Attualità

Caporalato. L'assenza (colpevole) delle imprese

Antonio Maria Mira mercoledì 8 agosto 2018

Il ministro Salvini non cambia idea. «C’è una legge sul caporalato che su alcuni versi può e deve essere migliorata e aggiornata per permettere agli agricoltori per bene che nella provincia di Foggia sono la stragrande maggioranza di poter lavorar legalmente e regolarmente». Nuovamente nel mirino la legge 199 del 2016 che, in meno di due anni, sta dando ottimi risultati, come assicurano magistrati e forze dell’ordine. Una legge che, diversamente da come la pensa il responsabile del Viminale, ma anche il suo collega dell’Agricoltura, Centinaio, non penalizza il mondo agricolo onesto, ma permette finalmente di colpire le responsabilità degli imprenditori disonesti che usufruiscono dei caporali. Non sono la maggioranza ma neanche pochissimi. Ed è illegalità economica. Anche su questo il ministro indica un bersaglio diverso. «Non è un problema di manodopera in nero, di caporalato, di furbizia. Questo è un problema di mafia». E la parola mafia torna più volte nelle affermazioni di ieri di Salvini al termine del Comitato per l’ordine e la sicurezza a Foggia. Il ministro lo fa collegando il fenomeno dell’immigrazione allo sfruttamento e, appunto, alla mafia. «Un’immigrazione fuori controllo aiuta la mafia», sostiene.

Ma i sedici morti sulle strade foggiane non erano migranti e tantomeno 'clandestini', erano lavoratori con regolare permesso di soggiorno, ma sfruttati da caporali e imprenditori. Comportamenti che niente può giustificare. Ma il ministro tira in ballo l’Europa affermando che «se l’agricoltura italiana non fosse costretta a inseguire la concorrenza sleale di altri produttori probabilmente avremmo fenomeni minori di illegalità». Peccato che il mondo dei datori di lavoro agricolo, le loro grandi associazioni, siano i clamorosi latitanti proprio sul fronte del superamento dell’emergenza. «Coldiretti è l’unica organizzazione datoriale che si è fatta avanti. Il mondo imprenditoriale è il grande assente», ci ha detto alcuni giorni fa il prefetto Andrea Polichetti, da un anno Commissario di governo per l’emergenza immigrati a San Ferdinando, illustrandoci un piccolo ma importante corso di formazione.

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Ed è anche per queste assenze che ancora non si è riusciti a costituire a Reggio Calabria la sezione territoriale del lavoro agricolo di qualità, prevista proprio dalla legge sul caporalato per realizzare progetti di integrazione dei braccianti. Progetti che riguardano lavoro, abitazioni e trasporti. Una 'cabina di regia' che, invece, si è riusciti a costituire proprio a Foggia, dove commissario è il prefetto Iolanda Rolli. Ma anche qui le assenze imprenditoriali sono gravi. Nella riunione di lunedì le associazioni datoriali non si sono presentate. Eppure da poche ore sull’asfalto della statale 16 erano finite le vite di quattro braccianti. C’è poco da stupirsi visto che delle 27mila aziende agricole foggiane solo 80 si sono iscritte alla rete del lavoro agricolo di qualità, e appena 3.600 in tutta l’Italia, su 200mila attive nel Paese. Così la rete, anch’essa prevista dalla legge 199 proprio come argine a lavoro nero e caporlato, stenta a decollare. Più che modificare la legge, dunque, va applicata fino in fondo proprio per difendere le imprese oneste e per chiudere i ghetti, come Salvini si è impegnato a fare. E se non si applica la legge anche i fondi di cui ha parlato non si potranno utilizzare. Ma questo il ministro non lo ha detto. Così come non ha detto nulla del futuro dei tre commissari (ce n’è uno anche a Castel Volturno). Il loro incarico scade il 21 agosto. Che intenzione ha il Governo? Sarebbe un gran brutto segnale non rinnovarli, soprattutto dopo i sedici morti.