La ricerca . Quelle giovani migranti in fuga da violenze familiari e matrimoni forzati
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Rainatou oggi ha 20 anni e vive in Spagna. È fuggita dal suo villaggio africano perché il padre, che spesso la picchiava, aveva anche cercato di farla sposare con un uomo anziano che aveva già altre tre mogli. «Le mie sorelle sono scappate da casa - racconta - e fino a oggi non abbiamo notizie di loro. Quando mio padre l'ha scoperto, mi ha bruciato i piedi, in modo che non potessi scappare. "Se non hai i piedi, diceva, non puoi uscire". Mi ha segnato con il ferro e il fuoco, perché non fuggissi come le mie sorelle. Ma io sono scappata. Non volevo che mi trovasse e mi rifacesse le stesse ferite o mi costringesse a sposarmi». Alla fine Rainatou è riuscita ad allontanarsi dal suo villaggio. Sola e senza soldi, ha camminato per cinque giorni, prima di essere prelevata da un camion e portata nella città più vicina.
La storia dolorosa di Rainatou non è un'eccezione, purtroppo, ma è comune a molte ragazze dei paesi del Sahel, da cui tanti migranti scappano alla ricerca disperata di una vita dignitosa. Save the Children ne ha intervistate molte, tra quelle che sono riuscite ad arrivare in Europa a costo di sacrifici e sofferenze. La sua storia, e quella di tante come lei, sono confluite nella ricerca realizzata dall'organizzazione internazionale che da un secolo lotta per garantire un futuro ai bambini e le bambine a rischio, assieme al centro di studi "Samuel Hall", dal titolo Girls on the move in North Africa.
Quella che emerge è una fotografia dolorosa di violenze domestiche, conflitti, mancanza di prospettive di lavoro, matrimoni forzati, tutti fattori che in molti casi spingono le ragazze a migrare, spesso senza avere consapevolezza dei pericoli. Una ragazza migrante su tre intervistata in Nord Africa, infatti, subisce o è testimone di abusi sessuali o altre forme di violenza di genere mentre scappa dal Paese d'origine per cercare un futuro migliore in altri luoghi. Save the Children chiede alle istituzioni europee una presa in carico di queste situazioni particolarmente fragili. E ai paesi di emigrazione un accesso migliore alle informazioni, per mettere in guardia chi si mette in viaggio.
La ricerca si basa su interviste realizzate nel 2022 a bambine, ragazze e giovani donne di età compresa tra i 9 e i 24 anni, principalmente provenienti da Paesi dell'Africa sub-sahariana, che migrano verso o attraverso la Libia, Tunisia e Marocco o arrivano in Italia e Spagna. In totale sono state intervistate 68 ragazze e 24 ragazzi. Una giovane su cinque coinvolte nei colloqui cita proprio la violenza domestica come motivo della migrazione, mentre una ragazza su sette ha menzionato la fuga per sfuggire a matrimoni forzati o precoci. Ma le opportunità di pianificare il viaggio sono spesso limitate: molte ragazze non sono consapevoli della piena portata dei rischi e dei pericoli connessi alla migrazione prima di mettersi in cammino. Alcune ragazze hanno comunque utilizzato stratagemmi per ridurre al minimo i pericoli, come vestirsi da ragazzi o viaggiare con coetanei o adulti per proteggersi.
Come Marie, che ha 14 anni ed è partita dal Camerun con sua madre, ma nonostante questo ha affrontato rischi enormi. Marie ha descritto molteplici casi in cui è stata rinchiusa in case in Marocco e Algeria. «Siamo arrivati in un piccolo villaggio – racconta – e ci sono venuti a prendere. Ci hanno portato in un altro posto con donne e bambini. Siamo rimasti alcuni giorni senza spostarci, mangiare e bere. In questo posto violentavano persone. Persino bambini. Stavano per violentare anche me, ma mia madre è riuscita a salvarmi». Un rischio comune durante la migrazione attraverso il Nord Africa, infatti, sono gli arresti e le detenzioni arbitrarie.
Noella, 16 anni, viene dalla Costa d'Avorio e ora vive in Italia. Arrivata in Libia, è stata intercettata dalla guardia costiera e inviata in un centro di detenzione. «Mi hanno sbattuto la testa contro il muro, in Libia - racconta - e hanno chiesto soldi. Ma io non ho una famiglia, quindi mi hanno trattato male. Altre volte ti mettono un sacchetto di plastica in faccia. Vogliono farti del male».
Oltre alle minacce e ai pericoli, è probabile che le ragazze incontrino ostacoli all'accesso ai servizi sociali di base, compresa l'assistenza sanitaria. Una ragazza su sei intervistata ha segnalato barriere nell'accesso ai servizi sia in transito che nella destinazione finale. Le ragazze che migrano hanno bisogno di accedere all'assistenza sanitaria, compresa quella mentale, ma anche ai servizi di salute materna, alla registrazione delle nascite, nonché all'istruzione e all'alloggio. Le barriere linguistiche, la sfiducia nei confronti delle autorità, combinate con la mancanza di documentazione e la consapevolezza dei servizi disponibili, sono ulteriori sfide.
«Le ragazze che migrano hanno bisogno di un sostegno mirato - spiega Tory Clawson, direttore della Migration and Displacement Initiative di Save the Children - che cioè tenga conto dei rischi e delle barriere di genere che devono affrontare. A partire dai loro Paesi d'origine, c’è bisogno per loro e le loro famiglie di un migliore accesso alle informazioni sulla migrazione prima della partenza, in modo che possano prendere decisioni informate e adottare misure per rendere il viaggio il più sicuro possibile se scelgono di trasferirsi. Nei luoghi di transito sono necessari interventi urgenti per migliorare l'accesso ai servizi sociali, che comprenda anche le cure mediche».
«Questo studio affronta una lacuna informativa critica - dice Marion Guillaume del centro di studi "Samuel Hall" - ed è infatti il primo del suo genere a fornire una comprensione olistica e specifica per genere delle esperienze delle ragazze che migrano attraverso e verso il Nord Africa. Le politiche e i programmi esistenti devono essere adattati, lavorando con le dirette interessate per sviluppare approcci mirati e inclusivi di genere, per assicurarsi che il sostegno che ricevono soddisfi effettivamente le loro esigenze».