Attualità

DIETRO LE SBARRE. Lavoro in carcere: «Presto i fondi»

Paolo Lambruschi martedì 18 settembre 2012
​Rifinanziare la legge Smuraglia che assicura gli incentivi alle aziende che assumono i carcerati prima che il governo tecnico esaurisca il mandato. E proseguire con un po’ di «sana deflazione carceraria». Sono gli impegni presi ieri a Padova dal ministro della Giustizia Paola Severino, che ha incontrato i detenuti del carcere “Due Palazzi”. «Non sono molto brava a fare promesse, però c’è un impegno molto serio per il rifinanziamento della legge Smuraglia». Che per Paola Severino è stata l’unica forma di attivazione del lavoro carcerario «che non fosse semplice assistenzialismo o pietismo, ma che ha introdotto un modo di lavorare nel carcere utile non solo per i detenuti, ma anche per il reinserimento sociale e per le imprese».Il Due Palazzi è una punta di diamante dove 130 detenuti sono impiegati nell’esperienza pilota in Italia del consorzio Rebus. All’incontro, a tratti toccante, il Guardasigilli ha ascoltato le testimonianze di detenuti ed ergastolani che affidano al lavoro la speranza di avere ancora futuro, ma anche le proteste. All’appuntamento erano presenti anche le cooperative del carcere di Torino “Le Vallette” e una cooperativa di Roma oltre ai vertici di Federsolidarietà e Legacoop, per ricordare l’urgenza della situazione. I fondi della legge, 4,6 milioni di euro - invariati dal primo stanziamento del 2000 - sono infatti esauriti dal mese scorso. Consentono, in pochissimi dei 206 istituti penitenziari italiani, di dare un lavoro vero almeno a tre detenuti su cento grazie a 516 euro di credito d’imposta mensile per ciascun assunto per oltre 30 giorni e un taglio dell’80% dei contributi. Imprese e cooperative hanno assunto ad oggi 2.261 detenuti.«Il lavoro in carcere – ha confermato il Guardasigilli – non è più solo unire due bulloni, ma fare prodotti concreti, di qualità, abituando i detenuti al lavoro utile». Lo conferma il caso di Dse, un’azienda bolognese che produce e vende energia nel consorzio Rebus, che ha affidato la sua sezione amministrativa a 28 carcerati e tra 15 giorni ne assumerà altri sette. O i celebri laboratori di pasticceria della coop Giotto e quelli di valigeria. «A Padova – ha commentato Severino – ho incontrato anche ergastolani che lavoravano e da loro ho sentito parole di speranza». Rebus ha ridato ad esempio dignità a S., 45 anni, che aveva un’impresa a Monfalcone. Ha ucciso l’amante della compagna e dopo tre anni in cella senza fare niente, ha iniziato a lavorare nel call center per le visite sanitarie: «Ho ricominciato a vivere e capire il mio errore». Oggi ha ritrovato il figlio che ha lasciato 10 anni fa da bambino e con lui, oggi ventenne, ha aperto un’azienda artigianale. «Finirò la pena nel 2019. Di notte torno in cella, di giorno provo a ricostruire il futuro». Un ostacolo è il sovraffollamento. Oggi la popolazione penitenziaria sfiora le 67mila unità mentre il nostro sistema può assorbirne 20 mila di meno.«La ricetta per far fronte a questa situazione – ha spiegato Severino – consiste in un mix di elementi. Credo che un po’ di sana deflazione del carcere sia estremamente importante. Intanto la legge svuota carceri ha iniziato a produrre i primi risultati. Poi ci sono le misure alternative, il vero modo per affrontare il problema. La reclusione deve essere l’ultima risorsa: perché non far funzionare prima altre opzioni, come la messa alla prova? E poi si dovrebbe rinunciare ai processi per reati tenui, mi viene in mente il caso di due anziani che hanno rubato per necessità un etto di prosciutto al supermercato».Lavorare dietro le sbarre significa anche abbattere la recidiva. «I risultati sono buoni – ha ammesso il ministro – è una questione importante, che va spiegata bene all’opinione pubblica». Basta una cifra: nove ex detenuti su dieci che tornano dentro in galera non lavoravano.Infine il ministro ha confermato i passi avanti per la discussione parlamentare del provvedimento anticorruzione.