L'intervista . Rehza Palavi: «Gli ayatollah sono una parentesi, l'Iran ritornerà laico»
Rehza Palavi ha 63 anni e vive negli Stati Uniti
Figlio maggiore dell’ultimo Scià di Persia detronizzato dagli Ayatollah, dal 1979 Rehza Palavi - oggi 63 anni - vive in esilio negli Stati Uniti, dove ha la cittadinanza. Ad aprile è stato a Roma per incontri politici e diplomatici. A un anno dall’inizio della rivolta delle giovani e dei giovani iraniani, condotta al grido di «donna, vita e libertà», l’ex principe ereditario spiega ad Avvenire la sua visione di Iran laico e democratico.
Lo status delle donne in Iran durante la monarchia Pahlavi era simile a quello dell'Occidente. Un'occidentalizzazione che forse una parte della popolazione ha vissuto come una forzatura, favorendo paradossalmente la rivoluzione khomeinista. Oggi molti rimpiangono lo Scià. Come è stato possibile cancellare e distruggere decenni di progresso?
La rivoluzione del 1979 fu, innegabilmente, una ferita autoinflitta di proporzioni enormi per la nazione iraniana. E le donne furono tra le prime e principali vittime. Le cause sono state molteplici: dall'incapacità del governo di promuovere il progresso e il successo del Paese, alla minaccia delle forze islamiste e marxiste durante la guerra fredda e in un Paese confinante con l'Unione Sovietica. Cause che hanno dato l'opportunità ad attori esterni di intervenire. Ma la mia attenzione è sempre stata rivolta al futuro. Possiamo imparare dal passato, ma non dobbiamo esserne ossessionati. Per fortuna, la generazione di oggi ha imparato dagli errori dei propri genitori e conosce la strada giusta da seguire, apprezzando e cercando di ricreare il progresso del nostro passato.
Però le manifestazioni di piazza dello scorso settembre non sembrano aver destabilizzato la Repubblica islamica. L'Occidente può fare di più? E quale ruolo intende svolgere Reza Pahlavi?
Le rivoluzioni richiedono tempo. Non ho dubbi che i miei connazionali riusciranno nella loro missione di liberazione dell'Iran. Tuttavia, abbiamo ancora bisogno di un maggiore sostegno internazionale alla loro causa. Il modo in cui l'Occidente ha intrapreso un'azione immediata e senza precedenti per respingere l'invasione di Putin in Ucraina è un esempio del tipo di azioni che dobbiamo vedere nei confronti della Repubblica islamica. Questo è particolarmente vero in un momento in cui vediamo le nazioni occidentali cedere al ricatto del regime e tornare alla loro fallimentare strategia di appeasement. Il mio ruolo? Ho sempre detto che offro ai miei connazionali una visione di ciò che potrebbe essere la nostra nazione. Sono al loro servizio e al servizio del loro movimento per il ritorno alla sovranità nazionale e a elezioni libere ed eque. Questa è la mia unica missione nella mia vita politica.
L'Iran affonda le sue radici culturali nell'antica cultura persiana. È anche per questo che gran parte degli iraniani è infastidita dall'arabizzazione del Paese, estranea all'Iran e imposta dagli ayatollah?
Gli iraniani sono frustrati dalla dittatura religiosa imposta. Questo non deve essere frainteso come un odio per l'Islam nel suo complesso o per la religione o per gli arabi. Gli iraniani sono abbastanza sofisticati da onorare la nostra antica eredità pre-islamica e lottare per una società laica che promuova quei valori e quella cultura senza essere anti-arabi o contro l’islam o la religione in generale. Abbiamo ancora una parte significativa del nostro popolo che è credente. Come ho sempre detto, la religione è una questione privata. Per me, tutti gli iraniani sono uguali e la legge e la società dovrebbero trattarli in questo modo, nel quadro di un governo e di una società in cui religione e Stato sono separati, a condizione che non cerchino di imporre le loro opinioni agli altri.
Cristiani, ebrei, zoroastriani – in Iran tutte religioni preesistenti all'Islam - sono minoranze riconosciute dalla Costituzione
islamica, che però subiscono profonde discriminazioni. I Bahai poi sono apertamente perseguitati. È concepibile la realtà di un Iran laico, tollerante e aperto, come ad esempio in Giordania?
Non solo è concepibile un Iran laico, tollerante e aperto, ma è quello che siamo stati storicamente. La Repubblica islamica è una parentesi nella nostra storia che dobbiamo chiudere. L'odio, la discriminazione e la segregazione sono estranei a noi iraniani. Non fa parte del nostro patrimonio, della nostra storia e del nostro stile di vita. Gli iraniani hanno vissuto fianco a fianco in pace, come cittadini uguali, per migliaia di anni, nonostante le differenze di fede, lingua, tribù o regione. Questo è ciò che rende unica la nostra nazione. Attendo con ansia il giorno in cui gli iraniani non saranno più considerati "minoranza" o "maggioranza" per il loro status religioso o di altro tipo, ma saranno invece, ancora una volta, visti come cittadini uguali.
Poi c’è il nodo dell’accordo sul nucleare iraniano: Trump ne era uscito, Biden ha cercato di ricucire, ma ora l’Iran fornisce alla Russia i droni per bombardare l’Ucraina. Un altro rischio per i fragili equilibri del Medioriente?
Fin quando l’Europa e il resto del mondo non si sveglieranno di fronte alla realtà - e cioè che per tutto il tempo in cui la Repubblica islamica sarà al potere continueranno le minacce e il terrore - nulla cambierà. Dai droni che attaccano gli ucraini, alle minacce contro i giornalisti britannici, ai complotti contro i dissidenti in tutto il continente, a molto altro ancora, la Repubblica islamica continuerà il suo terrore contro il mondo. È una forza del caos e finché non se ne andrà, il caos continuerà.