Strano ma vero. In valle di Susa esistono tunnel buoni e tunnel cattivi. E stanno per essere scavati nella stessa montagna. Il tunnel "cattivo" è quello internazionale della Torino-Lione ferroviaria destinato a collegare Susa a St.Jean de Maurienne: in tutto 57 km. di cui 47 in Francia e 12 in Italia. Una vicenda che ha suscitato clamore, proteste, incidenti, ripetuti scontri tra i No Tav e le forze dell’ordine. Con tanta polizia a presidiare il cantiere di Chiomonte per lo scavo del cunicolo esplorativo. Salendo più in alto, non è solo l’aria ad essere più rarefatta ma anche la protesta. Siamo sullo stesso massiccio, a Bardonecchia. Qui sono appena iniziati, con una solenne presentazione avvenuta l’altro giorno, i lavori per il tunnel di sicurezza del traforo del Frejus. Poco più di 12 km in tutto, circa la metà in Italia. La Sitaf e la consorella francese che gestiscono il traforo l’hanno già detto: la "canna" deve essere aperta al traffico e non può limitarsi alla sola funzione di sicurezza in caso di emergenza. Uno scenario che prevede maggiori incassi per le due società, ma anche maggior traffico di mezzi pesanti (e più inquinamento) per la valle di Susa. Chi si aspettava proteste e barricate è rimasto deluso. Nessuna protesta, tanto meno da parte del presidente della Comunità Montana Sandro Plano (fiero oppositore dell’alta velocità) che, tra l’altro, è pure dipendente della Sitaf. E a difendere i cantieri? Giusto un paio di poliziotti o carabinieri che si annoiano e ammazzano il tempo giocando a carte. Eppure, verrebbe da dire, la montagna è la stessa, i rischi uranio-amianto-radon son gli stessi. Ma nessuno dice nulla.Nel fronte No Tav tra i pochi a dire qualcosa per adesso è Nilo Durbiano, sindaco di Venaus: «Seconda canna del Frejus autostradale più alta velocità ferroviaria significano trasformare la valle di Susa in un corridoio di transito delle merci. E se questo è lo sviluppo della valle noi non ci stiamo». Fa eco Antonio Ferrentino, sindaco di S.Antonino e consigliere provinciale di Sel: «Nel silenzio più assordante le società che gestiscono traforo del Frejus stanno seriamente pensando - di non limitarsi a scavare un tunnel di sicurezza ma di aprirlo al transito. Aumentando così (e non di poco) gli incassi». E il resto del mondo? Gli ambientalisti? I difensori del territorio? Stanno zitti, non dicono nulla. «Per questo - dice Ferrentino - urge un’iniziativa politica per impedire che sulla valle di Susa, vengano di nuovo scaricati migliaia di Tir a migliaia». Che, fino a prova contraria, inquinano. Più dei treni.Nella polemica interviene anche il presidente della Provincia Antonio Saitta, d’accordo con Ferrentino nel trovare strano «questo silenzio assordante sul raddoppio del Frejus». Di qui l’impegno di Saitta: «a convocare i soci pubblici di Sitaf; la Provincia ha la maggioranza del 51% e deve dovere di esprimersi chiaramente». E in Regione che si dice? L’assessore regionale ai Trasporti Barbara Bonino parla di «campioni della disinformazione che diffondono allarmi ingiustificati sulla Torino-Lione e ora sulla seconda canna del Frejus. L’unico modo per rendere più sicuro il traforo è la separazione dei flussi di traffico in due canne distinte». Nella querelle cui si aggiunge una nota maliziosa di Silvia Fregolent capogruppo del Partito Democratico nella Provincia di Torino: «In consiglio, parlando della seconda canna del Frejus abbiamo appreso dell’esistenza di un conflitto di interessi in casa dell’assessore Regionale ai Trasporti Barbara Bonino. Il fratello dell’assessore – dice Fregolent – dopo essere stato fino al 31 dicembre 2010 nello staff della sorella assessore, da gennaio 2011 è stato assunto come consulente del direttore generale della Sitaf e si occupa delle compensazioni ai Comuni. Sarà questo il motivo che ha spinto l’assessore Bonino a dichiararsi favorevole alla trasformazione della canna di sicurezza in tunnel di esercizio? A pensare male si fa peccato, però….».