«La Lega ha sempre mantenuto gli impegni assunti dal governo. Lo farà anche in questo caso». È una nota ufficiale dei due capigruppo del Carroccio Roberto Cota e Federico Bricolo a spazzare via dubbi e tensioni: le divisioni sull’Afghanistan sono già evaporate, lo strappo di Bossi già archiviato. «Non esiste nessun contrasto nella maggioranza e adesso basta con le polemiche strumentali », ripetono a una sola voce i due presidenti leghisti provando subito a spiegare il senso dell’offensiva del Senatur. «Bossi ha aperto una riflessione giusta... Peraltro lo stesso presidente Obama si è interrogato sulla presenza degli Stati Uniti parlando di exit strategy... ». Chiedere un momento di riflessione non significa mettere in discussione la missione. E a metà pomeriggio Giampiero Cantoni, il presidente della Commissione Difesa a Palazzo Madama, si dice fiducioso alla vigilia del voto che oggi, in seduta congiunta con la Commissione Esteri, dovrà deliberare la proroga delle missioni italiane all’estero nelle Commissioni. Insomma sì corre verso un sì bipartisan al rifinanziamento delle missioni. Sull’Afghanistan alla fine ci sarà una sola linea e Franco Frattini, a Bruxelles con l’alto rappresentante Usa per l’Afghanistan e il Pakistan, Richard Holbrooke, su questo non ha dubbi. «Confermerò al rappresentante del presidente Usa la volontà dell’Italia di essere sempre un attore protagonista per la stabilizzazione dell’Afghanistan », ripete con forza il nostro ministro degli Esteri. Insomma il caso governo-Lega chiuso, anche se prima della nota della Lega non erano mancati momenti di tensione. Proprio Frattini era stato duro con il ministro leghista Roberto Calderoli che aveva provato a insistere sull’idea del ritiro. «L’opinione pubblica va aiutata e indirizzata non eccitata», aveva detto il capo della Farnesina. E i rischi? E i morti? Frattini non indietreggia: «Sì, è pericoloso, certo, ma serve a difendere la sicurezza dell’Italia e di tutti noi. Anche di Calderoli ». Le ore che seguono sono ore che servono alla Lega a maturare il ripensamento. Maroni si chiude con Bossi nella roccaforte milanese del Carroccio di via Bellerio e (anche se sembra certa la cancellazione del vertice del lunedì con il premier ad Arcore) le distanze tra Lega e governo scompaiono. Un epilogo che Frattini aveva previsto con qualche ora d’anticipo spiegando che la «Lega vota correttamente con la maggioranza» e prevedendo un «larghissimo consenso dietro ai nostri soldati». E, in effetti, la posizione del leader del Pd Dario Franceschini è chiara: «Non è il momento di far rientrare i ragazzi italiani dall’Afghanistan; è il momento di completare quel lavoro». Restano sullo sfondo le polemiche. E l’inevitabile offensiva delle opposizioni. Con il capo dell’Udc Casini che chiedeva al «governo una parola di chiarezza e di certezza non sui giornali ma qui in Parlamento sul destino delle missioni militari militari all’estero». E con il Pd che lasciava alla Sereni il compito di ripetere come «i nostri soldati in Afghanistan avrebbero diritto ad avere un governo che parli con una sola voce. Avrebbero diritto a sentisi alle spalle un governo unito e coeso». Parole che al momento sembrano superate. Come superati sembrano i timori del ministro della Difesa La Russa che fino al primo pomeriggio si interrogava sui un eventuale strappo della Lega. Lo strappo non c’è. C’è, invece, il voto di maggioranza e opposizione che arriverà dopo l’intervento del governo alla Camera. E, intanto, proprio La Russa si incontrerà questa mattina a l’Aquila con il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, e con il Comandante Operativo di vertice Interforze, il generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto per approfondire alcuni aspetti della missione in Afghanistan, soprattutto, alla luce degli ultimi eventi che hanno coinvolto il nostro contingente.