Giornata dell'ambiente. I giovani sul clima: ora basta parole
Istituita dalle Nazioni unite nel ’72, la Giornata dedicata all’Ambiente si celebra ogni anno il 5 giugno per diffondere e promuovere in tutto il mondo una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali. Il tema della Giornata di quest’anno sarà il “Ripristino degli Ecosistemi”, con l’obiettivo di prevenire, fermare e invertire i danni inflitti agli ecosistemi del pianeta, cercando dunque di passare dallo sfruttamento della natura alla sua guarigione. La Giornata lancerà ufficialmente il Decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino dell’Ecosistema, introdotto con la missione globale di far rivivere miliardi di ettari, dalle foreste ai terreni agricoli, dalla cima delle montagne alle profondità del mare. Secondo l’Onu, il ripristino dell’ecosistema può aiutare a proteggere e migliorare i mezzi di sussistenza, combattere le malattie, ridurre il rischio di disastri naturali e contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030. «Un recente rapporto del Programnma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) ha riscontrato che i benefici economici del ripristino degli ecosistemi sono sbalorditivi – si legge sul sito della Giornata –. Da oggi al 2030, il ripristino di 350 milioni di ettari di ecosistemi terrestri e acquatici degradati potrebbe generare 9.000 miliardi di dollari di servizi ecosistemici, e rimuovere fino a 26 miliardi di tonnellate di gas serra dall’atmosfera. I benefici economici sono dieci volte superiori alla spesa per gli investimenti, mentre non fare nulla è almeno tre volte più costoso che il ripristinare l’ecosistema». I piani di ripresa dalla pandemia offrono un’opportunità unica per tracciare una nuova strada, conclude l’Onu, spostando gli investimenti verso una "economia del ripristino" che possa fornire milioni di posti di lavoro "verdi". «La finestra per prevenire la crisi climatica si sta rapidamente chiudendo poiché la crisi è destinata a peggiorare a meno che non si agisca con urgenza – sottolinea la Ong Save the children – È fondamentale che su questa problematica, vengano ascoltati i bambini, i primi a pagare le conseguenze dell’impatto di cambiamenti climatici sempre più disastrosi». Nella Giornata mondiale dell’Ambiente il Wwf ripercorre invece le maggiori emergenze degli ultimi 18 mesi: dalla pandemia alle locuste, dagli incendi in Australia all’acqua alta a Venezia, i messaggi di allarme dal Pianeta si susseguono senza sosta. «Il tempo per agire è sempre meno, ora che finalmente la pandemia sta rallentando è arrivato il momento di riflettere. La scienza ha confermato come la diffusione di questo virus sia direttamente e indirettamente collegata ad un rapporto “malato” con la natura, caratterizzato da deforestazione, commercio illegale di animali selvatici, modelli di produzione e di consumo insostenibili a cui si aggiungono i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità».
Ci restano solo pochi anni. Meno di 10 ormai: per l’esattezza poco più di 6, in base alle indicazioni degli scienziati nel 2015 per contenere il riscaldamento globale. È pochissimo, per poter dare una svolta. E oggi diventa ancora più urgente "guarire" il pianeta. Mai come ora serve far rivivere gli ecosistemi che supportano tutta la vita sulla Terra. Più sani sono i nostri ecosistemi, più sano è il pianeta e più è sano anche l’uomo che lo abita.
Lo sanno, perchè l’hanno studiato dagli scienziati, e lo ripetono come un mantra anche i giovani attivisti del movimento Fridays for future che ogni venerdì scendono in piazza (nell’ultimo anno, spesso in modo virtuale, ndr) per manifestare contro le politiche inattive dei governi sul riscaldamento globale. Dopo quasi tre anni di sciopero anche Greta Thunberg, che oggi è cresciuta ed è diventata maggiorenne, non nasconde la sua frustrazione.
«Sciopero per il clima, settimana 145. Tutto questo sta per diventare un po’ ripetitivo» scrive nel tweet postato lo scorso 22 maggio.
«Sì, è vero, sono tutti un po’ delusi, come tutte le associazioni ambientaliste» spiega Gianfranco Mascia, autore e scrittore del libro "Come osate". I giovani italiani puntano il dito contro le nuove trivellazioni nell’Adriatico, contro i 19 miliardi di sussidi ai fossili ancora una volta garantiti dall’esecutivo e contro un Recovery plan che non li rappresenta. «C’è una critica al piano italiano – aggiunge Mascia – ma anche a tutti gli altri piani europei: a noi non sembra che siano questi i soldi da spendere per far ricominciare l’economia. I giovani non vogliono tornare alla normalità perchè la normalità era il problema». «È come se un pulmann si stesse schiantando contro un muro – fa l’esempio pratico giusto per chiarire – e noi anzichè cambiare strada acceleriamo».
