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La mossa. Dieci anni (quasi) senza tasse: Lisbona prova a trattenere i giovani in fuga

Paolo M. Alfieri giovedì 10 ottobre 2024

Un paradiso fiscale per i giovani, un modo per porre fine alla fuga dei cervelli attratti da economie più floride che possono proporre stipendi più elevati. È la scommessa che punta a giocarsi il premier portoghese Luís Montenegro, che guida un fragile governo di minoranza. Per dieci anni, questo il cuore della proposta del leader del conservatore Psd, i giovani non dovranno preoccuparsi delle tasse, che per il primo anno di lavoro saranno addirittura pari a zero e che, in quelli successivi, saliranno solo gradualmente. Un piano che ha pochi precedenti nelle politiche fiscali globali e che evidenzia la necessità del Paese di porre un freno all’emigrazione dei talenti, scoraggiati dal restare in patria anche dai crescenti costi delle abitazioni.

Montenegro ha presentato oggi la sua proposta in Parlamento insieme al resto della finanziaria 2025, anche se l’approvazione della misura, e dell’intero pacchetto, è tutt’altro che scontata. La stessa sopravvivenza dell’esecutivo è infatti a forte rischio. «Il nostro obiettivo è quello di aumentare la nostra capacità di trattenere i talenti, di trattenere i nostri giovani in Portogallo, garantendo che meno di loro se ne vadano e che quelli che lo fanno possano tornare – ha sottolineato già nelle scorse settimane il premier portoghese –. Vogliamo un sistema fiscale più favorevole ai giovani».

Oltre ad un primo anno esentasse, i giovani sarebbero esonerati dal 75 per cento delle imposte dovute dal secondo al quarto anno di lavoro, dal 50 per cento dell’imposta dovuta negli anni dal quinto al settimo ed esentati dal 25 per cento negli anni dall’ottavo al decimo. Secondo Gonçalo Matias, presidente della Fondazione Francisco Manuel dos Santos, è «assolutamente fondamentale» arginare l’emigrazione dei laureati dalle università portoghesi. «Il Portogallo sta investendo nell’istruzione, ma questo investimento sta avvantaggiando Paesi come Francia e Germania» che accolgono immigrati portoghesi, evidenzia ancora Matias, secondo cui «non ha senso che un Paese povero come il Portogallo, che in realtà ha beneficiato molto dei fondi europei e della solidarietà europea, perda poi quegli investimenti a favore dei Paesi più ricchi».

Nel 2009 il Portogallo aveva introdotto un’esenzione fiscale totale per i pensionati che trascorrevano almeno sei mesi dell’anno nel Paese, un’aliquota in seguito salita al 10 per cento. L’obiettivo era quello di attirare capitali stranieri: a beneficiarne sono state circa 10mila persone, in gran parte pensionati italiani, britannici e francesi, che si sono stabiliti soprattutto nella zona di Lisbona o nell’Algarve, al sud. La legge attualmente prevede anche per dieci anni un’imposta del 20 per cento per professionisti qualificati e nomadi digitali, giovani e meno giovani stranieri che, approfittando della possibilità di lavorare da remoto, si sono stabiliti in Portogallo, contribuendo di fatto a quell’aumento dei prezzi delle abitazioni che rischia di incentivare l’emigrazione dei talenti locali.

Il numero di portoghesi che vive all’estero è già oggi il più alto dell’Ue, essendo pari a circa un quarto dei 10,6 milioni di residenti in Portogallo. Tra il 2008 e il 2023, secondo l’Istituto nazionale di statistica, 361mila persone di età compresa tra i 15 e i 35 anni hanno lasciato il Paese, pari a due terzi di tutti gli emigranti durante quel periodo. L’attuale proposta governativa sarebbe valida per tutti gli under 35, non solo per i laureati, stranieri compresi. Il governo stima che le agevolazioni fiscali per i giovani costeranno alle casse statali circa 650 milioni di euro all’anno: il Fondo monetario internazionale ha già avvertito che la riduzione delle entrate mette a rischio l’obiettivo di ripagare il debito pubblico.

In Portogallo un lavoratore che guadagna un salario medio annuo di circa 20mila euro paga attualmente un’aliquota massima dell’imposta sul reddito pari al 26%, mentre chi guadagna tra i 21.000 e i 27.000 euro circa paga un’aliquota massima del 32,75 per cento. La nuova proposta fiscale governativa prevede anche un taglio dell’aliquota dell’imposta sulle società, che resta uno dei principali elementi di frizione con i socialisti. Tutto da vedere, dunque, se il progetto del premier andrà davvero in porto.

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