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Milano. La furia per Ramy, la rabbia dei residenti. Così è esplosa la miccia Corvetto

Simone Marcer mercoledì 27 novembre 2024

Un'immagine dei disordini al Corvetto

«Adesso tutti parlano del quartiere, tutti improvvisamente scoprono il Corvetto. Per me il Corvetto può anche saltare in aria perché parlare del quartiere solo oggi, dopo quello che è successo, è solo un modo come un altro per non parlare ancora una volta di noi che ci viviamo. E il fatto che vivo in un posto di m. non significa che io sia una persona di m.», dice Nabil, 20 anni.

È solo una delle voci della rabbia che sta montando in questi giorni, e soprattutto in queste notti, nel quartiere alla periferia sud di Milano, dopo la morte di Ramy Elgaml, elettricista 19enne, avvenuta in un incidente durante un inseguimento con un’auto dei carabinieri per diversi chilometri attraverso la città, in via Ripamonti, alle quattro di domenica mattina. Una delle voci, ma un po’ più titolata delle altre a gridare, dal momento che Nabil è la compagna di Fares B. il 22enne tunisino (indagato) che guidava lo scooter T-Max, sul quale Ramy era seduto dietro.

«Hanno detto che stava bene. Voi avete scritto così. Questa secondo voi è una persona che sta bene? Una persona che non si è fatta niente? Questo è un altro morto, solo per i sensi di colpa che si porterà», dice sventolando il telefonino con l’immagine di un paziente ingessato e intubato. Fares è ricoverato in rianimazione all’ospedale San Carlo di Milano ed è stato sottoposto ieri a un intervento chirurgico.

Lunedì notte la rabbia che covava da giorni è esplosa nella vicina via Omero. Una settantina di ragazzi che inneggiavano al diciannovenne morto ha bloccato un autobus facendo scendere i passeggeri; dopodiché lo hanno distrutto. Gli agenti del reparto Mobile (nel quartiere ora entrano solo i poliziotti, e non i carabinieri, in base a una decisione presa in prefettura, in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza) sono stati bersagliati con lanci di bottiglie e di materiale edile, raccolti a secchi come munizionamento pronto all’uso. Decine i roghi e i cassonetti incendiati. Un fuoco d’artificio ha centrato il cofano di una volante aprendo un buco di diversi centimetri. Insomma, è stata una fortuna che tutto si sia concluso con una carica della polizia e senza feriti.

Un 21enne montenegrino è stato arrestato e processato per direttissima. L’arrestato risiede a San Siro e, ai disordini di ieri, stando a quanto dicono gli stessi residenti del Corvetto, avrebbero partecipato giovani e giovanissimi (età dai sedici ai 20 anni, non di più) provenienti anche da altri quartieri delle periferie milanesi.

Ieri mattina i muri di piazza Gabrio Rosa e di via Panigarola erano tappezzati di scritte per Ramy, talvolta accompagnate dalle sigle “Antifa”, pro Pal, o contro la polizia, cosa che fa ipotizzare, o temere, una saldatura con l’area antagonista. Sempre ieri è stato indagato dalla Procura di Milano il carabiniere alla guida dell’auto di pattuglia quella notte.

Per capire come è stata accesa la miccia alla polveriera Corvetto - uno dei quartieri di Milano a più alto tasso di criminalità e spaccio - bisogna riavvolgere il nastro e tornare alla notte dell’incidente. Dalle prime verifiche della Polizia locale, con l’analisi delle telecamere della zona è emersa anche la possibilità di un urto accidentale durante l’inseguimento lungo viale Ripamonti (lo scooter non si era fermato all’alt in via Farini), prima dello schianto contro un muretto. La macchina dei carabinieri, poi, è andata contro un semaforo.

