Attualità

Parole che pesano. La strage di Bologna, la memoria che manca e le ferite da guarire

Danilo Paolini venerdì 2 agosto 2024

Su quel tragico, sanguinoso 2 agosto di 44 anni fa alla stazione di Bologna, esistono sentenze definitive e, certo, ci sono elementi contenuti nelle stesse carte processuali che consentono di definire quell’atto di malvagità pura uno dei frutti avvelenati - per dirla con le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - «di una spietata strategia eversiva neofascista nutrita di complicità annidate in consorterie sovversive che hanno tentato di aggredire la libertà conquistata dagli italiani».

Fascisti, loggia massonica P2, pezzi infedeli dello Stato, dalla parte dei carnefici. Ottantacinque persone innocenti, le loro famiglie e la libertà di tutti gli italiani, dalla parte delle vittime. La libertà di tutti quelli che amano la democrazia e anelano alla civile e pacifica convivenza, pur mantenendo idee diverse e avverse. Basterebbe mettere il punto qui, per celebrare ogni anno degnamente i caduti non solo di Bologna, ma di tutti i luoghi di questo nostro Paese insanguinati dalla sciagurata strategia stragista.

E invece no. Invece l’Italia repubblicana sembra condannata a non avere una memoria storica condivisa di tante sue tragedie e dei momenti fondativi, il 25 aprile come l’8 settembre, il 2 agosto come il 24 marzo. Perfino il 2 giugno ultimamente è stato funestato da polemiche.

Tirare in ballo il governo in carica e le sue politiche dal palco della commemorazione non aiuta. Ma aiuta ancor meno parlare, da presidente del Senato e da presidente del Consiglio, di strage «attribuita dalle sentenze» a esponenti di organizzazioni neofasciste, una formula che può dare l’impressione di scarsa fiducia nella ricostruzione dei fatti emersa dal lavoro della magistratura e dai processi.

Le ferite più profonde di un popolo possono guarire, ma bisogna volerlo.