Le critiche ai piani post-pandemiaIl 30 aprile il governo ha approvato il suo piano per l’uso dei fondi UE Next Generation. «Quasi tutti giorni ormai la politica parla di “sostenibilità”, e con questo piano in particolare sta facendo pensare che preveda misure sufficienti per salvaguardare il clima – spiegano i giovani – E così, come se non bastasse dover fronteggiare la grande minaccia dell’umanità, ci troviamo davanti a un ulteriore problema: il diffondersi della convinzione che chi governa stia affrontando la crisi climatica seriamente. Quando in realtà delle azioni necessarie non se ne vede ancora l’ombra».
Già adesso viviamo un mondo più caldo di 1,2°C, in cui interi ecosistemi «stanno crollando, e migliaia di specie si stanno estinguendo ogni settimana – spiegano – Questo mondo è in fiamme, questo mondo si sta sciogliendo. In tanti continenti le persone sono costrette ad abbandonare le loro case, mentre gli impatti climatici catastrofici diventano sempre più estremi e frequenti. Ogni decimo di grado di ulteriore aumento significa centinaia di migliaia di vite umane condannate, e regioni intere del pianeta rese inabitabili».
«Sembra che parole come green, resiliente o transizione ecologica siano usate più per moda» spiega Martina Comparelli, attivista dei Fraidays for future Milano. «Sembra proprio che i nostrio poolitici le usino più per moda e non per le azioni che implicano – aggiunge – Noi vogliamo vedere azioni concrete, basate sulla scienza. La cosa più difficile è accettare che ci sono soluzioni semplici e si continui a ignorarle per non si sa quali interessi». Secondo i giovani, i politici «non riescono ad uscire da questa mentalità, non ne sono convinti».
«Noi saltiamo la scuola, una delle cose per noi più importanti, e in questo periodo trattata come l’ultima ruota del carro – aggiunge Pietro da Pavia – perché abbiamo ancora più paura per quello che il governo sta facendo, e ci sentiamo traditi. Ma anche perché non ci arrendiamo sul nostro futuro, e non permetteremo alle persone al potere di farlo». «Sappiamo che nei prossimi mesi si prenderanno decisioni importantissime è ovvio che è stancante dover ripetere le stesse cose ed è frustrante – aggiunge Martina – però è anche vero che bisogna continuare a lottare».
I giovani in questo momento si sentono la responsabilità di dover cambiare il mondo, ma, come ha più volto ripetuto la stessa Greta, devono essere i politici a salvare il mondo e non a parole.
Fa più paura il clima del virus I giovani europei sono più preoccupati da degrado ambientale e cambiamenti climatici (quasi il 50% degli under 35) che dalla diffusione di malattie infettive (36%). Il 75% di coloro che hanno tra i 15 e i 35 anni di età sono molto o mediamente motivati a vivere in modo sostenibile. Netta la posizione dei giovani italiani: oltre l’80% ritiene le nostre abitudini di consumo non ambientalmente sostenibili. Questo uno spaccato dell’indagine realizzata da Ipsos per #ClimateOfChange, la campagna di comunicazione europea guidata da WeWorld - organizzazione italiana che difende da 50 anni i diritti di donne e bambini in 27 Paesi del mondo inclusa l’Italia - che mira a coinvolgere i giovani per informarli sul nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni e creare un movimento pronto non solo a cambiare il proprio stile di vita ma anche a sostenere la giustizia climatica globale.
I numeri dell’emergenza Ecco perché è importante prendersi cura del pianeta: il 70% dei paesi ad alto rischio di impatto climatico si trova in Africa. All’aumentare di alluvioni aumenta la diffusione di malattie che si trasmettono attraverso le acque contaminate con un impatto sproporzionato sui bambini. L’Oms stima che la crisi climatica porterà a circa 95.000 morti in più all’anno per denutrizione tra i bambini fino ai 5 anni entro il 2030 e 24 milioni in più entro il 2050. In Italia oltre 6 milioni di abitanti risiedono in aree ad elevato e medio rischio di alluvioni e 1,2 milioni a rischio elevato o molto elevato di frane (dati Ispra).