L'appello internazionale. "La mia voce per la libertà di Juliane Assange"
Una manifestazione a Londra dopo il no all'estradizione da Londra agli Usa di Julian Assange
Chiedere la liberazione di Juliane Assange, assurdamente detenuto per aver avuto il coraggio di denunciare crimini di guerra e gravissime violazioni dei diritti umani, così chiedendo realmente libertà e indipendenza per l’informazione: è l'obiettivo della campagna internazionale "La mia voce per Assange" promossa da un comitato (Paolo Benvenuti, Daniele Costantini, Flavia Donati, Giuseppe Gaudino, Laura Morante, Armando Spataro, Grazia Tuzi, Vincenzo Vita) che ha accolto l'appello lanciato dal Premio Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel.
Un’iniziativa presentata nella sede della Federazione nazionale della Stampa italiana, stamane, insieme ad alcuni video di Premi Nobel, personalità del mondo della cultura, dell'informazione e dello spettacolo, che hanno aderito alla campagna, per affermare - come recita lo slogan – che "la trasparenza è condizione irrinunciabile della democrazia".
Assange è riuscito “a far conoscere notizie che hanno nulla a che fare col concetto di segreto di Stato e neppure si possono ipotizzare tali da danneggiare la sicurezza delle istituzioni militari – spiega subito l’ex magistrato Armando Spataro -, ma sono crimini contro l’umanità”. Perciò il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, chiede che i giornalisti non siano più solo “i cani da guardia della democrazia”, ma lo diventino “dell’umanità”. E racconta “la delusione crescente che arriva dalle democrazie anglosassoni”, per “i segnali ambigui e preoccupanti che stanno mandando".
Gianni Barbacetto ricorda che "Assange non è una spia, ma un giornalista, perché svela non i segreti delle nazioni, ma i loro crimini”. Ed è d'accordo il presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, che sottolinea "l'amarezza per l'assenza di larga parte del sistema informativo italiano su una vicenda che invece interessa alla gente".
"Assange - aggiunge Stefania Maurizi - non verrà salvato dalla legge, ma dalla mobilitazione dell'opinione pubblica". Anche perché - per il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury - "dal punto di vista della violazione dei diritti umani non è una storia controversa, ma cristallina: non c'è un processo equo e non ci sono accuse fondate”. Per Alberto Negri, infine, "la nostra stampa dovrebbe vergognarsi, perché la complicità e il silenzio uccidono il giornalismo".