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Medio Oriente e Ucraina. Il generale Graziano: «La Ue parli con una voce sola»

Angelo Picariello mercoledì 11 ottobre 2023

Il generale Claudio Graziano in una foto del 2013. Oggi presidente di Fincantieri, è stato comandante della missione Onu in Libano, capo di Stato maggiore dell’Esercito e capo di Stato maggiore della Difesa

«Un attacco pianificato lungamente, ma il terrorismo ci ha sorpreso mille volte. Non ci aspettavamo certo le Torri gemelle, così non era immaginabile un attacco massiccio da Gaza». Il generale Claudio Graziano, dall’anno scorso presidente di Fincantieri, conosce bene lo scenario dell’eterno conflitto medio-orientale dove è stato un grande operatore di pace, assumendo (dal 2007 al 2010) la guida della nuova missione Unifil, che ha garantito - e s’impegna per farlo anche in queste ore difficili - la cessazione delle ostilità fra Hezbollah e Israele dopo una guerra lunga e devastante nel Sud del Libano. «Hamas ha anche approfittato del fatto che la comunità internazionale fosse concentrata su Kiev e altri focolai di crisi nel Mediterraneo», dice. Ma, da presidente del Comitato militare dell’Unione Europea al momento dell’invasione russa, auspica ora che «la Ue continui a parlare a una voce sola, in Ucraina come in Medio Oriente». Anche l’obiettivo di una “pace giusta” a cui lavora la Santa Sede, «necessita di un’Europa compatta per ripristinare la sovranità nei territori occupati».

Come è stato possibile che un attacco così massiccio non sia stato intercettato dall’intelligence israeliana?

Le colpe vanno sempre cercate in chi porta un attacco, non in chi lo subisce. Il terrorismo usa da sempre la sorpresa e l’inganno, anche se lo fa ora con armi, mezzi e una crudeltà senza precedenti. Anche l’esplosione della guerra dello Yom Kippur nel 1973 sfruttò l’effetto sorpresa e un momento di crisi. Sorprendente fu l’attacco dell’Isis all’Iraq e parte della Siria. Ma, sconfitto il Califfato, non si poteva certo pensare di aver debellato le centrali terroristiche. L’obiettivo non è solo il controllo di Gaza e possibilmente di tutti i territori palestinesi, ma quello di portare la destabilizzazione, non solo in Israele, ma anche nei Paesi arabi coinvolti negli ancor timidi processi di pace.

Secondo lei quest’attacco può non essere solo farina del sacco di Hamas?

Vede, il terrorismo internazionale è inter-collegato, dall’Afghanistan è stato in grado di spingersi nel Sahel, in Niger con le implicazioni della Wagner, e in vari scenari del Mediterraneo. Hamas è un’organizzazione sofisticata, che ha agito sfruttando un momento di instabilità legato all’esplosione di diversi conflitti, compresi quelli in Nord Africa e Medio Oriente.

A proposito di Afghanistan, lei ha sempre definito un errore il ritiro da Kabul, dove lei ha guidato le forze multinazionali.

L’errore è consistito nell’andar via lasciando un esercito afghano ancora troppo debole per garantire la stabilità del Paese. Il risultato è stato il ritorno al potere dei Taleban, con gli effetti che vediamo.

L’apertura di questo nuovo fronte di guerra potrebbe alimentare una tendenza al disimpegno su Kiev?

Non deve accadere e non accadrà. Come ha detto il presidente Mattarella è necessario che l’Europa mantenga compattezza nel sostegno all’Ucraina. Putin non da oggi persegue con ogni mezzo, con armi non convenzionali e ibride (dai migranti bielorussi all’embargo del grando ucraino) l’obiettivo di tornare a un Impero russo 2.0, e dopo l’invasione dell’Ucraina che, con un portato di violenza inaudito ha causato circa 300mila morti, abbiamo capito che nulla sarebbe stato più come prima. Dopo questo orrore di proporzioni simili l’Europa deve continuare a parlare a una voce sola come avvenuto finora. Sarebbe una tragedia un’eventuale caduta di impegno per Kiev. Daremmo un messaggio a tutto il mondo che praticare l’illegalità e l’ingiustizia dà i suoi frutti. Gli impegni internazionali debbono darsi degli obiettivi e durare nel tempo fino al loro conseguimento.

Una difesa comune europea gioverebbe in questi due scenari di guerra?

L’esercito europeo era un’idea dei padri fondatori che la crisi ucraina ha fatto emergere come necessità. La Ue ha risposto in modo risoluto facendo uso di tutti i poteri di cui dispone, politico, economico, informativo e anche militare, sia pur allo stato embrionale. Un ruolo europeo per la sicurezza da esercitare d’intesa, non certo in contrapposizione, con la Nato, che - essendo un’alleanza difensiva - ha consentito di prevenire conflitti in Europa che infatti non ci sono mai più stati.

Che ruolo può svolgere l’Europa per la pace, con l’Onu paralizzato dai veti?

Può agire accanto alle Nazioni Unite, con un impegno pragmatico sui diversi scenari di crisi. La nuova Unifil, ad esempio, è una missione Onu promossa e sostenuta dalla Ue nel 2006 con una decisione che fu presa dal Consiglio d’Europa, coinvolgendo anche Paesi come l’Italia, la Francia, la Germania e l’Irlanda.

Far cessare le ostilità fra due Stati che non dialogano è un “miracolo” che si può ripetere al confine russo-ucraino?

Manca ancora la precondizione. Può non esserci dialogo, ma ci deve essere almeno la disponibilità a far tacere le armi per permettere ai negoziatori di agire. Serve una pace giusta, ossia con un ritorno della sovranità ucraina sui territori illegalmente occupati dalla Russia. Una pace ingiusta sarebbe invece un “fertilizzante” per una guerra successiva.

Anche il cardinale Zuppi ha parlato di pace giusta.

La salvaguardia dei civili e il ripristino dei diritti dell’uomo violati sono la premessa di una cessazione delle ostilità duratura, perché se la gente soffre ci sono le condizioni perché la guerra riparta. Bisogna lavorare in questa direzione, come si sta tentando di fare, ma sarà un processo lungo.

Riuscire a parlare con Pechino, Mosca, Washington e con la Ue non è già un risultato incoraggiante dell’iniziativa vaticana?

Lo è, anche perché, banalmente, le trattative vanno fatte con chi è nemico, con gli amici non ce ne sarebbe bisogno. Trovo importante, ad esempio, che Zelensky abbia parlato a lungo al telefono con Xi Jinping.

La Cina che ruolo può svolgere?

Bisogna capire quale sia il suo interesse reale per consolidarsi come potenza mondiale.