Attualità

OLTRE LE SBARRE. Lavoro per ex detenuti Terzo settore in rivolta

Luca Liverani venerdì 22 giugno 2012
«Sono profondamente sorpreso per queste dichiarazioni del capo del Dap Giovanni Tamburino, se mai queste parole le avesse davvero pronunciate. Di recente, insieme, dati alla mano, abbiamo valutato il progetto che ha ereditato dalla precedente amministrazione guidata da Franco Ionta». Salvatore Martinez. presidente del Rinnovamento nello Spirito, confessa la sua amarezza dopo le parole, attribuite ieri da agenzie di stampa, al responsabile del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria su uno stop al progetto Anrel di reinserimento lavorativo di ex detenuti. Martinez è al timone dell’ente morale Fondazione monsignor Francesco Di Vincenzo, capofila del progetto.Secondo l’attuale capo del Dap, dunque, il progetto Anrel non vedrà mai la luce.In realtà il “figlio”, da un matrimonio consensuale, è già nato... Dap e Cassa per le ammende, mediante una Commissione ministeriale, hanno interagito con la Fondazione sia nella Convenzione generante Anrel sia nel Protocollo per il suo funzionamento. Sarebbe un’affermazione talmente infondata da rasentare la diffamazione. Escludiamo che Tamburino possa sconfessare l’attività svolta in precedenza dalla stessa amministrazione che ora rappresenta.Tra i motivi della ventilata chiusura del progetto, a detta del direttore del Dap, ci sarebbe il costo eccessivo, cioè i 4,8 milioni stanziati.Ci tengo a precisare che, a dicembre 2011, secondo il regime di cofinanziamento previsto dall’accordo, Anrel ha già speso 262mila euro. Senza contare le professionalità messe gratuitamente a disposizione. E abbiamo anche prodotto una costosa fidejussione per l’ammontare del finanziamento previsto, senza che sia stato erogato un solo euro. Altro che sostegno al Terzo Settore: siamo noi a sostenere i progetti dello Stato.Secondo il Dap si sarebbe «deciso di bloccare» il progetto per la «perplessità» suscitata dal fatto che l’80% dei fondi sarebbe stata destinata «a compensare l’attività della stessa agenzia».Il progetto prevede l’impianto delle sedi per una spesa pari al 44% dei fondi, destinata quasi del tutto al primo obiettivo di cui il Dap stesso sarà beneficiario, cioè la creazione di una banca dati nazionale dei soggetti ammessi all’esecuzione della pena esterna, per individuare percorsi di reinserimento personalizzato con il coinvolgimento della famiglia.Ad Anrel verrebbe preferito l’accordo a costo zero con l’Anci, un protocollo d’intesa sui lavori di utilità comune.Non vorremmo che si trattasse di una versione riveduta e corretta dei lavori socialmente utili, senza nessuna prospettiva di reale reinserimento sociale. La lotta alla recidiva ha bisogno di ben altro; non serve assistenzialismo sotto forma di esperienze lavorative che non potranno fornire stabili prospettive di impiego. La spesa sociale è all’osso, ma serve più società civile per vincere la crisi.Qualcuno ha paura di sostenere il ruolo del privato sociale?È la prima volta che si tenta una simile impresa tra pubblico e privato sociale sul principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale. Lo ripeto, non si tratta di un contributo a una o più associazioni di volontariato, ma di un investimento a vantaggio della coesione sociale, con il raggiungimento di obiettivi chiari, concordati e verificabili. Un detenuto costa circa 160 euro al giorno. I 4,8 milioni, ripartiti sulle 5 regioni per i tre anni del progetto, equivalgono al costo di 6 detenuti in più per regione. Come se ce ne fossero 28 in più sugli oltre 63 mila che affollano le carceri. Dunque, un rischio calcolato.