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Intervista. Casini: «I democratici americani hanno esagerato sulla cultura woke»

Eugenio Fatigante giovedì 7 novembre 2024

Nelle dichiarazioni di voto di quelli che chiama «i “billionaire” di Hollywood» Pier Ferdinando Casini dice di aver visto il presagio della sconfitta dei democratici Usa: troppe, evidentemente, le distanze dalle esigenze più sentite dalle masse popolari. Al telefono dalla Cina, dove si trova per un’iniziativa parallela alla visita del presidente Mattarella, il senatore e già presidente della Camera indica un’altra causa negli eccessi della “cultura woke” («Il troppo stroppia»), non scommette su novità immediate per la guerra in Ucraina e spera, a questo punto, in uno scatto della Ue in risposta ai nuovi equilibri mondiali, per uscire da quello che definisce «un infantilismo politico».

Casini, cosa ci insegna questo voto americano? Il voto insegna che la democrazia è una cosa meravigliosa: decide il popolo e uno vale uno. Il risultato può piacere o dispiacere, ma va comunque rispettato perché è la volontà degli americani.

Quattro anni fa con la sconfitta di Donald Trump si diceva che il sovranismo era finito alle corde. Nel 2024 invece è di nuovo forte, negli States come in Europa. Quale lezione si può ricavarne?

È giusto ricordare che appunto il sovranismo di Trump segna una netta discontinuità con la tradizione conservatrice repubblicana. Così come in Italia la destra che governa ha segnato una netta discontinuità con Berlusconi e con Fini. Bisogna però riconoscere una cosa: che nel reinventarsi la destra è stata più capace di interpretare i malumori crescenti della popolazione. Per ora siamo alla “capacità di intercettare”, perché ben altra è la possibilità di risolvere quelle questioni che stanno davvero a cuore alla gente. In poche parole, io credo che difficilmente le grandi aspettative suscitate troveranno risposta nei fatti. Ma naturalmente questo oggi nessuno è in grado di saperlo, “lo scopriremo solo vivendo”.

In qualche modo Trump ha spostato il senso del limite in politica e ha seguaci anche fuori degli Usa, è quasi un’icona mondiale. Cosa rappresenta nella politica internazionale?

Che Trump sia un’icona non c’e dubbio e che oggi stia plasmando su basi nuove il conservatorismo mondiale, altrettanto. Tra l’altro il suo profeta oggi è Elon Musk, che conta molto di più di tutta la sua squadra elettorale. Chiediamoci che cosa questo significa e le conseguenze che comporterà. Altro che l’agricoltore dell’Ohio!

L’errore dei dem negli Usa, e della sinistra in genere nel mondo, non è quello di trattare con disprezzo l’elettorato di parte avversa?

In quanto a disprezzo, Trump su questo terreno non ha rivali, non credo che sia questo l’errore principale. In verità i democratici americani sono parsi incerti tra la continuità con l’amministrazione uscente e una campagna più accentuata sui diritti. E poi le dichiarazioni di voto dei “billionaire” di Hollywood hanno fatto opinione più sulle elites che sul popolo.

Harris ha impostato in larga parte la sua campagna sui cosiddetti diritti civili. La sua sconfitta prova che si dà loro troppo peso, negli Usa come da noi?

Le espressioni woke hanno certamente finito col favorire la destra: il troppo stroppia. Harris lo ha capito, ma ormai la marcia era innestata.

Pensa che Trump ora abbandonerà in parte l’Ucraina?

Non credo che sia tutto così semplice.

Lei è ora in Cina. Come vede l’evoluzione dei rapporti con Pechino nella nuova era Trump?

La Cina ha apprezzato certe dichiarazioni di Trump su Taiwan, ma teme fortemente la politica dei dazi. E forse dovremmo temerlo anche noi in Europa.

Della premier Meloni aveva colpito la sintonia col dem Joe Biden. La vittoria di Trump sarà o no un “vantaggio” per Palazzo Chigi?

Meloni si era intelligentemente posizionata con l’equilibrio che deve avere il capo del governo. Aveva sintonia con Biden, ma si è anche fatta premiare da Musk. Non credo che avrà particolari problemi.

A proposito di dazi: Trump li minaccia anche contro l’Europa. Pensa che l’Ue saprà reagire a una sola voce o teme il fatto che ogni Stato vada a cercare una sua via d’uscita in un rapporto privilegiato con Washington?

Temo esattamente la seconda cosa.

Per chiudere, è più rasserenato o preoccupato dall'esito di questo voto?

Mi ero preparato per tempo a questa eventualità: penso che a volte da un presunto male può nascere un bene. In questo caso riguarda l’ Europa, che finalmente deve assumersi le sue responsabilità ed uscire da uno stadio di infantilismo politico.