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La proposta. Un referendum per lo "ius soli", l’idea che stuzzica le opposizioni

Luca Liverani lunedì 5 agosto 2024

Una manifestazione di bambini "nuovi-italiani"

Un referendum anche per lo ius soli. Sull’ondata della mobilitazione politica e sindacale per abrogare la legge sull’autonomia differenziata regionale, ritorna nel dibattito politico anche la riforma della cittadinanza, quella per lo ius soli temperato e lo ius culturae. Cancellare per via referendaria alcuni passaggi della legge sulla cittadinanza potrebbe, secondo i promotori, ottenere un risultato analogo a quello della riforma ferma dal 2018, quando non andò oltre l’approvazione alla Camera.

A rilanciare la battaglia, chiamando a raccolta le opposizioni, ci prova il segretario di +Europa Riccardo Magi. «Siamo al lavoro su un quesito referendario per abrogare alcune parti della legge del 1992 sulla cittadinanza», spiega Magi: «Non solo una norma vecchia di trent’anni e anacronistica rispetto alla mutata composizione della popolazione italiana, ma anche inadeguata alla sfida dell’inverno demografico». Poi, spiega, «c’è una questione di diritti basilari e di civiltà, come ha avuto modo di sottolineare il presidente della Repubblica Mattarella in Brasile».

Il segretario di +Europa spiega che verrà usata «la piattaforma pubblica e gratuita di raccolta firme digitali». E fa un appello alle forze politiche e sociali: «Auspichiamo l'unione e l'impegno anche delle forze di opposizione, del Terzo Settore, della società civile, delle sigle sindacali e delle forze produttive del Paese».

Il cammino verso una riforma della legge sulla cittadinanza italiana comincia vent’anni fa, proprio ad opera della società civile. E cioè quando davanti Montecitorio sfila un inedito corteo di bambini dai tratti africani, asiatici, sudamericani, europei, sventolando tricolori e lo striscione “Bambini d’Italia. Per una nuova legge sulla cittadinanza”. Comincia così la campagna “Made in Italy” condotta dalla Comunità di Sant’Egidio per oltre dieci anni.

Oggi si fatica a credere che 15 anni fa Gianfranco Fini, leader di Alleanza nazionale - la destra da cui è nata Fratelli d’Italia - da presidente della Camera durante l’ultimo governo Berlusconi appoggiava la proposta bipartisan firmata da Andrea Sarubbi (Pd) e Fabio Granata (Pdl). A novembre 2009 diceva: «Spero che sull’ipotesi di una sorta di ius soli temperato, per un arco di tempo di un intero ciclo scolastico, si riesca a ragionare senza anatemi». Arrivando poi a definire «potenzialmente più italiani i giocatori juniores della nostra nazionale di cricket, quasi tutti figli di bengalesi o indiani nati qui - diceva Fini - piuttosto che i nipoti degli italiani emigrati in America Latina che magari non sanno dov’è Trieste o Palermo».

Ancora a maggio 2010, presentando un libro di Sant’Egidio, l’allora presidente della Camera condivideva «l’appello a tutti i parlamentari italiani in vista del dibattito sulla riforma della cittadinanza, perché sia introdotto nella nostra legislazione lo ius soli per i bambini che nascono in Italia e sono destinati a essere parte non secondaria del futuro del nostro Paese». Appelli che provocheranno invece una levata di scudi non solo dalla Lega, ma anche da Forza Italia.

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, da ministro dell’Integrazione nel governo Monti avrebbe definito l’approvazione della Camera «una scelta di civiltà che cambia in meglio la nostra società e offre al Paese un’occasione in più per la sua crescita». Approvata a Montecitorio nel 2018, la riforma si arenerà al Senato.