Intervista. «FdI superi la fiamma ed entri in maggioranza Ue. Autonomia rischiosa»
Andrea de Bertoldi, deputato di FdI di Trento e membro della commissione Finanze, guarda alla Settimana sociale di Trieste come uno stimolo ad avere più sintonia con l’Europa, maggiore dialogo con le opposizioni, a partire dall’autonomia, e a non fare sconti al proprio interno con nostalgici del fascismo e violenti. « Da Trieste – sottolinea - è emersa l’esigenza di una presenza tendenzialmente unitaria dei cattolici. Lo scontro non aiuta il Paese. Il nostro compito è l’opposto, cercare la convergenza».
Le divisioni nella maggioranza partono dall’Europa. Ha condiviso la scelta di Giorgia Meloni di non votare Ursula von der Leyen?
Condivido quanto diceva Sturzo, che la politica estera è la chiave della politica interna. Ciò detto, ha compiuto una scelta di coerenza politica e mi auguro che nessuno a Bruxelles voglia per questo penalizzare il nostro Paese: la politica deve seguire gli interessi dell’Unione e non le consorterie. Da cattolico liberale, però, auspico ora per l’Italia e per il centrodestra che si possa entrare a far parte pienamente nella maggioranza europea.
Comprensibile la scelta di campo, lei dice, ma ora è auspicabile una convergenza.
Lo spero da cittadino, da politico e da cattolico. Dobbiamo guardare oltre l’essere rappresentanti di una forza politica, per esserlo dell’intero Paese, il più possibile coinvolti, protagonisti nelle scelte europee.
Ma non è utopistico pensare che ci si divida in Europa e si torni d’accordo in Italia un minuto dopo?
Se sapremo andare, come dicevo, oltre gli interessi di parte per dare priorità agli interessi del Paese non credo che questo avrà riflessi negativi nel centrodestra. L’Italia, d’altronde, è fra i Paesi fondatori dell’Unione e non posso non citare il mio conterraneo Alcide De Gasperi che parlò della “nostra patria Europa” da costruire.
Però fra lei che auspica una convergenza su Von der Leyen e Salvini in scontro aperto con Bruxelles non c’è inconciliabilità?
Se dalla presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri si instaura una linea di dialogo e collaborazione con la Commissione europea, non rappresenta un problema serio che un esponente della coalizione abbia un atteggiamento diverso.
Nel centrodestra si discute fra i partiti, ma all’interno di essi sembra vietato dissentire. Ad esempio sui rituali fascisti e antisemiti dentro FdI la sua è una delle poche voci che si siano levate senza se e senza ma.
Penso ci sia stata una certa sottovalutazione di questi fenomeni, non solo nel mio partito. Servono prese di posizione nette, senza ambiguità verso ridicoli e patetici emuli di un passato regime, da cui FdI deve continuare a dichiararsi lontana. Queste persone vanno allontanate, ma sono critico anche verso chi ha fatto finta di non vedere girandosi dall’altra parte, e magari ha flirtato con loro per qualche preferenza in più.
Un gesto coraggioso non potrebbe essere anche quello di togliere la fiamma dal simbolo?
Ho il massimo rispetto per ciò che quella fiamma ha rappresentato, ma è arrivato il momento di andare oltre. Se davvero vogliamo essere un partito conservatore, liberale, democratico, che guarda al futuro si dovrebbe consegnare alla storia l’icona della destra storica. D’altronde, se la memoria non mi inganna, agli inizi di Fratelli d’Italia la fiamma non c’era.
Sul pestaggio di Torino La Russa ha sottolineato che il giornalista non si era identificato, Tajani ha controbattuto che l’episodio va censurato e basta.
Faccio affidamento sul chiarimento che lo stesso La Russa ha fatto, rimarcando di non esser stato ben interpretato. Non vi può essere nessuna comprensione o giustificazione per quel vergognoso e vile assalto.
Ma torniamo al dialogo, soprattutto fra cattolici. Trieste che impegno le sollecita?
I cattolici, nel centrodestra ma un po’ in tutti i partiti, dovrebbero rappresentare il plusvalore del bene comune. Le riforme non sono patrimonio di una sola parte, ma devono puntare il più possibile sulla condivisione. Su questo i cattolici, di maggioranza e opposizione, dovrebbero far sentire la loro voce. Sarebbe un primo passo per far seguito alla settimana di Trieste.
Questo vale anche per l’autonomia differenziata?
La presidente Meloni ha fatto delle riflessioni in Consiglio dei ministri che tengono conto di passaggi delicati da fare. Aiutiamola in questo intento innanzitutto noi cattolici che, sia pur in partiti diversi, abbiamo come obiettivo il bene comune. L’autonomia è un plusvalore, lo è nel mio Trentino che da decenni gode di un’autonomia speciale, lo è in prospettiva per l’intero Paese. Ma può diventare un male per chi pensasse di ottenerla a dispetto di qualche altra Regione: un cattolico questo non lo potrebbe mai accettare.
Ma non c’è poca libertà per i parlamentari nei partiti? Non serve una nuova legge elettorale?
Il ruolo dei parlamentari era più forte nella Prima Repubblica, l’attività legislativa oggi è per lo più in mano all’esecutivo. Non mi sono mai appassionato alle leggi elettorali, ma penso che vada rivalutato il ruolo del Parlamento. È un baluardo di democrazia di fronte al rischio di derive plebiscitarie od oligarchiche, su questo i cattolici debbono esser uniti a prescindere dalla legge elettorale. Io sono un fautore del bipolarismo, purché questo non significhi leaderismo assoluto e oligarchie al potere. Debbono essere possibili anche componenti diverse dentro i partiti. Entro certi limiti non ritengo un male il “correntismo” se serve al confronto dentro i partiti. Evitando degenerazioni, ma va data più voce e più autonomia ai singoli parlamentari di quanto non ne abbiano oggi. Vale anche per il suo partito?
Vale per tutti. Sul diritto di mantenere posizioni non allineate dentro i partito i cattolici debbono farsi sentire, in modo trasversale, per tenere una posizione comune su principi comuni ritenuti irrinunciabili.