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Ucraina. L'avanzata russa su Kharkiv: la città di Vovchansk è la nuova Bakhmut

Nello Scavo lunedì 13 maggio 2024

Un poliziotto ucraino fra le macerie di Vovchansk: il centro nei pressi di Kharkiv rischioa di essere raso al suolo

Si chiama Vovchansk, ma dicono sia ormai sinonimo di Bakhmut. È il centro di 19mila abitanti, quasi tutti fuggiti via, dove si concentrano gli scontri al confine tra Ucraina e Russia. «La città si sta trasformando in Bakhmut o Maryinka a causa dei continui attacchi aerei dei russi», ha dichiarato il capo della polizia della regione nordorientale ucraina, Volodymyr Tymoshko. Negli ultimi tre giorni quel che resta dell’abitato «sta soffrendo come non accadeva dal 2022», ha aggiunto Tymoshko, spiegando che l’esercito russo utilizza un gran numero di bombe aeree guidate. Si tratta di ordigni del peso tra i 250 e i 500 chili, in grado di demolire intere palazzine.

Che la situazione stia prendendo una piega imprevedibile al punto da mettere a repentaglio l’intero distretto, lo dimostra la sostituzione del comandante responsabile della linea del fronte. Le autorità hanno parlato di «momento difficile» riconoscendo i «successi tattici» russi. Tuttavia il temuto sfondamento non c’è ancora stato e molti osservatori internazionali pensano che l’attacco a Nord sia finalizzato a dirottare migliaia di soldati ucraini verso Kharkiv, sguarnendo alcune postazioni orientali e al sud. Il nuovo comandante delle difese al Nord, il generale di brigata Mykhailo Drapatyi – nominato ieri – aveva guidato la liberazione della regione meridionale di Kherson nel novembre 2022, prima di ricoprire il ruolo di vice capo dello Stato Maggiore.

«Non vediamo alcuna minaccia di assalto alla città di Kharkiv», ha detto il capo del consiglio di sicurezza ucraino, Oleksandr Lytvynenko, aggiungendo comunque che «l’esercito invasore sta attaccando la regione nel nord-est del Paese con più di 30mila soldati». Le forze russe si stanno spingendo in diverse direzioni, anche verso il villaggio di Lyptsi e altri centri che sembrano più esposti e meno protetti. Almeno 30 le località bombardate ieri mentre altre 6 mila persone venivano evacuate. Kiev potrebbe non avere scelta: sacrificare alcuni centri per consolidare le difese e impedire l’avanzata russa, che viene misurata in oltre 5 chilometri dalla linea di confine su un fronte esteso 10 chilometri. A Est dove il confronto ravvicinati tra i battaglioni non conosce sosta, i russi sostengono di avere distrutto un pezzo d’arma italiano. Se una settimana fa era stata diffusa la notizia di un possibile agguato contro il presidente Zelensky, ieri Kiev ha fatto sapere di aver sventato un’operazione russa pianificata per eseguire una serie di attentati dinamitardi nella capitale e a Leopoli. Secondo le fonti ufficiali, due agenti militari russi sono stati arrestati perché sospettati di essere coinvolti nel presunto complotto e 19 ordigni esplosivi sono stati sequestrati, informa l’ufficio del procuratore generale. Il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu) ha dichiarato che quattro bombe erano destinate a esplodere nella capitale il 9 maggio, giorno in cui la Russia celebra la vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945: «Gli esplosivi dovevano esplodere nelle ore di punta dei supermercati per causare il massimo danno alla popolazione civile».

Da Mosca non è giunta alcuna reazione a questa notizia. Più loquaci le autorità russe si sono mostrate a proposito del summit convocato in Svizzera per metà giugno, subito dopo il G7 atteso in Puglia. Per il riconfermato ministro degli Esteri russo Lavrov, il vertice non è altro che «un ultimatum per la Russia». Se da una parte il capo della diplomazia di Mosca mostra toni bellicosi, ribadendo che «siamo pronti a combattere contro l’Occidente», dall’altra ritrova il registro più tipico della diplomazia: «Prima parleranno tra loro e poi ci chiameranno, non dobbiamo preoccuparci del fatto che non siamo stati invitati», aggiunge spiegando di essere stato informato a gennaio dal presidente svizzero Ignazio Cassis. Poi un’apparente apertura: «I cinesi hanno l’iniziativa più completa» per una soluzione della crisi ucraina perché «mirano a individuare le cause più profonde e a eliminarle».