La protesta. L'urlo degli sfollati di Genova: «Ricostruzione in tempi certi»
la manifestazione di protesta dei residenti del quartiete Valpolcevera a Genova
«Bucci, aprici le strade!». Dopo 55 giorni al di là del muro di macerie di ponte Morandi, la Valpolcevera si è stancata di vivere in coda e di essere completamente tagliata fuori dal resto della città, distante pochi chilometri che adesso sembrano un abisso. Per reclamare condizioni di vita migliori, che poi si traducono in «lavoro, strade e sanità», come hanno scritto sui grandi striscioni portati, lunedì mattina, in corteo per le vie del centro, i residenti a ridosso della “zona rossa” si sono dati appuntamento sotto le insegne del movimento “Oltre il ponte c’è…”, nato dal basso per trasmettere, ai piani alti delle istituzioni, il malessere e il dolore di una comunità di «settantamila sfollati», come precisa Giulio Masi, uno dei promotori della prima marcia dei genovesi dopo la tragedia del 14 agosto. Tra i cinquemila che hanno partecipato alla manifestazione, c’erano sì gli sfollati della Certosa, ma anche tanti, tantissimi commercianti, artigiani e residenti nelle zone limitrofe al ponte, «sfollati dei servizi e del lavoro», che ora guardano con grande preoccupazione al loro futuro.
Partita di buon mattino dal porto antico, la manifestazione ha dapprima riempito piazza De Ferrari, sotto il palazzo della Regione, dove una delegazione ha incontrato il governatore Giovanni Toti e il sindaco e commissario alla ricostruzione, Marco Bucci, a cui hanno chiesto «tempi ragionevolmente certi e rispettati», ricorda Andrea Brina, un altro dei promotori della giornata. A quasi due mesi dal crollo del viadotto, la gente vuole sapere quando potrà ritornare ad avere una vita il più possibile vicina alla normalità, una condizione ormai sconosciuta per chi abita in Valpolcevera, stretta nella morsa del traffico e confinata dal muro invisibile, ma molto reale, della viabilità impazzata a tutte le ore del giorno.
«Gli sfollati sono la nostra priorità numero uno», ha cercato di rassicurare il sindaco e commissario Bucci, non essendo, però, in grado di dare una tempistica certa per il ritorno nelle case per recuperare beni e ricordi. «Entro un paio di giorni avremo gli esiti del monitoraggio dei sensori sui monconi del ponte e ci aspettiamo un responso positivo», ha aggiunto il governatore Toti.
Oggi pomeriggio si è svolto un nuovo sopralluogo nella zona rossa e, probabilmente, dalla prossima settimana le famiglie potranno cominciare a rientrare, non più di due per nucleo e per due ore, accompagnate dai vigili del fuoco, Ognuna avrà cinquanta scatoloni dove stipare le proprie cose e, in caso di allarme, le persone avranno quattro minuti di tempo per evacuare la zona.
Le istanze della Valpolvecera «ad esercitare il diritto costituzionalmente garantito alla salute e al lavoro», sono state rappresentate anche al prefetto di Genova, Fiamma Spena, che ha ricevuto una delegazione di cittadini, impegnandosi a trasmettere al governo il documento di “Oltre il ponte c’è….”, con elencate le richieste della popolazione. Che saranno ribadite dal presidente del Municipio Valpolcevera, Federico Romeo, che oggi sarà ascoltato in audizione dalle Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, dov’è cominciato l’iter di conversione del decreto Genova, da più parti contestato, anche per le risorse troppo scarse che mette a disposizione del capoluogo ligure. «Abbiamo bisogno di tempi certi per la ricostruzione e di misure per la tutela dell’occupazione: ecco che cosa dirò», ha anticipato Romeo.
Una preoccupazione trasmessa ieri, sempre in audizione a Montecitorio, da don Massimiliano Moretti, cappellano del lavoro e delegato dell’arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco. «Le persone non si aspettano l’impossibile – ha detto il sacerdote –. Sono anche consce che ci vorrà del tempo per ritornare alla normalità delle cose. Tuttavia, quello che chiedono è di partire subito, perché tanto tempo prezioso è già passato». E in Valpolcevera la pazienza è finita.