Dopo gli scontri di questi ultimi giorni, Gianfranco Fini ha deciso di tirare un po’ il freno. Offrendo nuovamente a Berlusconi lo spiraglio che gli aveva proposto a Bastia Umbra, salvo poi chiuderlo nei giorni successivi: ovvero, una prova di appello. Ieri, in un videomessaggio sul sito di Futuro e Libertà, il presidente della Camera ha risposto in questo modo al richiamo alla responsabilità lanciato dal premier: «Nel grave momento che stiamo attraversando serve la massima responsabilità, in primis da parte di chi ha l’onore e l’onere di governare e deve onorare questo impegno attraverso l’agenda di governo. Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà». Una frase che ha destato molta attenzione nel mondo politico e che lo stesso Fini si è incaricato di chiosare per non dare adito a dubbi: «L’interpretazione autentica delle mie parole è facile: tutti, come ha detto il presidente del Consiglio, hanno il dovere della massima responsabilità. Vale, ovviamente, per Fli, ma in primo luogo vale per il premier, per quel che farà fino al 13 dicembre e per quel che dirà in Parlamento in quell’occasione».Prova di appello, dunque, per Berlusconi. E un passo indietro rispetto alla richiesta di dimissioni irrevocabili venuta, in realtà, più dai suoi che dallo stesso Fini. Cos’è successo, nel frattempo? Le interpretazioni possono essere tante e diverse. Di sicuro, l’allungamento dei tempi per lo show down della crisi (si tratta di un mese) ha fatto perdere a Fli un po’ della sua baldanza. Le sirene berlusconiane cantano parole di miele a una parte di finiani. E siccome la partita decisiva alla Camera si giocherà su una manciata di voti, forse Fini – che ha smentito di essere irritato con il capo dello Stato per l’allungamento dei tempi – ha capito che sarebbe stato difficile tenere le file serrate fino all’ultimo secondo. Ma questa spiegazione, anche se vera, può essere parziale. In realtà, il presidente della Camera ha rimproverato ad alcuni dei suoi una fretta eccessiva nel dichiararsi pronti a una santa alleanza aperta fino al Pd anti-Berlusconi. Le percentuali lusinghiere (attorno al 6-8 percento) che alcuni sondaggi accreditano al nuovo partito potrebbero diminuire drasticamente in caso di accordo con partiti di sinistra. Un’ipotesi, spiegano al quartier generale di Fli, non si può scartare, ma che è e deve restare una soluzione estrema che, per essere efficace, deve essere annunciata all’ultimo minuto, altrimenti il rischio è di perdersi gli elettori di destra per strada. Inoltre, c’è sempre il gioco del cerino che va avanti, con il timore che gli elettori puniscano chi materialmente stacca la spina alla legislatura. Insomma, un po’ di prudenza tattica, forse qualche timore: ma difficilmente una retromarcia e, men che mai, una «conversione». Contro Berlusconi, la guardia resta alta. Interessanti sono i commenti alla mini-svolta di Fini. Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato, dice di credere in una «resipiscenza» del presidente della Camera. Il ministro dell’Interno Maroni ricorda che, in effetti, Fini non aveva mai escluso la possibilità di un Berlusconi bis. L’ex An Ignazio La Russa, che Fini lo conosce bene, però non scorge elementi di tregua: «È uno stop and go. Gianfranco manda un segnale a quei suoi che adesso temono di aver fatto il passo più lungo della gamba». E Pier Ferdinando Casini dà una lettura simile a quella di La Russa: «Fini ha fatto mancare i suoi ministri e ha chiesto a Berlusconi di dimettersi. Io resto ai fatti, Oggi ha fatto un appello alla responsabilità e questo deve vale per la destra, per la sinistra e per il centro».