Attualità

Le testate diocesane contro il clima di imbarbarimento. La stampa cattolica: il Paese vede e giudica

Paolo Viana domenica 6 settembre 2009
«Ripartiamo dal testamento biologico e proseguiamo le nostre battaglie a schiena dritta. La campagna di Feltri non deve condizionare l’agenda politica, i rapporti tra Stato e Chiesa e la nostra capacità di difendere i valori in cui crediamo. Ci sono troppe questioni aperte, dalla difesa della vita alle sofferenze economiche delle famiglie, per continuare con il piccolo cabotaggio». Don Giorgio Zucchelli conferma la linea dei settimanali diocesani: «indignazione per il killeraggio mediatico cui è stato sottoposto Dino Boffo» e nessun condizionamento, ovverossia «né autocensure né vendette». Chi parla così è un giornalista da un milione di copie; tante ne diffondono i 186 settimanali diocesani che aderiscono alla Federazione italiana settimanali cattolici. Grande amico di Boffo («abbiamo lavorato insieme sulla legge 40 e stavamo creando una rete di collaboratori in grado di coprire tutto il territorio nazionale») il presidente della Fisc giudica la vicenda «un attacco al giornalismo cattolico, cui reagiremo unendoci ancora di più». Non è dissimile l’opinione degli altri direttori dei settimanali editi dalle diocesi italiane, che difendono il «modo cattolico» di fare informazione e ne rivendicano l’originalità. Per Sergio Nuvoli, direttore del Portico di Cagliari, «nonostante l’amarezza, le tensioni e le difficoltà di questi giorni anche questo episodio può aprire alla speranza: ciò che infatti non è mai stato messo in discussione è la professionalità che Avvenire ha mostrato e continua a mostrare. In questi anni, anche tra i cattolici è nato un nuovo modo di fare giornalismo, non autoreferenziale». Lo specifico di questo «modo» è la capacità di «mostrare a tutti che l’incontro con Cristo e l’appartenenza alla Chiesa portano con sé un criterio nuovo per giudicare tutta la realtà», come possono fare solo «laici costantemente educati a valorizzare tutto ciò che di buono, di bello e di vero lo Spirito suscita, in qualunque parte del mondo» conclude. L’analisi non cancella l’amarezza per la campagna subita da Avvenire e dal suo direttore, che, sottolinea il direttore di Notizie, Luigi Lamma, «ha innescato molte riflessioni fuori ma soprattutto dentro la Chiesa e ha lasciato una ferita nei rapporti di fiducia tra comunità ecclesiale e il potere politico e l’informazione». Il direttore del settimanale di Carpi critica anche «la superficialità di tanti cattolici, sacerdoti e laici, adulti e non, che dovrebbero essere i primi ad ascoltare i loro Pastori attingendo a fonti certe e dirette. I discorsi vanno letti non basta ascoltare decine di giornali radio e di tg che ripetono le solite filastrocche». Quali quelle che, ribadisce Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate, «hanno portato il direttore del quotidiano cattolico ad andarsene per una vicenda vecchissima, su cui nessuno ha invocato il diritto all’oblio, solo perché si voleva farlo tacere». La vicenda Boffo pone anche interrogativi politici: «per i cattolici – spiega il direttore dell’Azione di Novara, Antonio Maio – è il momento del discernimento e della riflessione anche rispetto a un sistema politico che pare inadeguato a rappresentare le nostre istanze. Lo scontro avvenuto è tanto più grave perché privo di soluzioni: essere disgustati dal Giornale non significa essere sulle posizioni di Repubblica, eppure il sistema dà scontato che sia così e ti impone quest’alternativa. La conseguenza è una semplificazione che imbarbarisce, abbassando il livello etico della società italiana». Sarà per questo, annota Andrea Fagioli, direttore di Toscana Oggi, che, dopo l’attacco del Giornale, è scattato «lo sciacallaggio delle seconde file, cioè di quei giornali che non hanno voluto essere da meno e hanno ampliato la gittata delle accuse coinvolgendo persone che avevano tutto il diritto a non essere coinvolte». In questa vicenda vede un attacco alla Chiesa anche Carlo Cammoranesi, direttore dell’Azione di Fabriano-Matelica: «Infastidisce che ci sia chi giudica i fatti di cronaca alla luce del Vangelo. Possiamo difenderci solo continuando a fare il nostro lavoro, riportando a galla del dibattito i problemi veri del Paese e anche le cose positive: il nostro giornale avvierà da settembre una nuova rubrica proprio per questo».Anche nelle redazioni dei quotidiani cattolici si riflette su cosa cambi ora nel panorama politico e informativo. Ettore Ongis, direttore dell’Eco di Bergamo, sottolinea che Boffo, dimettendosi, «ha dimostrato di voler più bene alla Chiesa e ad Avvenire che a se stesso», dando a tutti «una lezione di dignità e di serietà» e guarda con preoccupazione al futuro: «non esiste un problema di libertà di stampa in questo Paese ma di imbarbarimento dei media che accettano di essere strumenti di potere». Uno scenario dal quale la stampa si riscatta «solo grazie all’esempio di giornalisti come Giuliano Ferrara, Massimo Gramellini, Stefano Folli e, appunto, Dino Boffo». Luigi Losa, direttore del Cittadino di Monza, bisettimanale dello stesso gruppo Sesaab, parla di «legge del taglione» e di una violenza inaudita nel dibattito del Paese, «dove prevale una visione veterotestamentaria» e «non leggiamo da nessuna parte i concetti neotestamentari del perdono, della carità, dell’amore». Ferruccio Pallavera, direttore del Cittadino di Lodi, commenta le accuse a Boffo con «disgusto» ma esclude che il caso rappresenti il paradigma dei rapporti tra stampa e politica in tutto il Paese: «sul territorio ci si confronta ancora sui problemi veri della gente, fortunatamente, e giornali come il nostro, attenti a quei problemi, restano un punto di riferimento».