Il caso. «Basta frasi violente nella musica trap»: ecco gli artisti che si “ribellano”
Qualcosa si sta muovendo dal punto di vista culturale nei confronti dei testi sessisti e violenti nella musica, specie nella trap, amata dai giovanissimi, che del linguaggio duro ha fatto la sua cifra stilistica.
Sinora però chi osasse criticare un linguaggio così esplicito rivolto ai ragazzini, veniva tacciato come censore da parte di un’industria musicale che dai milioni di streaming e visualizzazioni dei trapper (che spesso si autoproducono) guadagna fior fior di quattrini, mentre gli stessi artisti vengono osannati dalla critica specializzata che, al pari delle major, è in mano essenzialmente al mondo maschile.
La recente condanna di Simba La Rue e Baby Gang per rissa, rapina, lesioni e possesso illegale di armi da fuoco, insieme all’arresto del rapper Shiva hanno dimostrato come la narrazione della vita criminale di questi artisti non sempre sia solo quella “fiction” che spesso viene invocata a difesa delle critiche rivolte a questi ragazzi. Ma la goccia che ha fatto davvero traboccare il vaso è stata l’assassinio di Giulia. Non che la morte della studentessa padovana sia direttamente correlata alla musica trap, ma la presa di coscienza del movimento #meetoo e l’emergenza femminicidi, specialmente in Italia, rende ancor più stridenti certe prese di posizione maschiliste e violente, francamente insopportabili alle orecchie di una donna.
E non solo, se le proteste dei cittadini di Ladispoli hanno spinto il sindaco Alessandro Grando a cancellare il Capodanno, ospite Emis Killa nell’occhio del ciclone per le frasi del suo brano 3 messaggi in segreteria. Il trapper si difende dicendo che si tratta di «storytelling» ispirato alla realtà, poiché il brano racconta la storia dal punto di vista di uno stalker. A sua difesa è sceso in campo anche Ghali che giustifica il genere trap (a cui è appena ritornato col nuovo album Pizza e kebab) sostenendo che nessuno ha mai ucciso perché ha visto farlo in un film. Il tema è particolarmente caldo anche perché, nelle stesse ore in cui veniva ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, l’album più ascoltato in Italia era X2VR, il nuovo disco di Sfera Ebbasta che contiene alcuni dei versi criticati.
Il sasso nello stagno lo ha lanciato l’attrice impegnata Cristiana Capotondi che, ospite di In altre parole di La7, ha tirato in causa la musica trap che contribuirebbe ad alimentare la cultura sbagliata che porta ai femminicidi: «Come viene trattata la donna nella trap? Di cosa ci sorprendiamo dunque se un giovane di 23 anni considera una donna di 22 anni un oggetto tale per cui poi le toglie la vita?». Le sue parole hanno scatenato una reazione online, fra i trapper e tra le istituzioni musicali e non, fra chi concorda con lei e chi, invece, difende la musica trap inquadrando i suoi testi come finzione. In particolare, il Codacons ha lanciato un appello alle radio, a YouTube e a Siae «affinché boicottino i brani di rapper e trapper che contengono frasi violente o aggressive verso le donne – spiega il presidente Carlo Rienzi -. Ogni giorno le emittenti radiofoniche nazionali trasmettono brani di artisti molto in voga tra i giovani, infarciti di frasi con riferimenti espliciti contro le donne, in grado di alimentare odio e violenza e incentivare aggressioni e gesti estremi. Canzoni che vengono regolarmente registrate alla Siae e pubblicate anche su piattaforme internazionali come Youtube».
«Certa trap violenta e sessista propone dei contenuti decisamente primordiali che caratterizzano queste canzoni, dove viene annullata spesso qualunque dignità della persona e dove c’è sopraffazione – spiega ad Avvenire Antonio Affinita, direttore generale Moige -. Sono dinamiche preoccupanti per i nostri ragazzi. L’adolescenza è il periodo dove i ragazzi vivono un distacco concettuale e valoriale con la famiglia. I loro personaggi preferiti diventano idoli ed è una dinamica su cui i genitori hanno le armi spuntate. Non si può riversare la responsabilità sui genitori, e nemmeno usare toni censori. La libertà di parola va sempre garantita, ma va anche sempre salvaguardata la tutela di minori, sotto i 18 anni occorre mettere limiti. Però – aggiunge - non vogliamo dare esclusivamente responsabilità ai rapper e ai trapper, ma anche al sistema televisivo. La donna è abusata strutturalmente dal sistema mediatico, ed è inaccettabile e diseducativo per i ragazzi».
