Coronavirus. La scuola aperta d’estate vince soprattutto al Sud
La Scuola d’Estate piace soprattutto al Sud. Dei quasi 6mila istituti (5.888 per la precisione) che hanno aderito al bando lanciato dal ministero dell’Istruzione per accedere ai fondi europei Pon, oltre la metà è situato nelle regioni meridionali, con la Campania primatista assoluta con 881 scuole aderenti, tra statali, paritarie e Centri provinciali per l’educazione degli adulti. Un’altra, importante novità di quest’iniziativa è, infatti, l’apertura ai finanziamenti europei anche alle scuole non statali, che partecipano complessivamente con 667 istituti, mentre i Cpia sono 59.
Anche la Sicilia, con 626 candidature, si piazza tra i primi territori aderenti all’iniziativa ministeriale per recuperare gli apprendimenti e la socialità, dopo oltre un anno di didattica a distanza e «lanciare un ponte verso il nuovo anno scolastico», come ha più volte sottolineato il ministro Patrizio Bianchi. L’isola si piazza subito dietro alla Lombardia (757 scuole) e davanti alla Puglia (486 adesioni), al Lazio (474) e all’Emilia Romagna (398 scuole aderenti).
Complessivamente, per realizzare i loro progetti le scuole hanno chiesto circa 407 milioni di euro (rispetto ai 320 disponibili), mentre l’intero piano Scuola d’Estate può contare su finanziamenti per 510 milioni di euro. Al primo posto, tra i progetti presentati, ci sono interventi per rafforzare la «competenza multilinguistica», seguiti da iniziative sulla «consapevolezza ed espressione culturale» e sulle «competenze Stem», le materie scientifiche. Nel programma estivo ci sarà spazio anche per il gioco, la creatività, il teatro, lo sport, la musica e il canto.
«C’è voglia di ripartire, mettendo al centro ragazze e ragazzi», sottolinea il ministro Bianchi. Che sta lavorando per «una scuola post-pandemia più accogliente, inclusiva e affettuosa». er arrivare a questo risultato c’è, però, bisogno del contributo di tutte le espressioni sociali del territorio, all’insegna dei “Patti di comunità” che lo stesso ministro sollecita da tempo. Intese “dal basso” per la promozione delle migliori espressioni dei territori, scuole paritarie comprese, a cui guardano con attenzione anche Cism e Usmi, la Conferenza italiana superiori maggiori e l’Unione superiore maggiori d’Italia.
Le candidature arrivate al ministero per i finanziamenti Pon
Valore dei fondi stanziati per la Scuola d’Estate (in milioni)
«Guardiamo ai patti di comunità come alle prove generali del percorso verso l’autonomia, la parità e la libertà di scelta educativa; un percorso che troverà compimento attraverso il coinvolgimento di ciascuno di noi», si legge in una nota congiunta di madre Yvonne Reungoat, presidente Usmi nazionale e padre Luigi Gaetani, presidente Cism nazionale. «Promuovere i patti di comunità – prosegue il documento – è indirizzare energie e risorse in soccorso dei più fragili, un impegno che, per un verso, può colmare le diseguaglianze e, per un altro, può rilanciare l’esistente nelle sue potenzialità. Tanto è stato fatto – concludono madre Reungoat e padre Gaetani – ma tanto ancora è necessario mettere in atto per la ricostruzione della società, attraverso l’attenzione ai giovani. Non possiamo fare a meno di augurarci che il cammino intrapreso, intessuto di proficue energie, prosegua, per il bene di tutti, giovani in primis».
Tra le «proficue energie» che i territori possono mettere in campo, ci sono anche le cooperative sociali, il volontariato e il terzo settore in generale. «Non possiamo non interrogarci sull’opportunità di fare la nostra parte in questa nuova estate di attese e prospettive», sottolinea Giuseppe Bruno, presidente del Gruppo cooperativo Gino Mattarelli (Cgm), il più grande consorzio cooperativo in Italia, con 58 consorzi territoriali, 701 cooperative e imprese sociali e 42mila lavoratori.
«Il terzo settore – prosegue Bruno – sa che può fare la differenza, attivando e accompagnando le scuole nella realizzazione di efficienti percorsi di co-progettazione e provando a costruire insieme quella che può davvero essere una nuova narrazione di scuola».
Una scuola «rigenerata, non più luogo dell’obbligo, ma spazio educativo primario in una comunità», ricorda Bruno. Una scuola, in sostanza, «che deve far leva su tutte le sue forze per coniugare quello che era prima, che già forse necessitava di essere innovato e il dopo, sviluppando piani educativi di comunità attenti alle fragilità e sperimentazioni. Sperimentazioni di modalità anche non consuete di fare educazione e di pensare all’educazione».