Attualità

AFGHANISTAN. La Lega fa marcia indietro: la missione non si discute

martedì 28 luglio 2009
«La Lega ha sempre man­tenuto gli impegni as­sunti dal governo. Lo farà anche in questo caso». È una no­ta ufficiale dei due capigruppo del Carroccio Roberto Cota e Federico Bricolo a spazzare via dubbi e ten­sioni: le divisioni sull’Afghanistan sono già evaporate, lo strappo di Bossi già archiviato. «Non esiste nes­sun contrasto nella maggioranza e adesso basta con le polemiche stru­mentali », ripetono a una sola voce i due presidenti leghisti provando su­bito a spiegare il senso dell’offensi­va del Senatur. «Bossi ha aperto una riflessione giusta... Peraltro lo stesso presidente Obama si è interrogato sulla presenza degli Stati Uniti par­lando di exit strategy... ». Chiedere un momento di riflessione non significa mettere in discussione la missione. E a metà pomeriggio Giampiero Cantoni, il presidente della Commissione Difesa a Palazzo Madama, si dice fiducioso alla vigi­lia del voto che oggi, in seduta con­giunta con la Commissione Esteri, dovrà deliberare la proroga delle missioni italiane all’estero nelle Commissioni. Insomma sì corre ver­so un sì bipartisan al rifinanzia­mento delle missioni. Sull’Afghanistan alla fine ci sarà una sola linea e Franco Frattini, a Bruxel­les con l’alto rappresentante Usa per l’Afghanistan e il Pakistan, Richard Holbrooke, su questo non ha dubbi. «Confermerò al rappresentante del presidente Usa la volontà dell’Italia di essere sempre un attore protago­nista per la stabilizzazione dell’Af­ghanistan », ripete con forza il nostro ministro degli Esteri. Insomma il ca­so governo-Lega chiuso, anche se prima della nota della Lega non e­rano mancati momenti di tensione. Proprio Frattini era stato duro con il ministro leghista Roberto Calderoli che aveva provato a insistere sull’i­dea del ritiro. «L’opinione pubblica va aiutata e indirizzata non eccitata», aveva detto il capo della Farnesina. E i rischi? E i morti? Frattini non in­dietreggia: «Sì, è pericoloso, certo, ma serve a difendere la sicurezza dell’Italia e di tutti noi. Anche di Cal­deroli ». Le ore che seguono sono o­re che servono alla Lega a maturare il ripensamento. Maroni si chiude con Bossi nella roccaforte milanese del Carroccio di via Bellerio e (an­che se sembra certa la cancellazio­ne del vertice del lunedì con il pre­mier ad Arcore) le distanze tra Lega e governo scompaiono. Un epilogo che Frattini aveva previsto con qual­che ora d’anticipo spiegando che la «Lega vota correttamente con la maggioranza» e prevedendo un «lar­ghissimo consenso dietro ai nostri soldati». E, in effetti, la posizione del leader del Pd Dario Franceschini è chiara: «Non è il momento di far rientrare i ragazzi italiani dall’Af­ghanistan; è il momento di comple­tare quel lavoro». Restano sullo sfon­do le polemiche. E l’inevitabile of­fensiva delle opposizioni. Con il ca­po dell’Udc Casini che chiedeva al «governo una parola di chiarezza e di certezza non sui giornali ma qui in Parlamento sul destino delle mis­sioni militari militari all’estero». E con il Pd che lasciava alla Sereni il compito di ripetere come «i nostri soldati in Afghanistan avrebbero di­ritto ad avere un governo che parli con una sola voce. Avrebbero dirit­to a sentisi alle spalle un governo u­nito e coeso». Parole che al momen­to sembrano superate. Come supe­rati sembrano i timori del ministro della Difesa La Russa che fino al pri­mo pomeriggio si interrogava sui un eventuale strappo della Lega. Lo strappo non c’è. C’è, invece, il voto di maggioranza e opposizione che arriverà dopo l’intervento del go­verno alla Camera. E, intanto, pro­prio La Russa si incontrerà questa mattina a l’Aquila con il Capo di Sta­to Maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, e con il Co­mandante Operativo di vertice In­terforze, il generale di Corpo d’Ar­mata Giuseppe Valotto per ap­profondire alcuni aspetti della mis­sione in Afghanistan, soprattutto, al­la luce degli ultimi eventi che han­no coinvolto il nostro contingente.