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L'addio. L'ultima consegna del Cav a Forza Italia: saldamente ancorati al governo

Marco Iasevoli lunedì 12 giugno 2023

La "rivoluzione" è avvenuta proprio mentre stava per concludersi il ricovero di fine marzo di Silvio Berlusconi. Sondate le preoccupazioni della famiglia, e della primogenita Marina in particolare, il leader di Forza Italia ha dato vita a una ristrutturazione del partito strettamente finalizzata a rafforzare il rapporto tra FI e il governo di Giorgia Meloni. Con la sostituzione del capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo con Paolo Barelli, vicino al coordinatore del partito Antonio Tajani, e con il depotenziamento del ruolo politico della presidente dei senatori Licia Ronzulli, in sostanza il Cav ha dato al partito la linea da tenere sino alle Europee: nessun deragliamento dalla maggioranza di destra-centro e perseguire il tentativo di un'alleanza a Bruxelles tra Ppe e Conservatori. A sigillo di questo indirizzo politico, la conferma dei finanziamenti della famiglia Berlusconi a Forza Italia. E per consolidare la linea, Berlusconi negli ultimi mesi si è anche astenuto dall'esprimersi sulla guerra in Ucraina: le sue posizioni accomodanti verso la Russia di Putin, e pesanti contro la leadership di Zelensky, avevano infatti creato gravi imbarazzi sia a Giorgia Meloni sia nel Ppe.

Cosa però accadrà dopo le Europee in Forza Italia è tutto da vedere. Il partito, che con varie oscillazioni non è mai crollato del tutto nelle competizioni nazionali e territoriali, vive una evidente frattura interna. Gli eredi dell'anima berlusconiana di FI sono ben pochi, mentre da tempo sono ben visibili due aree politiche sinora unite solo dal carisma del leader. L'area che guarda a destra, e che non è insensibile nemmeno ai progetti di "partito unico" con Giorgia Meloni. E l'area che si sente più ancorata all'indirizzo europeo del Ppe, che coltiva valori liberali e "centristi" e che non disdegna il dialogo con il centrosinistra: un'area, quest'ultima, che alle recenti elezioni nazionali ha perso pezzi importanti come Gelmini e Carfagna, passati in Azione. Insomma, il dopo-Berlusconi è un'eredità politica ed elettorale contesa, al momento, tra la premier e il duo Calenda-Renzi. Ma non si può escludere che da qui alle Europee altri soggetti, anche del tutto nuovi, provino a inserirsi nel vuoto politico che lascerà l'ex presidente del Consiglio.

La possibilità che FI resti unita dipende sostanzialmente da due fattori strettamente intrecciati: la leadership di Antonio Tajani, che ora sarà chiamato a muoversi formalmente da capo politico, e la volontà della famiglia Berlusconi di continuare a impegnarsi economicamente in un progetto politico. Tra i due fattori, quello preponderante è oggettivamente il secondo.

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