di lavoratori senza contratto, in Italia uno “straccio” di contratto c’è comunque anche se spesso è poco applicato. Soprattutto in quelle imprese che ho ricordato prima, dove esiste un tasso di evasione che arriva anche al 30%. In questa fase i segnali positivi sono due: c’è una crescita buona dell’economia, anche leggermente migliore rispetto alle aspettative, e una risalita dei livelli di occupazione. Una cosa non scontata, visti i tanti pronostici aperti dall’avvento delle tecnologie, che si diceva avrebbero tolto posti di lavoro. Il lavoro c’è, ma sta cambiando. Avremo sempre più lavori verdi, sempre più lavori di cura della persona e di manutenzione. Perciò servono investimenti per supportare la formazione e favorire le transizioni di centinaia di migliaia di persone in questa nuova economia. Significa spostarli in nuovi settori e in nuove imprese.
Al Cnel, però, sono stati depositati circa 1.000 contratti.
È vero. Nell’ultimo periodo del governo Draghi, quando il ministro del Lavoro era Orlando, abbiamo cercato di trovare una risposta per dare forza alla contrattazione collettiva. Frutto sia della capacità di mettere allo stesso tavolo datori e rappresentanti sindacali che dell’invito dell’Ue a normare in alternativa sul salario minimo.
E sui contratti pirata cosa ne pensa?
Che sono fatti male e spesso poco rappresentativi. Una beffa per chi invece rispetta la contrattazione collettiva. Mi rendo conto che il cuneo fiscale in Italia sia ancora alto e che la tassazione sul lavoro tocchi anche il 50% delle buste paga. Ma non si può aggirare in questo modo il diritto. Bisogna invece insistere sulla contrattazione decentrata e su ulteriori tagli del cuneo fiscale.
Fatta la legge trovato l’inganno...
In effetti siamo un popolo che fa fatica a osservare le norme. Le conseguenze sono che abbiamo quasi tre morti al giorno sul posto di lavoro e il 18% di sommerso. Un vero danno per la collettività: ecco perché avremmo bisogno di più ispettori e più controlli.
Ma davvero c’è così bisogno di una legge sul salario minimo?
Anche la presidente del Consiglio si è accorta di questa necessità, molto sentita da parte dell’opinione pubblica. L’apertura di un vertice con le opposizioni va letta in questo senso. Il salario minimo, che sia per legge o per contratto, va introdotto. La proposta avanzata dalle minoranze mette insieme le due cose. Non è accettabile avere 3,5 milioni di lavoratori poveri, che hanno redditi da fame. Parliamo di un’emergenza assoluta.