Mes. Conte: attacchi a Salvini-Meloni? Non mi pento. Asse con Gualtieri agita M5s e Pd
Il premier Conte e il ministro dell'Economia Gualtieri
Su un punto, quando parlano di Europa, Pd e M5s sono d'accordo: quei due, Conte e Gualtieri, vanno insieme dritti sulla loro strada. Il feeling tra premier e ministro dell'Economia è evidente. Anche il lessico ormai è simile. Quando parlano degli eurobond usano, ad esempio, la stessa espressione: «La forza della ragione è dalla nostra parte». Segno di una consultazione continua. E di una copertura politica costante: Conte sa quando Gualtieri non deve irritare il Pd, Gualtieri sa quando Conte non deve indispettire i 5s. E dalla notte della settimana scorsa in cui, in videconferenza, il premier pose il veto al Consiglio europeo sugli strumenti anti–virus, i due hanno stretto un patto d'acciaio: Gualtieri non era per i “pugni sul tavolo”, ma la regola aurea nelle negoziazioni con Bruxelles è che mai deve apparire una distonia tra premier e Tesoro. Da quel momento in poi i due hanno adottato uno scudo comune contro le pressioni dei partiti e una parola univoca in Europa.
Una scelta che non è senza ripercussioni. Perché ora il Pd e M5s sono preoccupati. I dem temono che Gualtieri si stia sbilanciando troppo nel “no” al Mes, strumento che invece per i vertici del partito è quantomeno utile. I pentastellati invece temono uno scenario in cui Conte li accompagna “dolcemente” verso un'apertura al prestito del salva–Stati, come già accaduto su dossier delicati come Tap, Tav, Autostrade. E dal punto di vista comunicativo, Conte–Gualtieri si sono attrezzati bene: dicono – ieri sera l'ha ripetuto il ministro dell'Economia – che il Mes è «inadeguato, non ha la dimensione adeguata, perché qui serve un trilione, un trilione e mezzo...». Dicono che l'Italia non ha intenzione di accedervi, che Roma ha contribuito ad eliminare le condizionalità perché «altri Paesi ne potrebbero fare richiesta», che la battaglia campale è sul "Recovery fund" e sugli eurobond che «stanno raccogliendo consenso crescente». D'altra parte al momento non è nemmeno chiaro quali siano le “non condizioni” della linea di credito del Mes destinata agli aiuti sanitari. E poi, concordano premier e Tesoro, se ora l'Italia si "tuffasse" sul Mes farebbe perdere credibilità alla battaglia sugli eurobond.
La sintonia è anche sulle priorità del momento. Gualtieri e Conte stanno provando ad accelerare sulle erogazioni dei contributi stanziati con il Cura Italia e sull'applicazione del dl–imprese. «I 600 euro dovrebbero essere erogati entro la prossima settimana. La prossima "tranche", per aprile, sarà più rapida e più consistente». Si prova ad accelerare anche sulla liquidità alle imprese: «Le banche la settimana prossima avranno le regole di ingaggio per i prestiti grandi con garanzia Sace, entro fine mese le garanzie potranno essere concesse e i prestiti erogati», dice ancora Gualtieri.
Chiaro che si gioca sul filo del rasoio e dei fragili equilibri politici. Ma, quantomeno, la mossa comunicativa di venerdì del premier, l'arrabbiatura in diretta tv con Salvini e Meloni ha ricompattato la maggioranza e re–indicato l'avversario comune. Quanto alle polemiche che ne sono derivate, il premier è sereno e per nulla pentito. Palazzo Chigi fa sapere che non era stata richiesta una diretta a reti unificate, che le tv si erano collegate liberamente e che, per il resto, era una normale conferenza stampa, non un "messaggio al Paese". «Mi avevano accusato di alto tradimento, alto tradimento...», ha scandito anche ieri il premier ai suoi collaboratori, ribadendo il suo diritto-dovere a «ristabilire la verità». Il prossimo round con Salvini e Meloni sarà alla vigilia del Consiglio Ue del 23 aprile, quando il premier informerà le Camere. E per “provare” la piena responsabilità dell'allora centrodestra sulla stipula del Mes lo staff del premier sta già ripescando i resoconti e i comunicati stampa dei Cdm del biennio 2010–2011.