Lavoro. L'anno nero degli incidenti, crescono morti e infortuni
L'economia italiana sta meglio. La produzione industriale aumenta: a fine novembre segnava il +2,9%. Le ore lavorate sono cresciute complessivamente del 2,4% su base annua, sulla scia della crescita della produzione. Ci sarebbe solo da festeggiare, se i numeri della sicurezza sul lavoro non richiamassero a una disarmante realtà. E cioè che nel 2017, per la prima volta dopo oltre 25 anni, si è assistito anche a un'altra ripresa: quella, in contemporanea, sia di infortuni che di morti sul lavoro.
Si tratta di dati ancora provvisori, anche se aggiornati a fine novembre. E per l'Anmil, l'Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi dal lavoro, è già tempo di far suonare un campanello d'allarme: «Perché se dopo tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni, dalla Thyssen alle buone leggi sulla sicurezza sino alla formazione nelle aziende e nelle scuole -– spiega il direttore generale Sandro Giovannelli -– siamo di nuovo a questo punto, e cioè che al primo segnale di ripresa ecco riprendere anche gli incidenti, allora vuol dire che sulla sicurezza non abbiamo fatto passi avanti. O almeno non quelli che avremmo dovuto e potuto fare».
I numeri e l'allarme Anmil
Se negli anni della crisi, infatti, s'era assistito a un forte calo di infortuni e vittime sul lavoro, nel 2015 e 2016 a seguito dei primi segnali di ripresa produttiva quel calo ha cominciato a dare segni di un sensibile rallentamento finché proprio quest'anno ha iniziato, già dai primi mesi, una crescita via via più consistente. In particolare sulla base dei primi undici mesi del 2017, rilevati dall'Open Data dell'Inail, gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (che in numeri assoluti significa circa 2.000 in più). E l'incremento era stato molto più sostenuto nei mesi precedenti, sfiorando addirittura il +2%.
Un percorso pressoché analogo s'è riscontrato per le morti sul lavoro, che erano scese dai 1.200 casi del 2008 a 1.170 nel 2014 per risalire a 1.286 nel 2015 e ridiscendere a 1.104 nel 2016. Nel 2017, sempre con riferimento ai dati disponibili del periodo 1 gennaio-30 novembre, s'è registrata una crescita dell'1,8% (17 casi in più), che con molta probabilità porterà ad un saldo annuo finale intorno a +2%.
Più incidenti nel metallurgico e al Nord
Non è un caso, tra l'altro, se i settori che fanno registrare i maggiori aumenti in termini infortunistici sono proprio quelli legati ad attività industriali in cui si riscontrano più marcati segnali di ripresa produttiva, e quelli più a rischio: l'industria metallurgica (+6,3 %), i trasporti (+4,0%), la metalmeccanica (+3,7%) e i servizi alle imprese (+1,9%). Per contro, tra i settori in diminuzione l'Anmil elenca: l'agricoltura, che prosegue nella sua tendenza storica al ribasso con un calo infortunistico pari al -5,2%; la pubblica amministrazione (-9,8%), le attività finanziarie ed assicurative (-8,6%) e la sanità (-2,8%), ovvero tutti settori in cui la ripresa produttiva ha avuto scarsissimo impatto. Anche a livello territoriale i maggiori incrementi infortunistici si registrano nelle aree più industrializzate e produttive del Centronord e in particolare in Lombardia (+2,7), Emilia Romagna (+2,6%), Trentino (+2,5%) e Lazio (+1,3%). Le regioni più "virtuose" risultano essere quasi tutte quelle del Centrosud, in particolare Molise (a un clamoroso -14,9%), Umbria (-6,3%) e Puglia (-3,2%).
«La verità –- continua Giovannelli -– è che passata l'onda emotiva proprio dei fatti della Thyssen, e delle normative sulla sicurezza scattate in seguito a quella tragedia, tutto è finito con l'arenarsi: penso proprio alla formazione, spesso fatta soltanto su carta, alla giustizia, ancora troppo lenta nell'occuparsi di cause di lavoro, dei controlli, in fortissimo calo. Serve un cambio di marcia».