Attualità

Brescia. L’area Caffaro fa paura. Tutti i tumori in crescita

Pino Ciociola venerdì 9 maggio 2014

Molti eccessi. Il 'Sin Brescia­ Caffaro' è costituito da tre Comuni con popolazione complessiva (al Censimento 2011) di 205.047 abitanti, sul territorio dei quali insistono impianti chimici e di­scariche. E si legge nello Studio Sen­tieri che qui, sia per le donne che per gli uomini, «si osser­vano eccessi di tutti i tumori e dei tumori e­patici, laringei, renali e tiroidei». Guardando più detta­gliatamente al gene­re, poi, tra gli uomini «si registrano eccessi per i tumori esofagei, pancreatici, prostati­ci e i melanomi cuta­nei », mentre fra le donne «si osservano eccessi dei tumori mammari, dei linfomi non-Hodgkin, delle leucemie (in particolare le mie­loidi croniche) e dei tumori linfoe­matopoietici nel loro complesso».  proposito invece dei ricoveri, «si ri­leva un eccesso del numero dei rico­verati in entrambi i generi per il com­plesso delle diagnosi indagate, per le malattie infettive e parassitarie e per il complesso dei tumori maligni», in particolare «della laringe, della ve­scica, della ghiandola tiroidea, del tessuto linfoematopoietico nel com­plesso (specie i linfomi non-Hodgkin e le leucemie), il melanoma maligno della cute e altri tumori della cute. Così negli uomini c’è eccesso «di ri­coverati per tumori maligni primiti­vi del fegato, per tumori maligni del­la prostata e per la malattia di Hodgkin» e nelle donne «per tumori maligni del colon-retto, del pancreas, della mammella e della vescica».

Capitolo malattie non neoplastiche: l’eccesso di ricoveri sono per «le ma­lattie del sistema nervoso centrale, il complesso delle malattie del sistema circolatorio (malattie cardiache, ma­lattie ischemiche del cuore, malattie ischemiche acute, insufficienza car­diaca e malattie cerebrovascolari), le malattie dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente». Le considerazioni complessive ri­guardanti questo Sin? Lo stabilimento Caffaro di Brescia, nel quale sono stati prodotti Pcb dalla fine de­gli anni Trenta al 1984 – si legge – «ha riversato per decenni i rifiuti della la­vorazione in un corso d’acqua co­municante con la rete delle rogge, che a sua volta ha contaminato suo­li agricoli e catena alimentare». E in più, «l’esposizione professionale a Pcb nelle aziende metallurgiche di Brescia e provincia contribuisce al­l’innalzamento dei livelli ematici pro­prio di Pcb».  Dunque lo Studio chiude chiaro e ton­do: tutto ciò «giustifi­ca il perseguimento di un insieme di obietti­vi attinenti il risana­mento ambientale», ma anche «il poten­ziamento dei pro­grammi di sorve­glianza epidemiolo­gica e monitoraggio anche biologico». E sempre in base a tutto ciò «appare appropriato an­che in relazione alla messa a punto di un piano di comunicazione con la popolazione».