Attualità

Migranti. L’Ue: i salvataggi, obbligo morale
. Il "no" di Norvegia, il "sì" di Parigi

Daniela Fassini venerdì 4 novembre 2022

Anche la Norvegia, dopo la Germania prende le distanze e risponde all’Italia sulle due navi Ong battenti bandiera del suo Paese (la Ocean Viking di Sos Mediterranee e la Geo Barents di Medici senza frontiere) tenute al largo da Roma. «La Norvegia non ha alcuna responsabilità - si legge nella lettera in risposta al governo italiano inviata dall’ambasciata norvegese - in riferimento alle convenzioni sui diritti umani o del diritto del mare per le persone imbarcate a bordo di navi private battenti bandiera norvegese». La responsabilità, scrivono i norvegesi, spetta al Paese titolare dell’area Sar. In questo caso la Libia: ma trattandosi di un Paese non sicuro, la responsabilità spetta ai Paesi confinanti (Italia e Malta).

Ma il braccio di ferro con la Germania continua. E ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani è tornato a replicare. «Abbiamo chiesto soltanto il rispetto delle regole, lo abbiamo fatto in maniera ufficiale, con grande garbo ma anche con grande fermezza- ha precisato - Con un Paese amico e grande interlocutore come la Germania dobbiamo collaborare tantissimo, poi quando c’è da dare qualche messaggio, soprattutto sul tema dell’immigrazione, lo facciamo con determinazione, ma per garantire il rispetto delle regole. Abbiamo chiesto che le navi delle Ong rispettino le regole europee quando salvano qualcuno in mare e poi chiedono di attraccare nei porti più vicini».

Sulla vicenda delle tre navi Ong bloccate al largo dall’Italia è intervenuta anche la Commissione europea. La gestione dei flussi è da anni al centro di scontri e polemiche. Da un lato l’Italia frena sullo sbarco dei migranti soccorsi in mare dalle navi Ong , dall’altro l’Ue sottolinea la necessità che i salvataggi avvengano il più rapidamente possibile.

«È un obbligo morale e legale per gli Stati membri salvare persone in mare» ha detto una portavoce della Commissione Ue riferendosi alle tre navi Ong in balia di una decisione politica che non arriva. Quasi mille migranti su Ocean Viking, Geo Barents e Humanity 1 sono che al largo della Sicilia, fuori dalle acque italiane, senza un porto che il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, non ha ancora concesso. Mentre Sos Mediterranee, che gestisce la Ocean Viking, si rivolge a Spagna, Francia e Grecia per poter sbarcare, visto il fermo no di Italia e Malta.

Per quanto riguarda invece il meccanismo temporaneo di solidarietà - che può essere utilizzato per i migranti bloccati sulle tre navi - è stato concordato nel giugno scorso su iniziativa della presidenza di turno francese per rispondere alle difficoltà migratorie degli Stati membri di primo ingresso che si affacciano sul Mediterraneo: in particolare Spagna, Italia e Grecia. A firmarlo sono stati 18 Paesi dell’Ue - tra cui l’Italia - e tre Paesi associati. Non hanno aderito al piano di ricollocamento Polonia, Ungheria, Austria, Danimarca, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Slovenia e Svezia.

E proprio la Francia si è detta "pronta ad accogliere" i 234 migranti soccorsi nel Mar Mediterraneo dalla nave Ocean Viking "come ogni Paese". Parole del ministro della Solidarietà Jean-Christophe Combe, che ha sottolineato che si tratta di una "questione di umanità". "Deve esserci un porto in Europa o in Francia che possa accoglierli, che possa curarli - ha proseguito Combe -. Non li lasceremo morire in mezzo al Mediterraneo, non li lasceremo andare alla deriva".

Intanto cresce l’ansia e il nervosismo a bordo delle tre navi Ong. Nelle prossime ore è previsto maltempo e mare in tempesta e le condizioni a bordo per i quasi mille migranti diventano sempre più difficili da gestire. «Le 179 persone a bordo della Humanity 1 hanno urgente bisogno di un posto sicuro! - lancia l’appello la ong Sos Humanity - le condizioni di salute dei naufraghi stanno peggiorando. A causa delle temperature fredde di notte si sta diffondendo la febbre a bordo. I test Covid sono comunque negativi». Anche dalla Geo Barents, con 572 persone a bordo da una settimana le condizioni si fanno sempre più difficili. «Queste persone dormono per terra e mangiano cibo liofilizzato. Abbiamo dovuto razionare l’acqua delle docce per la prima volta - racconta Candida Lobes di Msf da bordo della nave - Abbiamo persone vulnerabili: donne incinte, bambini e minori non accompagnati. Ne abbiamo più di 60. La bambina più piccola ha 11 mesi». Sono uomini, donne e bambini che hanno passato mesi e anni nelle carceri libiche, subendo violenze e abusi. «L’unica cosa di cui hanno bisogno immediatamente è sbarcare in un posto in cui sentirsi di nuovo al sicuro».