Save the Children. Allarme denatalità: «6 mamme su 10 senza accesso al nido»
Nuovi nati e neomamme in forte calo, differenza di genere nel mondo del lavoro che condiziona la natalità, una famiglia su quattro con figli a rischio povertà. Se pure la gioia per la maternità è prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% dichiara di non desiderare altri figli dopo il primo: per la fatica (40%), la difficile conciliazione lavoro/famiglia (33%), la mancanza di supporto (26%), la scarsità dei servizi (26%). Save the Children diffonde l’8° rapporto ''Le Equilibriste - La maternità in Italia 2023'', dal quale emerge il quadro preoccupante di una "Italia a rischio futuro".
Nel 2022 infatti è stato raggiunto il nuovo record minimo di nascite scese per la prima volta sotto le quattrocentomila: 392.598 bambini. Il calo delle nascite del 2022 è stato dell'1,9%. Nel 2021 le registrazioni all'anagrafe erano state 400.2495. Diminuiscono in particolare le nascite da coppie italiane: 166 mila in meno rispetto al 2008, alla vigilia della Grande Recessione economica. A decrescere sono specialmente le nascite all'interno del matrimonio, 223 mila in meno nel confronto con il 2008 (-48,2%), e quasi 20 mila in meno rispetto al 2020. Nel 2021 i nati al di fuori del matrimonio sono stati il 40% del totale, 47 mila in più del 2008.
Mentre all'inizio del millennio la contrazione riguardava soprattutto il calo dei secondi figli e quelli di ordine superiore, oggi l'abbassamento si manifesta con una minor presenza già di primi figli: nel 2021 sono addirittura il 34,5% in meno di quelli che nascevano nel 2008. Istat stima che tra le donne nate negli anni '80, quindi vicine alla fine della loro fase riproduttiva, ben un quarto siano senza figli, e poco più della metà (51,3%) ne abbiano avuti due o più, mentre una su quattro ne ha solo uno .
«Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini - spiega Antonella Inverno, responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza dell'organizzazione - con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner. Ma la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l'infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell'equità nel carico di cura familiare». Ancora insufficienti le politiche familiari: «Non possiamo permetterci - sottolinea Inverno - di perdere l'occasione del Pnrr per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritari. L'Italia è un paese a rischio futuro, ed è quanto mai urgente invertire il trend per non perdere altro tempo prezioso».
Nel rapporto un'indagine realizzata da Ipsos per Save the Children rivela che le mamme di bambine e bambini tra 0 e 2 anni testimoniano un vissuto di solitudine e fatica, dall'evento del parto alla ricerca di un nuovo equilibrio nella vita familiare e lavorativa. Dal sondaggio emerge che in ospedale, se la qualità dell'assistenza sanitaria è considerata buona dall'81% delle intervistate, 1 donna su 2 non si è sentita accudita sul piano emotivo e psicologico, e al ritorno a casa in molte non si sono sentite supportate dai servizi pubblici come l'assistenza domiciliare (58%) e i consultori familiari (53%). La gioia provata per l'arrivo di un figlio (prevalente nel 77%), si intreccia con emozioni negative come stanchezza (80%), insicurezza (53%), paura (51%), senso di inadeguatezza (44%) e solitudine (38%). Sono infatti le madri a dedicare gran parte del loro tempo alla cura del figlio/a, 16 ore contro le 7 del partner.
Ben 6 mamme su 10 infatti non hanno accesso al nido. In più di 1 caso su 4 ciò è dovuto a carenze del servizio pubblico. Rispetto alle politiche considerate maggiormente amiche dalle mamme, dalla ricerca emerge l'assegno unico, di cui usufruisce il 63% delle intervistate, mentre solo il 15% beneficia del bonus nido. Quasi metà del campione non ha intenzione di avere altri figli, perché troppo faticoso (40%), per le difficoltà a conciliare lavoro e famiglia (33%), per mancanza di supporto (26%) o per insufficienza dei servizi disponibili (26%), ma il sondaggio evidenzia quale sostegno potrebbe cambiare la propensione ad avere altri figli: assegno unico più consistente (23%), asili nido gratuiti (21%), un piano personalizzato di assistenza tarato sulle esigenze specifiche della famiglia (12%), un'assistenza domiciliare pubblica in caso di malattia del bambino per permettere ai genitori di non assentarsi dal lavoro (7%) o un sostegno psicologico pubblico per le neomamme.
«Per sostenere la genitorialità – sostiene Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children - occorre potenziare il sostegno economico alle famiglie con minori, considerando che la nascita di un bambino è uno dei principali fattori di impoverimento. E in un Paese in cui il numero dei giovani neet, fuori dai percorsi di formazione, studio e lavoro, raggiunge una delle percentuali più alte in Europa, è indispensabile garantire ai più giovani l'autonomia abitativa e condizioni lavorative dignitose».
Equilibriste, anche perché fare più figli significa rischiare di cadere in uno stato di povertà. Il 12,1% delle famiglie con minori in Italia (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà. Le famiglie in povertà assoluta sono il 22,6% tra le famiglie con cinque o più componenti, l'11,6% tra quelle con quattro, mentre cala al 7,1% per le famiglie con tre componenti e si ferma al 5% per quelle con due. Se in casa c'è un solo minorenne la povertà assoluta ha un'incidenza dell'8,1%, se i minori sono tre o più, il tasso arriva al 22,8%. Un quinto delle coppie con tre o più figli è in stato di povertà assoluta, mentre l'incidenza è del 6% per le coppie con un figlio minore, 11,1% per quelle con due figli minori.
Meritano attenzione le famiglie monogenitoriali, in un terzo dei casi nel 2021 a rischio di povertà ed esclusione. Le famiglie monogenitoriali sono aumentate nel tempo da meno di 1,8 milioni nel 2000 a circa 2,9 milioni nel 2021, il 17% del numero totale di nuclei famigliari, e nell'80% dei casi sono composte da madri single. Si stima che in Italia le madri single siano per il 44% in condizione di povertà, che cresce al variare del livello di istruzione e varia anche a seconda della zona geografica se ci sono minori, e in generale colpisce 1 milione e 382mila bambini.
Tra le regioni più ''amiche delle mamme'', spiccano ai primi posti la Provincia Autonoma di Bolzano (118,8), l'Emilia-Romagna (112,1) e la Valle d'Aosta (110,3). Tutte e tre superano di ben 10 punti il valore di riferimento nazionale di 100, seguite da Toscana (108,7), Provincia Autonoma di Trento (105,9), Umbria (104,4), Friuli-Venezia Giulia e Lombardia (entrambe 104,2), che invece lo superano di poco. Grave la situazione nel Meridione. Fanalino di coda Basilicata (84,3), Campania (87,7), Sicilia (88,7), Calabria (90) e Puglia (90,6), dal 21° posto al 17° e sono sotto il valore di riferimento di almeno 10 punti, scontando una strutturale carenza di servizi e lavoro nei propri territori, a testimonianza di un investimento strategico da realizzare proprio in queste regioni.