Il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, ha sollevato interrogativi critici sulla responsabilità delle major discografiche riguardo ai testi delle canzoni rap e al loro impatto sulla società: «Non sopporto che si faccia business su queste cose: la tolleranza in merito dovrebbe finire». La Siae replica di accogliere «con favore l'invito del sottosegretario Gianmarco Mazzi per avviare un dialogo costruttivo tra tutti i soggetti dell'industria musicale italiana sul tema dei testi violenti, razzisti e omofobi, convinta che sia urgente trovare un giusto compromesso tra l'intangibile libertà di espressione, come sancito dall'art.21 della Costituzione italiana, e la necessità di veicolare, soprattutto ai più giovani, messaggi positivi attraverso l'arte e la cultura».
Lo stesso direttore artistico del Festival di Sanremo, Amadeus, ha messo le mani avanti al recente Milano Music Week: «La protesta va bene ma la violenza no. Non ho mai censurato nessun testo, ma per la violenza quotidiana che viviamo dobbiamo fare tutti una riflessione, ci vuole un senso di responsabilità ed educazione generale, non bisogna dare la colpa a qualcuno, alla musica, alle istituzioni, alle famiglie, ma dare l’esempio». «Servono - ribadisce Amadeus - sensibilità e buon senso che ovviamente vanno portati nella musica, ma non vuole dire che un ragazzo non possa ascoltare un certo tipo di musica perché puntare il dito non serve a risolvere il problema più grande. Conosco rap e trap e non è tutto così, ci sono proteste e disagi che vengono raccontati con la musica perché non c'è possibilità di farlo altrove, ma ciò non giustifica la violenza contro le donne, anche a questi artisti dico: un po' di sensibilità». Intanto però il Codacons e l'Associazione Utenti dei servizi Radiotelevisivi scendono in campo con una denuncia contro la Rai e Amadeus dopo la notizia della partecipazione del trio emo-trap La Sad al Festival di Sanremo parlando di «una scelta inappropriata» visti «i testi decisamente inappropriati» del gruppo.
Per una discografica di lungo corso come Caterina Caselli, interpellata su Radio 2, «ci sono dei testi della trap che sono indicibili, inascoltabili, ma dobbiamo cercare di capire perché questi ragazzi dicono quelle cose. Il discorso è ampio ma la censura non è la strada secondo me. Come editore, io posso dire ”questo non lo pubblico” ed è successo, ma ci sarà qualcuno che lo farà, quindi bisogna andare a monte. Dobbiamo chiederci perché questi ragazzi parlano così, con quel disprezzo nei riguardi delle donne. C'è tanto lavoro da fare e bisogna riuscire ad ascoltarli. Ci vuole un grande impegno da parte di tutta la società, dalle istituzioni agli artisti, per prendere coscienza che il rispetto è importante, da persona a persona e che le donne non sono da meno degli uomini».
Per Renato Zero il problema ha le sue radici nelle famiglie: «Se un padre si rivolge alla madre e le dice “sei una zocc...” questa espressione viene raccolta dai figli e quando raggiungono un microfono ecco che questo diventa il veicolo involontario di una cattiva gestione di un atteggiamento che non si confà a un diciottenne o a un ventenne. Non dobbiamo essere noi a giudicare il ragazzo, dobbiamo andare presso le famiglie e la risposta - spiega - la troveremo sicuramente in quella sorta di non educazione». Preoccupata in quanto mamma di una bimba di 8 anni è la cantante Simona Molinari che invoca una regolamentazione: «L’arte deve essere libera, ma la libertà richiede responsabilità. Un bambino che sta formando il proprio pensiero critico, se vede immagini o ascolta parole di violenza penserà che è normale. Non sono per la censura, ma nel momento in cui ti rivolgi a ragazzi tra i 10 e i 15 anni non puoi dire certe cose, oppure occorre una protezione legislativa. Gli adulti devono mettersi una mano sulla coscienza, ma ahimè il potere del denaro ha preso il sopravvento».