Diritti. «La cittadinanza? Un bene per i piccoli e un valore per tutto il Paese»
Raffaela Milano
«La legge sulla cittadinanza è vecchia e completamente non corrispondente al paese attuale e alla condizione sociale che vediamo ogni giorno». Raffaela Milano, direttrice Ricerca della Ong Save the children, non ha dubbi. «In realtà noi abbiamo già iniziato la nostra campagna sulla riforma della cittadinanza diversi mesi fa, con una petizione che ha giù raccolto 100mila firme. Prima ancora quindi del dibattito politico di questi giorni».
Continuerete con la campagna?
Si certo, sono anni che, assieme a tante organizzazioni civiche, chiediamo al Parlamento di rivedere questa legge per dare piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o arrivano da piccoli nel nostro Paese. Adesso il nostro auspicio è che questa attenzione della politica si traduca di fatto in una discussione parlamentare, per la riforma della legge.
Pensa che si sia arrivati a una svolta e non sia solo un dibattito estivo?
Speriamo davvero che non sia solo un tema da dibattito estivo ma che finalmente dopo tanto tempo e tanti anni si arrivi a fare questo passo avanti. Io voglio crederci: voglio credere che sia un dibattito serio e politico che si dovrebbe riprendere con una realtà sociale cambiata, perché quando pensiamo alle scuole pensiamo anche alla società nel suo insieme. I tempi sono più che maturi e come abbiamo cercato di dire più volte la riforma non crea un beneficio solo per le bambini e i bambini che si sentono italiani a tutti gli effetti ma per tutto il Paese.
Di fatto però questi bambini continuano a vivere come se fossero italiani a tutti gli effetti.
Gli studenti se ne accorgono ad esempio quando c’è una gita scolastica all’estero o devono partecipare a una competizione sportiva. Ma da questa riforma, ripeto, ne trarrebbe un beneficio tutto il nostro paese perché questi ragazzi e ragazze rappresentano per il paese un patrimonio fondamentale. E la legge non solo avrebbe un impatto concreto e pratico nella vita di tutti i giorni ma rappresenterebbe anche un rafforzamento delle loro aspirazioni per il futuro.
In che senso?
Abbiamo fatto varie ricerche su questi temi e un dato che preoccupa è che per esempio proprio i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri sono quelli più propensi a immaginare un loro futuro lontano dall’Italia. Una recente indagine condotta da Save the Children su un campione rappresentativo di 15-16enni che vivono in Italia, in merito alle loro aspirazioni e aspettative sul futuro, rileva che, se l’aspirazione di trasferirsi all’estero è condivisa da un numero rilevante di adolescenti di origine italiana (il 34,9%), la percentuale di ragazzi e ragazze di seconda generazione che pensa a un futuro fuori dall’Italia raggiunge il 58,7%. Ci sono segnali di disagio anche tra studenti di 10-17 anni che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado in cinque città italiane (Catania, Milano, Napoli, Roma e Torino). Dallo studio emerge, tra l’altro, come gli studenti privi di cittadinanza italiana avvertano più dei coetanei un senso di estraneità alla comunità scolastica.
Una classe multietnica in Italia - .
La cittadinanza anche come senso di appartenenza, quindi?
Si tratta di ragazzi che sono italiani a tutti gli effetti: la cittadinanza potrebbe avere un grande impatto anche in questa direzione, come senso di appartenenza alla comunità nella quale si cresce quindi il nostro auspicio è proprio questo. I numeri della scuola che cosa ci dicono? Negli anni, la scuola è diventata lo spazio principale di incontro tra studenti con provenienze diverse e, seppure spesso con pochi mezzi, oggi rappresenta la principale palestra di cittadinanza. Secondo gli ultimi dati nelle scuole ci sono 914.860 studenti con cittadinanza non italiana: i loro genitori provengono da 200 nazionalità diverse. La loro presenza rappresenta davvero una risorsa che va necessariamente messa a valore e non vediamo i motivi per non farlo.
L’attuale governo però ha già detto che le priorità sono altre.
Quella della riforma della cittadinanza è una questione urgente ed è fra le priorità del Paese quindi speriamo che si passi presto al dibattito parlamentare e che si trovi anche una convergenza sul tema.
Pensate a un modello in particolare? Ius soli, scholae o culturae?
Nella nostra petizione abbiamo chiesto al parlamento una riforma: lo ius scholae sarebbe un passo avanti, anche se sarebbe bene collegarlo alla previsione dello ius soli per i bambini nati in Italia da genitori regolarmente residenti. Ci sono tante combinazioni. Non abbiamo posto un vincolo perché speriamo che alla fine il parlamento possa trovare una convergenza e l’importante è che questa convergenza vada nella giusta direzione e che segni comunque un passo avanti.