Coppie in crisi. L'appello dei mediatori familiari: «Noi, risorsa ignorata»
Separazioni nel 2015, oltre 90mila. Divorzi, oltre 80mila. Figli coinvolti nelle separazioni dell’ultimo decennio, circa un milione. Dramma familiari legati alle disgregazioni delle famiglie negli ultimi cinque anni? Decine di migliaia, tra cui troppi sfociate in omicidi plurimi e suicidi. Sofferenza sopportata dalle persone coinvolte in questa teoria infinita di fallimenti relazionale? Immensa. Come vastissimi sono i danni sociali (costi sanitari e giudiziari, ore di lavoro perso, percorsi scolastici interrotti, ecc) derivanti da queste situazioni. Domanda: quanta sofferenza potrebbe alleviare la mediazione familiare?
Quanti drammi potrebbe evitare? Se ci fosse una legge che rendesse obbligatoria la mediazione, magari anche solo per i casi più conflittuali, si potrebbe sperare di evitare il 30 per cento dei disastri familiari? Magari solo il 20, il 10 per cento? Difficile rispondere. Anche perché in Italia – a differenza di altri Paesi europei – questa legge non esiste. Negli ultimi anni, invece di pensare ad aiuti per i coniugi in difficoltà, i signori della politica si sono preoccupati soprattutto di rendere più scorrevole il binario delle disgregazioni familiari con provvedimenti per divorzi per 'via ammistrativa', rapidi e indolori. Sulla prevenzione, come al solito, nessun intervento. Ma non solo. In Italia, la mediazione familiare, autentica risorsa sprecata, prevede requisiti molto vaghi e non ha un ordine professionale. Al momento esiste solo un obbligo di 'accredito' presso il ministero dello Sviluppo economico. E capita così che circa i cinquemila mediatori, aderenti alle tre sigle più importanti (Aims, Simef e Aimef), in attesa di ottenere un maggior riconoscimento professionale siano in qualche modo costretti ad autoregolarsi. Per questi motivi è nata una confederazione dei mediatori, la Fiamef, che ha fissato criteri univoci e modalità di intervento. Ma la strada è ancora lunga. Se ne parlerà da oggi a Bologna, al congresso nazionale dei mediatori sistemici (Aims).
«Le dinamiche familiari sempre più complesse – spiega il presidente, Giuseppe Ruggiero – segnate da dimensioni affettive, sociali, culturali, economiche, stili di vita spesso di difficile valutazione, ci sollecitano a rivedere i nostri schemi, collegandoli a nuove forme di mediazione». Nuovi bisogni e quindi nuovi scenari che stamatti- na, durante l’incontro dei mediatori, saranno tracciati da un magistrato, Maria Canziani, e da un sociologo, Roberto Volpi. Sarà lo spunto per capire come rimodulare la mediazione di fronte alle varie tipologie familiari, quelle monogenitoriali, quelle ricomposte, quelle interculturali, quelle adottive, ma anche quelle con genitori omosessuali. «In questi ultimi anni – riprende Ruggiero – l’istituto delle negoziazione assistita ha complicato non poco il quadro. Spesso si confonde mediazione e negoziazione». Com’è noto la legge 162 del 2014 ha introdotto questo istituto che permette, tra l’altro, di arrivare alla separazione per via extragiudiziale, con l’assistenza di un avvocato. È però necessario che, prima di arrivare alla sentenza di scioglimento, si dimostri di aver tentato una conciliazione. Percorso spesso tanto soft da apparire solo un adempimento formale. Di mediazione non si parla.
«Oggi le uniche mediazioni obbligatorie – osserva ancora il presidente Aims – sono soltanto quelle disposte dai tribunali, quando le cosiddette C.t.u. (consulenze tecniche d’ufficio) non hanno sortito gli effetti sperati. Ma sono una percentuale minima. Le coppie dovrebbero essere aiutate a capire l’importanza di accedere spontaneamente ai nostri servizi. Soprattutto quando nel conflitto sono i coinvolti i figli. Ecco perché il lavoro del mediatore è delicato e complesso. Lavoriamo sui sentimenti e sulle speranze delle persone». In attesa che lo Stato si accorga di questa opportunità, alcune Regioni si sono già mosse. In Lombardia, alle coppie che lo richiedono, viene offerto un percorso gratuito di mediazione di otto incontri. E 7 coppie su 10, al di là dell’esito del conflitto, si dichiarano soddisfatte dell’aiuto ricevuto. Alcuni tribunali poi hanno cominciato ad aprire sportelli per la mediazione. Esperimenti lodevoli ma, al momento, troppo isolati.