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Puglia. La barca a vela dei 112 migranti. Ma è "giallo" sulla nave madre

Antonio Maria Mira martedì 9 marzo 2021

L'approdo in Puglia

In 112 ammassati in una barca a vela di una decina di metri, in piedi, uomini, donne e perfino 31 minori, in gran parte bambini. Sono arrivati così ieri nel porto di Santa Maria di Leuca, cittadini di Iran, Iraq e Siria, molte famiglie, provenienti dalla Turchia. Una scena che, fatte ovviamente le debite proporzioni, ha ricordato gli sbarchi proprio trent’anni fa, tra il 7 e l’8 marzo 1991, degli albanesi nei porti pugliesi. Ne arrivarono 27mila in due giorni, numeri decisamente maggiori, ma anche allora viaggiavano ammucchiati sui ponti delle navi. Proprio come ora. Infatti molti sono stati trovati in un forte stato di ipotermia, per il viaggio all’aperto. Ma ci sono forti dubbi che abbiamo fatto in quelle condizioni tutto il lungo viaggio, che può durare anche 5 giorni.

Il sospetto degli investigatori è che parte del tragitto sia stato fatto su una barca più grande, una “nave madre”, per poi essere trasbordati sulla piccola barca a vela solo per le ultime miglia. Non sarebbe la prima volta. La rotta dalla Turchia e dalla Grecia è sempre più affollata, sia verso le coste joniche calabresi che verso quelle del Salento, con alcuni recenti episodi anche sul- le coste della Campania. La conferma di un’organizzazione ben strutturata che dispone di mezzi e uomini, in gran parte dei Paesi dell’Est, soprattutto russi e ucraini, come i due fermati ieri col sospetto di essere gli scafisti. Gli immigrati sono pachistani, afghani, siriani, iracheni e iraniani, ma ci sono stati anche arrivi di gruppi egiziani. I trafficanti dimostrano così di essere capaci di spostare le rotte a seconda delle stagioni e dei rischi.

Così, di fronte alle maggiori difficoltà lungo la rotta balcanica terrestre, nell’ultimo anno ha ripreso forza quella con le barche soprattutto a vela, che partono da porti greci e turchi. Nel 2020 sulle coste pugliesi, soprattutto Salento, sono arrivate più di 1.200 persone, in una trentina di sbarchi. Quest’anno siamo già a 140 persone in due sbarchi. Una rotta decisamente importante. Ricordiamo che sempre dalla Grecia e dalla Turchia lo scorso anno sono arrivati sulle coste calabresi joniche più di 2.500 immigrati. Eppure né questi e tantomeno gli sbarchi pugliesi sembrano fare notizia.

Anche se è evidente l’organizzazione alle spalle. I dubbi di quest’ultimo arrivo sono rafforzati da altri episodi. Il 24 ottobre lo scafista di una barca che portava 9 siriani è stato prelevato al largo da un’altra imbarcazione, lasciando da soli gli immigrati. Così il giorno dopo due scafisti hanno abbandonato 28 persone davanti alla costa di Nardò. Inoltre una decina di volte gli immigrati sono stati trovati già a terra, mentre delle barche che li trasportavano non si è trovata traccia. Evidentemente dopo averli “scaricati”, gli scafisti si sono allontanati. Una strategia ben diversa da quella libica dove le barche sono “a perdere”, gommoni e “carrette” del mare. In Adriatico le barche devono arrivare e anche per questo i trafficanti si fanno pagare di più. Meno rischi per gli immigrati ma lo sfruttamento c’è sempre. E nel silenzio generale.