Ma il punto è che gli amici e i familiari del 19enne non credono minimamente a questa versione, che considerano una copertura, e pensano anche che l’inchiesta finirà con un caso di ingiustizia. «Sono amici di Ramy e vogliono solo sapere la verità», dice il fratello Tarek. «Lui era un cuore bianco, col sorriso stampato, abbiamo fatto insieme le superiori, poi in terza ha abbandonato e si è messo a lavorare con il marito della sua professoressa, come elettricista. Lo faceva da tre anni. Quella sera eravamo usciti insieme, abbiamo passato la serata in un locale in Porta Venezia, io ero su un auto in sharing con altri due ragazzi e loro due erano sullo scooter, il guidatore non aveva la patente, perciò è scappato. Erano circa le tre di notte. Alle quattro sono cominciate a arrivare le chiamate», dice Mohammed, 20 anni, che aggiunge: «Non credo a niente di quello che dicono di lui».

II giorno stesso di domenica sono iniziate le proteste in ospedale e nel quartiere. Poi caso e follia urbana hanno dato il loro contributo. Nel pomeriggio di quel giorno un centinaio di persone ha organizzato un corteo spontaneo bloccando diverse strade. Nel traffico intasato un uomo alla guida di un suv ha provato a passare finendo per investire cinque ragazzini, un quattordicenne in modo grave, tentando poi la fuga. L’automobilista è stato trascinato fuori e pestato dalla folla inferocita insieme alla donna terrorizzata che era con lui. L’auto distrutta. Il 30enne alla guida è stato arrestato con l’accusa di lesioni aggravate e omissione di soccorso, la donna di 55 anni denunciata.

Ieri sul luogo dell’incidente è comparsa una lettera della compagna di Ramy, Nada. È una lettera d’amore: «Mi manchi cuore mio. Come faccio io senza di te, il tuo sorriso, le tue parole, le tue mani...». Ma è anche una dichiarazione di guerra: «Pagheranno Ramy, non ti preoccupare, mangerò il cuore a chiunque parli male di te... aspettami presto, amore mio, ti raggiungo non appena faremo giustizia di te e di tuo fratello Fares». Per fronteggiare la situazione la polizia ha disposto servizi di ordine pubblico con un trentina di uomini del reparto Mobile (la questura pensa di chiedere rinforzi) dalle cinque del pomeriggio in poi, tutte le notti, fino al sette dicembre, giorno in cui Milano festeggia se stessa, a Sant’Ambrogio, con la Prima della Scala. Ma qui i residenti si sentono sotto assedio e aspettano la sera con paura.

La polemica politica. Il centrodestra attacca: disordini preoccupanti. Il Pd: da anni con presidi sociali

«Non può essere questo il futuro della nostra Milano. Un’altra notte di fuoco nella “banlieue” del Corvetto a Milano: anche stanotte un’ondata di immigrati di seconda generazione ha preso d’assalto la città, appiccando incendi e lanciando bottiglie e petardi contro le Forze dell’Ordine e i Vigili del Fuoco. Immagini preoccupanti che non possono lasciarci indifferenti» dichiara Carlo Fidanza, capo della delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo. «Criminali da punire senza clemenza. È questa la società che vogliono gli accoglienti e solidali? Altro che provenienti da Paesi a rischio, sono loro ad essere un rischio per il nostro Paese» commenta il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. «Le scene di guerriglia urbana avvenute al Corvetto fanno gelare il sangue: questa escalation di aggressioni e di atti vandalici ricorda le zone più critiche delle banlieue e getta un’ombra cupa sul livello di sicurezza in città», afferma Gianluca Comazzi, consigliere comunale di Forza Italia e assessore al Territorio di Regione Lombardia. Mentre il Pd, per voce di Alessandro Capelli, segretario di Milano metropolitana attacca «la destra che straparla di luoghi che non frequenta da decenni. Basta leggere i loro commenti su quelle che chiamano periferie» afferma il segretario Pd Milano metropolitana. «Noi sappiamo bene che ci sono zone della città che si sentono periferia e fasce della città che si sentono escluse. Proprio per questo anche a Corvetto, il Comune lavora da anni in forte sinergia con il terzo settore per rafforzare i presidi sociali sul territorio».​