Attualità

Ambiente. C’è un inceneritore che allarma Torino, le famiglie in rivolta

Fabrizio Floris sabato 28 aprile 2018

È un tranquillo sabato casalingo quando il signor Paolo residente nel popolare quartiere di Mirafiori a Torino legge i risultati delle analisi di sua figlia effettuate dai medici dell’Isde (International society of doctors for environment, l’Associazione italiana medici per l’ambiente, ndr) e per poco «non cadevo dalla sedia» racconta: dal 2013 quando è stata fatta la prima analisi (prima che fosse acceso l’inceneritore del Gerbido) è stato trovato negli anni seguenti nelle unghie di mio figlio «+200% di allumino, +1000% di arsenico, +50% di cromo, +100% di vanadio, ma ci sono anche percentuali di uranio, torio, selenio, nichel, antimonio e tallio certo sono (micro) grammi, ma anche l’eroina è in grammi».

Pietro è uno dei 270 bambini sui quali è stata effettuata una ricerca per comprendere gli effetti sulla salute connessi alla presenza dell’impianto di incenerimento dei rifiuti del Gerbido. Un’analisi i cui risultati sono ancora in fase di elaborazione, ma i genitori sono preoccupati. «È vero, prosegue Paolo, che secondo Trm (la società Trattamenti Rifiuti Metropolitani a capitale misto, pubblico e privato, che gestisce l’inceneritore di Torino) i valori rientrano nella norma (fatta eccezione di 299 anomalie rilevate dall’Arpa che anno portato ad identificare 114 notizie di reato) ma facciamo fatica a capire cosa significano e quali possono essere le conseguenze per la salute negli anni».

La percezione del problema è ridotta perché "l’aria" non si vede: l’essenziale del pericolo è invisibile agli occhi (ma non alle cellule), ma anche perché le modalità comunicative di tutti gli enti coinvolti nell’impianto (Trm, Arpa, Comitato di Controllo) non sono comprensibili se non agli addetti ai lavori, anzi inducono in errore (o confondono) il lettore. Le emissioni sono indicate con quantità giornaliere in microgrammi per metro cubo quando potrebbe essere indicato più chiaramente in chili giornalieri, mensili e annuali così da far comprendere cosa respireranno gli abitanti prossimi all’impianto oggi e per i prossimi 20 anni. In nessun settore avviene una comunicazione di questo tipo infatti se una petroliera affonda nell’oceano non si comunica che sono state ritrovati 0,0003 mg di petrolio per m3 di acqua, ma che sono state riversate in mare 30.000 tonnellate di petrolio; a Torino non si dice che vive in strada solo lo 0,2% della popolazione torinese, ma che ci sono 2 mila persone senza dimora oppure nel Mediterraneo sono morti nel 2017 tremila migranti non lo 0,00000002 degli abitanti dell’Africa è morto nel Mediterraneo.

Tuttavia, i genitori che hanno letto i risultati sono preoccupati. La signora Alessandra la cui figlia è iscritta alla scuola Salvemini sta pensando di spostarla in una scuola fuori quartiere: «nelle unghie di mia figlia sono stati ritrovati 70mg di mercurio, 120mg di alluminio, 3,9 di bario e vorrei che qualcuno mi spiegasse gli effetti di queste sostanze che mia figlia costantemente riceve in dono (trasfusioni di metalli) e per giunta da un impianto di proprietà pubblica». Tutte le sostanze ritrovate producono, secondo l’organizzazione mondiale della sanità «morti premature, problemi respiratori e cardiovascolari, effetti a livello circolatorio, sull’apparato riproduttivo e a livello del sistema nervoso centrale danneggiando il software che regola l’attività dei nostri geni». Una ricerca dell’università catalana fatta sui bambini di 39 scuole nell’area urbana di Barcellona dimostra, dati alla mano, che «l’inquinamento atmosferico ha effetti neurotossici sullo sviluppo dei bambini e determina effetti di compromissione cognitiva».

In sintesi i bambini che vanno nelle scuole più vicine a fonti di inquinamento rispondono in «modo rallentato rispetto ai coetanei delle scuole meno inquinate ed hanno uno sviluppo cognitivo più basso». Come spiega, Paul Collins, autore di Judgement Day, Struggle for Life on Earth ("Il Giorno del Giudizio. La lotta per la Vita sulla Terra") il rischio è che «malgrado la nostra incapacità di prevedere il futuro in dettaglio… noi saremo odiati dai nostri nipoti, dai nostri pronipoti e da tutti quelli che verranno per una ragione molto semplice: non era mai successo prima che gli esseri umani sfruttassero, danneggiassero, degradassero la terra fino a questo punto. Nessun’altra generazione si è macchiata del crimine che la nostra generazione ha commesso».

L’azienda Trm: «Il termovalorizzatore non ha creato alterazioni della qualità dell’aria»

«Trm non entra nel merito delle analisi effettuate da parte dell’Isde» rispondono dall’impianto del Gerbido. La valutazione delle analisi effettuate, sottolinea la società a capitale misto - pubblico e privato - che gestisce l’inceneritore di Torino, «è di competenza di altri enti accreditati che potranno rilevare e definire se tale studio ha o meno valore scientifico». Trm segnala inoltre che la Città Metropolitana di Torino - per tutelare al massimo la popolazione prima e dopo l’avvio dell’impianto - ha avviato «dal 2012 un importante e innovativo programma di sorveglianza sanitaria sulla popolazione residente nell’area intorno all’impianto». Per il progetto di monitoraggio è stato creato un gruppo di lavoro composto da Arpa Piemonte, Servizio di epidemiologia, Asl To1, Asl To3 e l’Istituto superiore di sanità. Questo progetto - chiamato "Spott" - ha l’obiettivo di analizzare l’evoluzione della salute sul lungo periodo di un campione rappresentativo della popolazione (e dei lavoratori dell’impianto) prima e durante il funzionamento del termovalorizzatore. «A questo proposito – aggiungono – evidenziamo che tutti i risultati finora pubblicati sono più che confortanti». L’ultimo rapporto di Spott (che risale a marzo 2018) riguarda anche l’analisi effettuata su 35 lavoratori dell’impianto. «Gli addetti al termovalorizzatore non presentano contaminazioni da metalli» si legge nel documento pubblicato online. «Dopo tre anni dall’entrata in funzione, i livelli di metalli rilevati nelle urine degli addetti alle lavorazioni del termovalorizzatore sono tutti sotto i limiti di esposizione professionale – prosegue il report – Questi dati sono ulteriormente confermati dalle rilevazioni ambientali in impianto che mostrano concentrazioni di metalli in aria inferiori al limite di rilevabilità strumentale e quindi non evidenziano la presenza di un’esposizione professionale» . Analizzando i risultati a tre anni dall’assunzione, si riscontra che la maggior parte dei metalli indagati presenta concentrazioni significativamente più basse di quelle osservate precedentemente. Fanno eccezione il manganese, il platino e l’antimonio per cui i valori dell’ultimo sono più alti dei valori iniziali; «questo trend in aumento – proseguono – è verosimilmente da attribuirsi a esposizioni complesse relative sia all’ambiente sia allo stile di vita».
L’impianto, sostiene Trm, «non ha prodotto alterazioni della qualità dell’aria di Torino e dintorni».