Senato. Eletto La Russa, il giallo dei 17 voti in più e la sconfitta di Berlusconi
Il giallo dei 17 voti – almeno – arrivati in aiuto di Ignazio La Russa a sopperire l’assenza di 16 senatori di Forza Italia, essendo presenti solo Silvio Berlusconi ed Elisabetta Alberti Casellati. Una presenza simbolica dei due esponenti più prestigiosi, nella convinzione che, assenti tutti gli altri “azzurri”, la votazione - numeri alla mano - sarebbe dovuta andare a vuoto, cosicché La Russa sarebbe stato eletto solo alla terza votazione, nella quale sarebbe stata sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, o alle brutte alla quarta, a seguito del ballottaggio. In tal modo Fi, eletto comunque La Russa alla fine, avrebbe ribadito il peso decisivo dei suoi voti nel braccio di ferro in atto sulla composizione del governo. Sullo sfondo c’era, infatti, lo scontro fra Berlusconi Giorgia Meloni sul nome della fedelissima Licia Ronzulli.
A fotografare lo stato dei rapporti al momento dell’ arrivo in aula di Berlusconi il suo colloquio apparso non certo amichevole con La Russa, che si è avvicinato al banco del Cavaliere per stemperare, essendone però respinto in malo modo, come documenta un video che sembra concludersi con un “vaffa”, che diventa, dopo le smentite, un giallo nel giallo. Partono i conteggi dei voti, nella caccia al franco tiratore viene persino utilizzato una sorta di “Var”, a misurare i secondi di troppo intercorsi nel voto di senatori che avrebbero dovuto esprimersi, in base alle indicazioni, con una velocissima scheda bianca. Il primo sospettato, Matteo Renzi, replica subito: «Se fossimo stati noi lo avremmo detto e poi avremmo chiesto qualcosa in cambio». Si tira in ballo la trattativa per le vicepresidenze. Ma, è evidente che anche se tutti e 9 i parlamentari del Terzo Polo avessero votato La Russa restano sempre altri 8 voti in più. Almeno 8, a tener conto anche dei due andati a Roberto Calderoli, venuti sempre dal centrodestra. L’unico ad “autodenunciarsi” è Mario Borghese del Maie che ammette di aver votato La Russa. «Chiunque dell’opposizione lo abbia votato non capisce niente di politica », interviene Franceschini, finito anche lui fra i sospetti cospiratori per via di un fitto colloquio avuto, a un certo punto, con Renzi. Cui prodest?, ci si chiede. Fioccano le interpretazioni a Palazzo Madama, nel giorno in cui c’era già da assorbire, all’esordio, l’impatto con i banchi resi malinconicamente vuoti dal taglio dei parlamentari.
A chi può aver fatto comodo questo esito? La versione più convincente fra le tante circolanti a microfoni spenti descrive un fitto lavorìo di Fratelli d’Italia e di La Russa in persona ad ampliare il consenso intorno al suo nome, cosicché alla levata di scudi di Fi, il partito di Giorgia Meloni non si è fatto trovare impreparato. Il risultato è una vistosa umiliazione per Berlusconi, e il vulnus che la forzatura crea nella maggioranza era - evidentemente - già messo nel conto, allo scopo di indurre Berlusconi ad abbassare le pretese. Meloni alla fine ne esce avvantaggiata, e non penalizzata, dalla decisione di tirare dritto. Lo dimostrano gli auguri a La Russa da parte della Lega che rimarca la presenza compatta dei suoi in aula a votarlo, prendendo così le distanze da Fi. E lo dimostra soprattutto la resa dichiarata, alla fine, dallo stesso Berlusconi: Licia Ronzulli «non avrà un ministero», certifica rassegnato, lasciando Palazzo Madama.
Incassata la vittoria fra fedelissimi di Giorgia Meloni si tende a minimizzare: «La mia impressione è che chi conta, ossia Berlusconi e Casellati, abbiamo confermato che il centrodestra è unito», dice Francesco Lollobrigida, accreditando l’idea un po’ inverosimile, che gli scalmanati fossero, invece, i 16 assenti. Ma alla fine è l’opposizione ad accusare il colpo. Di «comportamento scellerato di una parte dell'opposizione» parla Debora Serracchiani. « Andare in soccorso della destra è scelta gravissima», dice, sconfortata, la capogruppo del Pd. Grave, anche per Mariolina Castellone che «una parte dell’opposizione abbia fatto da stampella», dice la capogruppo del M5s, respingendo a sua volta i sospetti.