Attualità

Coletta alimentare. La rivoluzione della gratuità

Giorgio Paolucci martedì 2 dicembre 2014
In un’Italia dove da tempo nelle statistiche economiche prevale il segno meno (tranne che per i dati sulla disoccupazione), l’incremento del 2 per cento rispetto all’anno scorso registrato dalla Colletta alimentare è già una notizia. C’era chi prevedeva un calo dovuto alla crisi che morde milioni di italiani. E invece no. Ma la vera notizia sta nello spettacolo di gratuità che è andato in scena sabato scorso davanti a 11mila supermercati. Una gratuità che ha il volto di chi ha donato il cibo e di chi ha donato un po’ del suo tempo per raccoglierlo. Ha il volto del pensionato povero che trova gli spiccioli per mettere nel sacchetto della Colletta almeno una scatola di tonno e un pacco di pasta. Dell’immigrato che partecipa alla raccolta per ringraziare quelli che da anni, ogni mese, portano il "pacco" a casa sua e gli sono diventati amici. Volti che quasi mai si conoscono e non s’incontreranno mai, ma comunicano tra loro in maniera misteriosa con un linguaggio che non conosce confini e che sappiamo usare senza averlo studiato sui libri, perché abita le profondità del cuore di ogni uomo e di ogni donna: il linguaggio del dono. Il dono è una pianta che mette radici anche dove non te l’aspetti. Come ha scritto un volontario che ha fatto la colletta nel carcere di Opera, alle porte di Milano, dove sono stati raccolti 470 chili di cibo: "Anche chi è in carcere da anni, e probabilmente ci rimarrà ancora a lungo, può avere a cuore il bisogno di persone sconosciute che stanno fuori. Forse è perché la gente ha voglia di sperare. E la Colletta è un piccolo gesto che fa sperare, fuori e dentro il carcere". Sì, c’è un’Italia che spera: diciamo la verità, la conosciamo tutti, anche se trova meno spazio mediatico di chi protesta o si lamenta. C’è un’Italia che vuole condividere il destino di chi fa più fatica, è disponibile ad aggiungere un posto a tavola, non si fa risucchiare dal cinismo e dalla rassegnazione. E’ a suo modo un’Italia rivoluzionaria, perché la rivoluzione non la sogna e non la predica, la fa. La rivoluzione della gratuità.