Lavoro. No all'autonomia e al premierato: la Cgil ora si mobilita con i referendum
Il segretario della Cgil Maurizio Landini
La Cgil rompe gli indugi e decide di mobilitarsi non solo nelle piazze e nei luoghi di lavoro, ma anche con un’azione politica più diretta promuovendo una serie di consultazioni referendarie in materia di lavoro e sugli assetti istituzionali. «Per cambiare le leggi sbagliate e proporre un altro modello sociale e di sviluppo, che metta al centro la dignità e la libertà delle persone», infatti, l’Assemblea generale della Cgil ha dato «mandato alla Segreteria nazionale di predisporre referendum abrogativi su tre campi: licenziamenti individuali, precarietà del lavoro, appalti; preferibilmente da affiancare a un referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata che abbiamo tutta l’intenzione di promuovere non appena il Ddl Calderoli verrà approvato definitivamente». Allo stesso modo, il sindacato di corso d’Italia è deciso ad essere «protagonista di quella che sarà la madre di tutte le battaglie per difendere la nostra democrazia: il contrasto al Premierato, che avrà un iter più lungo e complesso, e sul quale si dovrà celebrare il referendum confermativo».
L’ordine del giorno votato ieri a larghissima maggioranza dal parlamentino della confederazione è l’atto finale di una riflessione e un processo (lo avevamo anticipato il 24 gennaio) avviato non solo con le iniziative di lotta sindacale sulle norme relative al lavoro, ma finalizzate a un più ampio contrasto alle politiche governative e al modello economico-sociale sotteso. Con una strategia di lotta che era culminata lo scorso autunno nella manifestazione “la via maestra” dedicata alla difesa e valorizzazione della Costituzione, messa in pericolo, a giudizio della Cgil, appunto dalle politiche dell’attuale maggioranza.
«La campagna referendaria, restituendo la parola a cittadine e cittadini, acquista un’ulteriore valenza di stimolo e di rilancio della partecipazione democratica», si legge ancora nel documento approvato. «L’Assemblea generale della Cgil quindi impegna l’organizzazione a predisporre – anche verificando le convergenze con le associazioni e i movimenti che fanno parte dell’alleanza sociale “la Via Maestra” – proposte di legge di iniziativa popolare su temi di giustizia sociale e del lavoro, quali: gli appalti, a partire dal ripristino della parità di trattamento e contro il subappalto a cascata; il contrasto alla precarietà e alla povertà; la difesa e il rilancio del servizio sanitario nazionale, la non autosufficienza, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».
Un’azione a tutto campo, insomma, che il leader Cgil Maurizio Landini ha sostenuto con forte convinzione, tanto da far superare_alla confederazione alcune resistenze che erano emerse. Sia sul piano politico-strategico - perché di fatto in questo modo la Cgil assume un ruolo “politico” a tutto tondo, quasi di stampo partitico - sia di natura più pratica per la complessità di elaborare quesiti referendari che superino il vaglio autorizzativo e sui quali sia poi possibile mobilitare i lavoratori per la raccolta firme prima e il voto poi, in maniera da raggiungere il quorum necessario. Operazioni tutt’altro che semplici delle quali si sta occupando la consulta giuridica dell’organizzazione e che necessitano di un appoggio convinto non solo delle categorie e della base del sindacato, ma anche dei partiti (Pd e M5s) e dei movimenti sociali, laici e cattolici, che ancora conservano un buon radicamento sociale e la capacità di mobilitare i cittadini. In questo quadro, infine, la Cgil ha deciso di scendere in piazza il 9 marzo per manifestare a favore di un immediato cessate il fuoco a Gaza.
Ma, al di là, del tema della pace, quella che si prefigura è una vera battaglia sulla rappresentanza con il centrodestra. Chi rappresenta davvero (e meglio) il “popolo”? Con quali politiche, promuovendo quale modello economico-sociale lo si difende meglio? La sfida di Maurizio Landini a Giorgia Meloni è lanciata e passa dalle urne, anche se referendarie non elettorali.