Attualità

AFGHANISTAN. Miotto, dal ministro La Russa accuse ai militari

giovedì 6 gennaio 2011
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è giunto nella valle del Gulistan, nell'ovest dell'Afghanistan, il distretto dove lo scorso 31 dicembre è stato ucciso da un gruppo di insorti l'alpino Matteo Miotto. Il ministro si trova nella base Ice, presidiata dagli alpini del 7/o reggimento di Belluno (quello di Miotto), e del 2/o reggimento Guastatori. La Russa è giunta nel Gulistan da Herat a bordo di un elicottero CH 47, scortato da elicotteri d'attacco Mangusta. Massime le misure di sicurezza.«Ci attaccano perché stiamo restituendo zone di territorio agli afgani. È il lupo ferito che cerca di reagire». «Qui siamo in una zona dove i nostri soldati sono riusciti - ha affermato La Russa - a riconsegnare fette di territorio agli afgani, creando aree di sicurezza attorno ai villaggi. Proprio per questo ai confini di queste zone di sicurezza le minacce sono quotidiane. Evidentemente - ha aggiunto - se non disturbi chi era abituato a spadroneggiare in queste zone, a costituirvi basi terroristiche, non succede niente; se poi vai effettivamente a consegnare agli afgani zone liberate è chiaro che il lupo ferito cerca di reagire».«Si resta veramente impressionati - ha detto il ministro - dallo spirito, il coraggio e la determinazione di questi ragazzi, impegnati in una zona ad altissimo rischio dove la minaccia è quotidiana. Per questo non posso che ringraziarli non solo per quello che fanno, ma anche per quello che ci danno in termini morali». «Uno si immagina che una permanenza anche abbastanza lunga in un posto come questo possa creare depressione, uno stato d'animo negativo: poi invece parli con questi ragazzi e capisci che hanno la consapevolezza del compito che svolgono, hanno la volontà di proseguire nella loro missione, la convinzione dis volgere un lavoro utile alla comunità internazionale, agli afgani, ma anche alle nostre famiglie, per dare a tutti noi una maggiore sicurezza contro il terrorismo». State pensando a dare una maggiore protezione ai militari italiani, specie quelli degli avamposti più a rischio? «Ci pensiamo tutti i giorni», ha risposto La Russa. «I capi delle Forze armate sanno benissimo che l'indicazione precisa che arriva dal governo, e in particolare dalla Difesa, è quella di non trascurare nessuna possibilità di accrescimento delle misure di sicurezza del nostro contingente».«INFORMATO TARDI SCONTRO A FUOCO»La notizia dello scambio di colpi d'arma da fuoco durante il quale è morto Matteo Miotto è stata comunicata in un secondo momento allo stesso ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ha detto di essersi «arrabbiato» con i militari e che fornisce una sua spiegazione del perché questo è avvenuto: «È il riflesso di un vecchio metodo in uso nei passati governi, di dire sempre la verità, ma senza allarmare, cercando di indorare la pillola». «La mia "dottrina", invece - dice La Russa, parlando con i giornalisti nella valle del Gulistan, proprio dove è stato ucciso Miotto - è quella della massima trasparenza. Anche perché non c'è nulla da nascondere: non siamo attaccati perché siamo cattivi, ma perché stiamo facendo un lavoro importante, che comporta questo rischio. Adesso la ricostruzione delal vicenda mi sembra completa e esauriente».«Ho ricevuto subito la fotografia della fase finale - spiega La Russa - e cioè che un cecchino ha ucciso Miotto che si trovava sulla garitta. È tutto vero, ma non era stata fornita neanche a me quella parte della notizia secondo cui questo evento si inseriva nell'ambito di uno scambio di colpi durato diversi minuti. Poi magari ha sparato effettivamente un solo cecchino, ma certamente c'era la presenza di altre persone con armi leggere, che sono state poi intercettate dall'aereo Usa intervenuto: erano 5, 6, 8 non è chiaro, certo più di quattro. L'ipotesi prevalente è che abbia sparato una sola persona con il fucile di precisione, da un chilometro, un chilometro e mezzo, ma è possibile che sia stato accompagnato da quelli con le armi leggere. Di sicuro c'é stato uno scambio di colpi durato diversi minuti, al quale gli italiani e lo stesso Miotto hanno preso parte, reagendo con prontezza». «Questa parte della notizia - sottolinea La Russa - non è stata ritenuta nelle prime ore importante da comunicare a me e a. Mi sono arrabbiato con i militari che non me l'hanno detto e quando, il 4 pomeriggio, mi è stata fornita anche la parte che c'era stato un conflitto a fuoco, prima di rendere noto il tutto ho voluto aspettare ieri, il 5, per parlare personalmente con il generale Bellacicco, il comandante del contingente». «Io mi sono fatto un'idea - dice il ministro - del perché la notizia non è stata data subito completa: è il riflesso di un vecchio metodo, di cercare di indorare la pillola della realtà dei fatti, di dire la verità ma nel modo più indolore possibile. Questo non appartiene al mio modo di comunicare le notizie. Bisogna voltare pagina rispetto a un passato che io, senza polemica, faccio risalire ai passati governi, forse perfino al primo governo Berlusconi, sicuramente al governo Prodi (per motivi obiettivi, che capisco). Io, invece, proprio per il rispetto del lavoro dei militari, ho sempre voluto fotografare la realtà esattamente com'è». Secondo La Russa, «non bisogna naturalmente dimenticare che questa cosa è successa l'ultimo dell'anno, in una base lontana, che le notizie erano frammentarie: tutto ciò è una grandissima attenuante, ma io ho trovato un briciolo di quella vecchia impostazione per cui, tra le due cose, è meglio dire sì la verità, ma senza allarmare. Io dico: la verità non allarma mai e, in questo caso, va detta fino in fondo prima di tutto per rispetto di Matteo Miotto, che non è morto per caso, ma è morto andando ad aiutare un suo compagno, sparando come era il suo dovere in quel momento e venendo colpito mentre partecipava a un conflitto a fuoco». «A me è stato spiegato - conclude il ministro - che mi sono state date le notizie certe e non quelle che non erano confermate al cento per cento. Lo prendo per buono, tant'é che non ci sarà nessuna conseguenza. Io non voglio accusare qualcuno, ma voglio ribadire che la mia "dottrina", chiamiamola così, è quella della massima trasparenza».