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Migranti. La nuova strategia dei trafficanti: "navi madri" per trainare barchini

Antonio Maria Mira venerdì 24 febbraio 2023

Bloccato un peschereccio che stava trainando verso Lampedusa un barchino con 11 immigrati tunisini e algerini. È la conferma dell’esistenza di “navi madri”, nuova strategia dei trafficanti, per trasportare con meno rischi gli immigrati dalle coste tunisine. «Viaggi in “business class”, viaggi sicuri che costano molto di più, partendo da Mahdia, un canale alternativo rispetto ai famigerati barchini in ferro che partono da Sfax, i cosiddetti “barchini della morte”, che trasportano cittadini subsahariani », ha spiegato il procuratore reggente di Agrigento, Salvatore Vella.

L’imbarcazione era stata individuata venerdì scorso da un velivolo di Frontex mentre era già nelle acque territoriali italiane, vicino all’isola di Lampione, e segnalata alle nostre autorità. Sono intervenute due motovedette del Roan della Guardia di finanza che hanno bloccato il peschereccio. Il barchino, che al momento della segnalazione risultava vuoto, è stato trovato con gli undici immigrati, tra cui donne e bambini che sono stati portati nell’hotspot dell’isola, mentre i cinque membri dell’equipaggio sono stati fermati su provvedimento della procura di Agrigento, confermato il 20 febbraio dal giudice per le indagini preliminari, che ha disposto la custodia cautelare in carcere. Che molti pescatori tunisini si fossero riconvertiti al business criminale del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina era già chiaro.

Così come era emerso che i tunisini hanno un atteggiamento di grande rispetto per i connazionali in viaggio. «Questo canale tunisino va attenzionato, altrimenti rischiamo di far strutturare le organizzazioni tunisine che sono ancora, per la maggior parte, rudimentali, e il rischio è che divengano organizzazioni criminali sulla falsa riga di quelle della Libia», ha avvertito il procuratore. Rotte di serie A e di serie B, dunque. «Gli immigrati avevano pagato 11 mila dinari, 3-4 mila euro, il triplo del “biglietto” che normalmente pagano i subsahariani rischiando la vita», ha spiegato Vella, confermando il ricchissimo «affare». « L’equipaggio in questo singolo viaggio ha guadagnato l’equivalente di 3 mesi di attività di pesca.

È difficile pensare che un’attività di questo tipo sia un caso isolato». I pescherecci sono estremamente sicuri e idonei ad attraversare il Canale di Sicilia «che continua ad essere un tratto di mare molto pericoloso». E questo spiega perché «non c’è stata collaborazione da parte dei migranti. In questo caso, come in altri, compresi i naufragi, è venuta fuori una solidarietà stretta fra tunisini trasportati ed equipaggio. Ma questo non ci stupisce perché, in genere, i tunisini a bordo vengono trattati meglio rispetto ai subsahariani che, invece, sono più collaborativi con le forze di polizia italiane, perché rischiano la vita e hanno una forma di gratitudine nei confronti dei nostri equipaggi». A fare parziali ammissioni di responsabilità, ha rivelato il procuratore, «è stato uno dei membri dell’equipaggio che ci ha confermato che questo era un viaggio destinato a trasportare i migranti».