Donazioni. La gratuità non cresce più. E i primi effetti del caso Ferragni
Volontari distribuiscono generi alimentari a Milano
I livelli pre-pandemia sono ancora lontani e le tendenze non univoche. Ma la propensione al dono degli italiani, pur restando solida, sembra non crescere più, anzi regredire leggermente. Negli ultimi anni si oscilla (pericolosamente) tra partecipazione e disincanto, tra impegno pubblico e chiusura nel privato. E così se la beneficenza alle organizzazioni non profit cala leggermente, aumenta quella informale; tornano a crescere le donazioni biologiche (sangue e organi); mentre l’offerta di tempo ed energie nel volontariato è in netta diminuzione, tranne che per i giovanissimi. Insomma, un chiaroscuro non facile da decifrare, nel quale ha avuto un impatto per ora limitato anche il caso Ferragni-Pandoro, con (solo) il 5% delle organizzazioni non profit (Onp) a segnalare un calo delle donazioni in qualche modo correlato alla vicenda.
È quanto emerge dalla 7^ edizione del rapporto annuale “Noi doniamo”, elaborato dall’Istituto Italiano della Donazione (Iid) in occasione del Giorno del Dono - #DonoDay2024 - fissato per legge il 4 ottobre. Il rapporto raccoglie e rielabora i dati di diverse fonti (dall’Istat a BVA Doxa, da Vita nonprofit al Centro nazionale trapianti), indagando le tre dimensioni del dono: di denaro, di tempo e biologica. E, come sottolinea il presidente dell’Iid Ivan Nissoli, «interpreta l’evoluzione dell’impegno in prima persona dei cittadini. La vera sfida di oggi è combattere l’astensionismo dal dono e intercettare nuove forme di partecipazione, per avere sempre più persone pronte a mettersi in gioco esprimendo concretamente, attraverso il dono, il proprio essere parte di una comunità viva».
Volontari distribuiscono generi alimentari a Milano - Ansa
La “ripresina” delle donazioni fa un passo indietro
Istat registra una diminuzione dal 12,8% dell’anno precedente all’11% del 2023 del numero di cittadini che affermano di aver donato denaro almeno una volta ad un’associazione. Contestualmente per BVA Doxa assistiamo ad un aumento del 5% delle donazioni informali (donazioni che non transitano attraverso gli enti non profit), nonché di una diminuzione del 4% dei non-donatori, ad associazioni e non, che sono passati dal 37% del 2022 al 33% nel 2023. Infine, rispetto al monte donazioni (totale degli importi donati), l’Italy Giving Report dichiara che nel 2021 c’è una lieve crescita dello 0,04 %, dato in timido ma costante aumento dal 2019 (seppur inferiore all’inflazione). Insomma, non c’è molto da festeggiare se non una sostanziale tenuta segnalata dalle stesse Onp: nella variazione delle raccolte fondi il 32% dei rispondenti registra un aumento rispetto però al 47% nel 2022, il 21% una diminuzione (25% nel 2022) e per ben il 47% la situazione rimane invariata contro il 28% nel 2022. La fonte di maggiori entrate si conferma essere l’erogazione liberale da persone fisiche (60% soprattutto di 45-74enni, in maggioranza del Nord e istruiti), seguita da una crescente rilevanza del 5x1000 che arriva al 39% contro il 31% del 2022.I lasciti testamentari continuano a rivelarsi uno strumento di introito ancora marginale: solo l’1 % dichiara di averne ricevuti. Tra le cause più scelte dai sostenitori al primo posto c’è la Ricerca medico-scientifica (38%), al secondo gli Aiuti umanitari/emergenza, inclusi Ucraina ed Emilia-Romagna (35%), al terzo la Povertà in Italia (19%). Salgono, come accennato, le donazioni informali effettuate dal 55% della popolazione (era il 50% nel 2022). L’ambito che registra una crescita maggiore è l’elemosina alle persone bisognose (+4 punti percentuali) che arriva così al 19%. Le collette per le emergenze seguono subito dopo con il 18%.
Caso Ferragni: impatto limitato, ma cambia la cultura
Nel report trova posto anche una prima analisi delle conseguenze del “Pandorogate”, e della comunicazione quantomeno ambigua sulle modalità delle donazioni a un ospedale torinese, emerso a cavallo tra lo scorso anno e questo. Delle 347 associazioni che hanno risposto alla domanda solo il 5% lamenta conseguenze negative sulla raccolta fondi, mentre il 18% dichiara di non essere in grado al momento di valutarne le conseguenze. All’interno del 5%, i rispondenti segnalano un calo maggiore tra i donatori privati (51%), al secondo posto quello dovuto ad aziende e fondazioni erogative (17%). Occorre considerare, però, che 2 italiani su 10 donano convinti dalla pubblicità di testimonial e influencer e dunque il tema del ruolo di questi ultimi, così come delle aziende profit coinvolte, resta fondamentale e il caso Ferragni sembra già aver già prodotto un cambiamento culturale positivo, anche oltre l’effetto pratico indotto dal Disegno di legge sulla beneficenza approvato dal Governo. «Nelle relazioni degli enti non profit con le aziende si nota oggi certamente una grande attenzione ad aspetti quali il calcolo delle aree di rischio, l’eventuale pubblicità negativa e i possibili rischi collaterali, che devono essere attentamente verificati - sottolinea in questo senso Francesco Stefanini di Caritas Italiana -. Questa proattività e attenzione al dettaglio è nuova e va a sostituire un approccio che era tipicamente reattivo e italiano nella conclusione di accordi commerciali, volti alla solidarietà, che guardava solo alla risoluzione immediata di problemi sociali in nome di un attivismo improvvisato». Insomma, maggiore professionalità, rispetto per il donatore e soprattutto attenzione rafforzata ai fondamentali etici dell’attività sociale. E proprio per migliorare e rendere più trasparente la comunicazione sulle donazioni, da oggi parte la campagna “Donare fa bene (se lo fai bene)” realizzata dal Forum del Terzo Settore e dall’Iid, con l’obiettivo di aiutare il donatore, sia esso privato cittadino o azienda, a comprendere come donare in sicurezza e consapevolmente. «Il dono è la manifestazione più tangibile della natura solidale che caratterizza l’essere umano, oltre a essere un importante strumento di partecipazione per le persone», spiega Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore. «Questo desiderio di aiutare non dev’essere frenato dalla diffidenza o da episodi di cronaca negativi: rivolgersi direttamente agli enti non profit che per legge seguono stringenti regole di trasparenza, è fondamentale per dare il proprio contributo a una causa sociale senza rischi».
Allarme: stanno sparendo i volontari
Segnali preoccupanti arrivano infine dal mondo del volontariato. L’Istat certifica infatti che nel 2023 la ripresa dell’attività volontaria ha subito una diminuzione passando dall’8,3% del 2022 al 7,8% della popolazione (era il 10,5% nel 2018). In numeri assoluti e su un periodo più lungo (2015-2021) si tratta di un drammatico calo di 910.000 persone. I volontari maschi sono 2,69 milioni contro 1,92 femmine, prevalentemente impegnati nell’ambito dello sporte e delle attività ricreative. La quota più ampia è rappresentata anche in questo caso dai 45-74enni, con l’insieme più numeroso tra i 60 e i 64 anni (9,7%). Un dato interessante in controtendenza è la crescita dei volontari giovanissimi nella fascia 14-17 anni che passa dal 3,9% del 2021 al 6,4% del 2022, toccando il 6,8% nel 2023. Una nuova leva di volontari/donatori, probabilmente nata tra oratori, scout e scuole, che rappresenta una speranza da coltivare.