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25 novembre. Le 99 donne uccise nel 2024 e quelle che chiedono aiuto: ecco i numeri

Ilaria Beretta domenica 24 novembre 2024

In questo combo i volti di alcune delle donne uccise nel 2024

Sono 99 le donne uccise per femminicidio fino a oggi nel 2024. Ma a queste quasi cento che hanno pagato il prezzo più alto dell’odio di genere se ne devono aggiungere tante altre che da quella stessa violenza sono state investite e sono sopravvissute riportando cicatrici spesso destinate a restare invisibili.

Ventimila sono le donne che – secondo la Relazione annuale sui servizi pubblici erogati, messa a punto dal Cnel con i dati 2022 – hanno intrapreso un percorso di supporto e aiuto presso un Centro antiviolenza. E non a caso, di fronte all’aumento delle richieste, dal 2017 a oggi queste strutture, insieme alle Case rifugio, sono praticamente raddoppiate, passando da 454 a 816.

Nel mirino ci sono sempre più madri di famiglia, a cui si affiancano le giovanissime, per le quali – dichiarano le protagoniste – gli abusi psicologici sono quotidiani e quelli fisici diventano più gravi e frequenti.

Tra i numeri diffusi in occasione della Giornata internazionale per l’elimi-nazione della violenza contro le donne che si celebra domani, 25 novembre, in tutto il mondo, si parte obbligatoriamente dagli omicidi, segno più evidente e clamoroso della violenza di genere. Nei primi undici mesi dell’anno sono avvenuti soprattutto nelle regioni del centro Italia, con un aumento significativo registrato nei piccoli Comuni con meno di cinquemila abitanti.

Crescono – dicono i dati dell’XI Rapporto Eures – le vittime over 65: sono 37 quelle colpite nel 2024 dal coniuge o dai figli, pari al 37,4% delle vittime totali. In forte crescita pure le figlie uccise – in numeri assoluti passate da 5 a 9 – generalmente all’interno di stragi familiari in cui le ragazze diventano vittime collaterali di una violenza inizialmente orientata a colpire la madre ed ex partner.

Anche quando non vengono uccise, però, le giovani sono investite dalla violenza maschile. Secondo un rapporto stilato da Differenza Donna, il 43% delle ragazze dichiara di averla subita sotto forma di stalking, attacchi verbali e psicologici o aggressioni fisiche e sessuali.

L’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, con una ricerca realizzata su un campione di duemila ragazzi e ragazze tra i 18 e i 34 anni, rivela invece che più del 12% ha assistito ad abusi psicologici nei confronti di donne appartenenti alla propria cerchia di parenti e amici, ma anche a violenze fisiche, economiche, religiose ed episodi di stalking.

Anche se la maggior parte dei giovani interpellati non è d’accordo con i principali stereotipi sulla violenza sessuale, solo il 43% dei maschi ritiene che non sia accettabile vietare alla partner di vestirsi in un certo modo e sempre meno della metà dei ragazzi (il 47,7%) non controllerebbe mai il cellulare della propria compagna.

I giovani, insomma, non sono ancora privi e liberi dagli stereotipi di genere appresi nella società e in famiglia dove, per esempio, oltre la metà degli intervistati (precisamente il 58%, che arriva al 62,3% per gli originari del Sud e delle Isole) indica i lavori domestici come esclusivo appannaggio della madre.

Proprio con l’obiettivo di protestare sulla differenza di genere e di «disarmare il patriarcato» sabato a Roma migliaia persone hanno attraversato la capitale insieme all’associazione “Non una di meno” e i centri anti violenza. Secondo le organizzatrici c’è ancora tanto da fare: « Non basta – hanno detto – avere una donna presidente del Consiglio perché il governo cambi di segno. Quello che dobbiamo guardare sono le politiche e le politiche ci parlano davvero di un rafforzamento della famiglia patriarcale in cui le donne vengono considerate valide solo in quanto madri e mogli».

«La violenza contro le donne – ha commentato invece la ministra della Famiglia e della Natalità, Eugenia Roccella, in un videomessaggio inviato al Forum nazionale delle Associazioni Familiari in corso a Bari – è qualcosa contro cui tutti dobbiamo impegnarci a lavorare per costituire una continuità educativa anche fra la famiglia e la scuola, per una cultura del rispetto, della risoluzione non violenta dei conflitti, di una socialità rispettosa l’uno dell’altro e di rapporti e relazioni rispettose della libertà reciproca».

Tante le iniziative in programma in tutta Italia tra domenica e lunedì. Oggi a Messina una marcia simbolica, organizzata da Comune, prefettura e università, si snoderà lungo le vie cittadine coinvolgendo gli alunni delle scuole che hanno disegnato il logo stampato sulle magliette dei partecipanti del corteo.

Sulle scuole punta anche la Regione Lombardia che lunedì ha previsto uno spettacolo teatrale sull’argomento, rivolto proprio agli studenti delle scuole superiori. A Palermo invece – per l’occasione decorata con scarpette e gerbere rosse – la Regione, il Comune e i tre centri antiviolenza locali firmeranno il protocollo d’intesa per «tirocini inclusivi» con cui favorire il reinserimento lavorativo delle vittime di violenza e garantire loro l’indipendenza economica, un tassello indispensabile per le donne che vogliono sfuggire alle dinamiche di possesso e dominio maschile.