La petizione. Ius soli temperato, quei 90mila sì ai “nuovi italiani”
Nuovi italiani
Quasi 90mila firme in poco più di due mesi. Nel Paese è matura la richiesta di riaprire il dibattito per riconoscere la cittadinanza italiana agli 872 mila bambini e ragazzi di origine straniera nati o cresciuti in Italia. Far ripartire in Parlamento l’esame della legge sullo ius soli temperato è l’obiettivo che Save the Children persegue da tempo. E per il quale ha rilanciato una petizione online (questo il link per firmare) che, senza troppa pubblicità, ha raccolto, sorprendendo anche i promotori, 87.304 firme.
«Ora vogliamo raggiungere le 100mila firme perché sappiamo che il tema è maturo», spiega Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. «Lo constatiamo nelle scuole e tra le famiglie coinvolte dai nostri progetti: il senso di appartenenza all’Italia dei figli di famiglie straniere è forte, ma è frustrato da una legge vecchia, la 91 del 1992, pensata per un paese di emigranti, non meta di immigrazione. Questa petizione - spiega Milano - dà forza alla richiesta che facciamo ai legislatori. È tempo che il dibattito sullo ius soli sia rimesso in agenda». Nel 2015 si arrivò vicini al traguardo, quando la riforma fu approvata da un ramo del Parlamento, ma lì si fermò.
Una riforma che riguarda una fetta importante della popolazione residente. Nell’anno scolastico 2021/2022 erano 872.360 gli studenti con cittadinanza non italiana, il 10,6% del totale. E il 67,5% era nato in Italia. Oggi però devono aspettare il compimento del 18° anno per presentare la domanda, che ha un iter lungo e complesso. E nel corso della loro carriera scolastica i ragazzi di famiglie straniere, italiani di fatto ma senza cittadinanza, inciampano nella loro “diversità” che li discrimina: «Succede quando non possono partecipare a una gita scolastica all’estero - spiega Raffaela Milano - o a competizioni agonistiche. Ma la cittadinanza italiana li può sostenere nelle loro aspirazioni per il futuro, che potrebbero immaginare in maniera più stabile».
Save the Children però ci tiene a sottolineare che il riconoscimento della cittadinanza italiana ai “nuovi italiani” «non è una concessione a questi ragazzi, ma una straordinaria opportunità per il Paese che renderebbe quasi 900 mila persone pienamente partecipi della vita civile. Negli studi, per una carriera universitaria o nella pubblica amministrazione, riservata ai cittadini italiani. La legge dovrebbe incoraggiare i processi di inclusione delle scuole e delle amministrazioni locali, non ostacolarli. E bisogna riconoscere che, nonostante tutte le fatiche e difficoltà, le scuole sono una straordinaria palestra di integrazione e cittadinanza. Tre studenti italiani su quattro hanno amici di origine straniera».
In Parlamento però, soprattutto nella maggioranza di governo, c’è una forte avversione per questa riforma: «È vero, c’è chi agita il timore che la cittadinanza ai figli degli stranieri potrebbe incentivare gli arrivi di immigrati - dice la direttrice dei programmi di Save the Children - ma le proposte in Parlamento non contengono nessun automatismo». Lo ius soli italiano sarebbe temperato, come quello diffuso in Europa, che prevede la concessione della cittadinanza solo ai figli di genitori stranieri regolarmente residenti o che abbiamo concluso un ciclo di studi in Italia. Uno ius culturae, insomma.
«Sono timori motivati dalla scarsa conoscenza delle proposte. Se la preoccupazione è questa - dice Raffaele Milano - io credo che un dibattito scevro da informazioni sbagliate e pregiudizi potrebbe trovare un consenso più ampio e trasversale». Riconoscere a chi è nato o cresciuto in Italia la piena appartenenza alla comunità civile «sarebbe un grande segnale di investimento su questo capitale umano. Il 2024 dovrebbe dare al Paese una legge sulla cittadinanza adeguata ai tempi».