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Immobili. Indagato il sindaco di Venezia Brugnaro, arrestato un assessore

Vincenzo R. Spagnolo martedì 16 luglio 2024

«Tu non mi ascolti, tu non capisci un c… Mi stanno domandando che tu domandi soldi, tu non ti rendi conto, rischi troppo… Se io ti dico di stare attento, ti devi controllare». È uno dei passaggi di un dialogo telefonico del 17 marzo 2023, il intercettato dagli inquirenti, in cui il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro avrebbe invitato l’assessore alla Mobilità Renato Boraso a una maggior cautela. La conversazione, citata nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri a carico dello stesso assessore, viene definita dal giudice per le indagini preliminari «di fondamentale importanza, poiché il sindaco fa presente a Boraso che lui chiede i soldi alle persone».

Ma è solo uno spaccato della bufera giudiziaria che sta investendo l’amministrazione veneziana, guidata da una giunta di centrodestra. Sono 18, infatti, gli indagati in due distinti filoni d’inchiesta: in uno per corruzione, legato alla vendita di aree pubbliche e di palazzi comunali, è indagato lo stesso sindaco Brugnaro, assieme al capo e al vice del suo gabinetto, Morris Ceron e Derek Donadini. Nell’altro filone, con le ipotesi di corruzione, autoriciclaggio e falsa fatturazione, è stato arrestato l'assessore Boraso. Oltre a lui, è finito in carcere è finito l’imprenditore edile Fabrizio Ormenese, mentre i domiciliari sono stati disposti per altri 7 indagati, compresi alcuni funzionari comunali e di partecipate pubbliche. Inoltre, i finanzieri avrebbero eseguito sequestri preventivi di beni per un controvalore di un paio di milioni di euro.

L’indagine sui terreni e le intercettazioni

Nel 2021, in procura è arrivato un esposto relativo all'uso di alcuni terreni alla periferia di Venezia. L’anno seguente, secondo quanto riferito ieri dal procuratore capo Bruno Cherchi, sono partite le indagini. «Abbiamo iniziato con le intercettazioni - ricostruisce il capo della procura - per poi passare ai riscontri documentali grazie all’attività della Guardia di finanza». Infine, ieri mattina, «con ordinanza del Gip abbiamo dato il via alle misure cautelari e alle perquisizioni in abitazioni e uffici perché eravamo a conoscenza, attraverso le intercettazioni, del fatto che Boraso stava distruggendo i documenti». Per il gip, l’assessore «ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati». Secondo il procuratore Cherchi, si sarebbe «messo a disposizione, da assessore ma con le sue svariate società, per attività che nulla avevano a che fare con la pubblica amministrazione, facendosi pagare con fatture per prestazioni inesistenti in modo ripetuto».

Boraso, sostiene ancora il capo dei pm, «interveniva su appalti e servizi e modificando piani comunali a favore di diversi imprenditori, che poi lo pagavano». Sono 11 gli episodi contestatigli: i primi risalgono al 2015 e uno riguarderebbe la vendita al ribasso di Palazzo Papadopoli. All'epoca Boraso era assessore al Patrimonio e, secondo le accuse, si sarebbe fatto consegnare 73.200 euro dagli emissari dell'acquirente asiatico come due fatture della sua società “Stella consulting” per consulenze inesistenti, nel 2017 e nel 2018; cifre poi girate ad altre due sue aziende, la “Boraso Agricola” e la “ESA 2000” e a un suo conto come «anticipo dividendi». La cessione di Palazzo Papadopoli, secondo i pm, sarebbe stata concordata dal sindaco Brugnaro, Ceron e Donadini con un imprenditore di Singapore, Chiat Kwong Ching, e col suo rappresentante in Italia la cessione al prezzo di 10 milioni e 800mila euro, inferiore al valore effettivo di 14 milioni.

Brugnaro e l’area dei “Pili”

Ma il sindaco sarebbe finito sotto la lente della Finanza pure per le trattative di vendita allo stesso Ching della cosiddetta area dei «Pili», che si affaccia sulla laguna di Venezia (e di cui si era occupata l’anno scorso anche una puntata del programma Rai Report). Le Fiamme gialle hanno svolto accertamenti sul blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, riportata nel decreto di perquisizione al vicecapo di gabinetto Donadini, in ballo ci sarebbe stato un versamento di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione», oltre «all’adozione di tutte le varianti urbanistiche necessarie» per «l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348.000 mq che sarebbe stato approntato e presentato da una società di Ching».

Il sindaco respinge le accuse: sono esterrefatto

Una ricostruzione che però Brugnaro respinge, dicendosi «esterrefatto», perché «so di aver sempre svolto l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici». E, rispetto alla vicenda dei Pili, aggiunge sui Pili precisa: «Era un’area già edificabile da prima della mia amministrazione. L’ipotesi che abbia agito sull’edificabilità è infondata».