Gli adolescenti sottovalutano il rischio. L’alcol dei millennials: bevono meno ma prima
In terza media tre quarti degli adolescenti hanno già «provato» almeno una bevanda alcolica, ma il 52% non ne beve mai e il 39% solo occasionalmente. Si sapeva già che il «battesimo» dell’alcol in Italia fosse precoce (meno peraltro della media europea), eppure la terza indagine nazionale presentata ieri a Trento dall’Osservatorio permanente su Giovani e alcol e dalla Società italiana di Medici dell’adolescenza svela due tendenze in chiaroscuro: una lenta riduzione dei consumi negli adolescenti (13-14 anni) e una crescente sottovalutazione del rischio; e nella valutazione di questo bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno gioca molto il ruolo dell’ambiente familiare, decisivo anche nell’orientare che cosa, quando e quanto bere. I questionari raccolti tra 1.981 ragazzi sono stati raffrontati dal sociologo Carlo Buzzi, curatore della ricerca per il Dipartimento di Sociologia dell’università di Trento, con due simili indagini del 2012 e del 2015: aumentano i non bevitori e cala la percentuale degli abituali (il 15% beve una volta in settimana).
La bevuta anche sporadica non viene percepita però, nonostante le campagne informative e i divieti nella vendita di alcolici, come un comportamento a rischio ma come un’occasione «per divertirsi» o «adeguarsi agli amici », comunque «per caso» (la motivazione data dal 59%): «I ragazzi considerano come un accidente che non dipende dalla loro responsabilità. Tendono in maggioranza ad autogiustificarsi e quindi a sottovalutare la pericolosità dell’alcol», ha spiegato l’autore della ricerca, sottolineando il ruolo decisivo ma ambivalente del contesto familiare. Le risposte sull’ambiente del primo assaggio indicano infatti generalmente una presenza forte di genitori (48,5%) o comunque adulti (23,3%), da brindisi familiare (46,6%), a cui corrisponde spesso un’azione orientativa e moderatrice, tanto più che la prima sensazione di sgradevolezza/ piacevolezza risulta influire non poco sulla 'carriera' del potenziale bevitore.
«Chi ha bevuto per la prima volta con i genitori ha meno probabilità di sperimentare l’eccesso» dicono i curatori, che hanno registrato però un raro intervento preventivo in forma di discussione o informazione sui rischi della dipendenza: «Solo il 13,5% di mamme e papà hanno affrontato esplicitamente il tema, il 31,5% non l’ha mai fatto». Un dato preoccupante rispetto al compito preventivo della famiglia, sottolineato anche da Gabriella Pozzobon, presidente della Società italiana dell’Adolescenza: «I genitori devono educare al bere responsabile, prima ancora che moderato.
E devono cogliere in anticipo i segnali negativi». L’analisi è stata approfondita da Enrico Tempesta, presidente dell’Osservatorio permanente Giovani e Alcol: «La ricerca segnala una presenza dei genitori più amichevole che autorevole. La vulnerabilità dei millennials cresce in seguito alla stimolazione precoce che subiscono dalle nuove tecnologie, efficaci nel promettere gratificazione immediata. L’attenzione preventiva a sostanze di consumo come alcol e droghe va allargata allo stesso modo ai comportamenti compulsivi dei nativi digitali».
Qualche elemento è emerso sulle preferenze – birra 43%, vino 28, drink 38, aperitivi 22 e superalcolici 15 –, mentre la vera e propria ubriachezza (almeno una volta ogni tre mesi) tocca il 15,1% degli intervistati, in linea con le analisi precedenti, e appare strettamente correlata a chi ha avuto un imprinting dal gruppo dei pari: «Anche per questo – ha ribadito Michele Contel, dell’Osservatorio – la mediazione della famiglia ha una funzione responsabilizzante ».