Attualità

Il caso. La Libia «libera» i migranti

Nello Scavo mercoledì 10 luglio 2019

Tripoli rilascia 350 prigionieri sopravvissuti al massacro. In Sicilia sigilli al centro di accoglienza più grande d’Europa. Incertezza sulla sorte di decine di 'espulsi' Rimpatri via aereo da Lampedusa (Ansa)

Mentre il ministro leghista Salvini chiudeva ufficialmente il più grande 'Cara' d’Europa, aperto otto anni prima dal ministro leghista Roberto Maroni, molti si domandavano che fine faranno i migranti con disagio psichico. Uno lo hanno trovato nelle campagne, ferito alla testa e in stato confusionale. Gli altri due sono spariti.

Nelle stesse ore Tripoli liberava 350 migranti dal campo di detenzione di Tajoura, sopravvissuti al sanguinoso raid aereo compiuto dalle milizie del generale Khalifa Haftar una settimana fa che aveva causato decine di morti. Non è ancora chiaro se si tratti dell’avvio di quell'operazione di rilascio che il governo Sarraj ha minacciato qualche giorno fa, lasciando intendere di essere pronto a liberare migliaia di disperati (si era parlato di 6-7 mila). Ma è su Mineo che sono stati puntati i riflettori. Lontano dalle telecamere, però, gli operatori di Medici per i diritti umani (Medu) hanno continuato a cercare i più fragili e abbandonati.

La polizia ha negato ai medici l’accesso al perimetro del villaggio per un ultimo giro di perlustrazione. Così la ricerca si è spostata prima nel centro di accoglienza temporaneo vicino Caltagirone, aperto dal vescovo Calogero Peri e dove la Caritas sta offrendo a 25 persone allontanate dal Cara un letto, un tetto e un percorso di vita. Adou, però non c’era. Lo hanno ritrovato lungo la strada statale.

All'ombra di un albero e in mezzo ai rifiuti, «vediamo Adou, il nostro paziente - racconta il dottor Samuele Cavallone –. Ha una ferita visibile sulla testa. Racconta di come le forze dell’ordine lo abbiano portato a forza fuori. Lasciato al suo destino». Ora si trova nella comunità attivata dalla Caritas. L’idea di realizzare un 'Villaggio della solidarietà' nel residence degli Aranci a Mineo, che ospitava militari Usa di stanza a Sigonella e i loro familiari «è venuta al presidente del consiglio Silvio Berlusconi», rivelò il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in una conferenza stampa alla Prefettura di Catania il 15 febbraio 2011.

Una struttura controversa, attraversata dalla buona volontà di tanti operatori, e dalle malefatte di chi sull'accoglienza emergenziale ha fatto fortuna. Pochi mesi dopo l’apertura, fu una inchiesta di Avvenire a raccontare una serie di anomalie. A cominciare da un numero di aborti nettamente superiore alla media. Chi dal Cara è stato spinto fuori non verrà respinto né potrà trovare a breve percorsi di legalità. I rimpatri, infatti, si stanno rivelando un flop. I dati ufficiali del ministero dell’Interno sono il bilancio dettagliato di un fallimento. Dall’1 gennaio al 15 giugno del 2019 sono state rimpatriate 2.839 persone, circa 18 al giorno. Cifre impietose che documentano come, fuori dai nostri confini, alle autorità politiche italiane non bastino i tweet per dettare l’agenda. Soprattutto non funzionano gli accordi con i Paesi africani. Al primo posto tra i rimpatri figura l’Albania (680 persone). Poi Tunisia e Marocco (510 e 457).