La vita che rinasce. Il ricercatore Cnr: «La forza della natura è a basso costo e rende»
La tecnica si chiama fitodepurazione. «In pratica riassume Uricchio - gli alberi, attraverso le radici, assorbono gli agenti inorganici come i metalli pesanti. Contemporaneamente rilasciano nel terreno sostanze che promuovono l’attività microbiotica. A loro volta i microrganismi, moltiplicandosi, non solo fertilizzano, ma depurano dagli agenti contaminanti organici come il pcb». Per rendere l’idea, in un grammo di terra in condizioni normali ci sono 600 milioni di batteri di 15-20mila specie diverse. In un grammo di terreno fortemente inquinato se ne trovano solo un milione, di 5-8mila specie diverse.
L’area del Centro Murialdo, al momento delle analisi era intorno ai 70 milioni di batteri per grammo. Un livello tendente verso il basso. «Ripeteremo le misurazioni ad aprile - sottolinea l’esperto - , cioè a un anno dalla piantumazione degli alberi. Ma è confortante che le piante superino già i tre metri». Per fitodepurare completamente questo terreno occorreranno comunque dai tre ai quattro anni. «Quindi non tempi biblici», sottolinea Uricchio. Che poi elenca anche gli altri vantaggi. «Non bisogna portare materiali in discarica, ha costi molto contenuti e alimenta una filiera produttiva. Infatti di solito solo le radici degli alberi vengono contaminate dai metalli assorbiti. Il legno risulta sano. In questo caso le radici saranno termovalorizzate e produrranno energia. Il legno potrà essere rivenduto».
Ultima domanda. La tecnica può essere utilizzata anche per disinquinare i terreni intorno all’Ilva? «Certamente sì - risponde - . Anzi il suo costo contenuto si presta proprio all’utilizzo su grandi aree». Insomma la forza della natura conviene.