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Governo. Superbonus e «nuovo fisco»: ecco le novità

Marco Iasevoli e Nicola Pini giovedì 28 dicembre 2023

Presidio contro il governo degli esodati del Bonus 110 in piazza della Rotonda a Roma

Il governo non esita a parlare di «rivoluzione» e di «promessa mantenuta». E in effetti oggi, con quattro nuovi decreti legislativi approvati in Consiglio dei ministri, è stata data un’accelerazione importante alla riforma del fisco. In particolare, è stato messo nero su bianco il «primo modulo» della revisione Irpef, con il passaggio da quattro a tre aliquote già finanziato in manovra per il 2024, ma che aveva bisogno del testo formale per diventare effettivo.

I nuovi scaglioni Irpef sono dunque ufficiali: il 23% fino a 28 mila euro, il 25% tra 28 e 50 mila euro e il 43% sopra tale soglia. La riduzione del numero di scaglioni non comporta per il momento il riassetto delle aliquote delle addizionali regionali e comunali, che resteranno inalterate nel 2024. L’intervento così formulato costa oltre 4 miliardi ed è in parte temperato da un taglio delle detrazioni sui redditi alti.

Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha definito i quattro decreti attuativi «provvedimenti molto importanti, che contribuiranno a semplificare il sistema fiscale, rendendolo più equo e dinamico». Inoltre, per l’uomo-fisco di Fdi, l’intervento porta «un maggiore risparmio fiscale per le fasce di reddito medio-basse, più esposte ai continui mutamenti del quadro economico-finanziario internazionale».

I benefici nel 2024

Le modifiche coinvolgono complessivamente 25 milioni di contribuenti. L'Ufficio parlamentare di bilancio ha stimato un beneficio medio di 190 euro annui per la riduzione delle aliquote. Per i redditi fino a 15 mila euro il risparmio è pari a 75 euro, si riduce nella fascia immediatamente superiore a tale soglia per tornare a crescere fino a un massimo di 260 euro per i redditi da 28 mila euro in su. Oltre la metà dei benefici complessivi dell'Irpef, sempre secondo l'Upb, è destinato ai contribuenti con reddito superiore a 28.000 euro, anche se questi sono il 25%. L’impatto della revisione Irpef va cumulata con l’intervento sul cuneo fiscale, anch’esso confermato per il solo 2024. La somma tra taglio Irpef e cuneo vale oltre 14 miliardi: risorse che andranno nuovamente trovate per confermare il nuovo assetto fiscaleanche nel 2025.

Detrazioni e no tax-area

Per concentrare il beneficio dell’Irpef sui redditi medio-bassi, il governo ha deciso di “sterilizzarlo” per quelli più alti. Per chi dichiara più di 50mila euro, così, arriva un taglio lineare di 260 euro su alcune detrazioni fiscali non sanitarie che possono arrivare ad annullare il vantaggio dell’accorpamento delle aliquote. In extremis, il Cdm di ieri ha salvato le detrazioni per le donazioni a onlus, enti del terzo del settore e partiti politici.

Inoltre, il decreto legislativo approvato ieri prevede l’ampliamento della no tax area: la soglia prevista per i redditi da lavoro dipendente viene innalzata fino a 8.500 euro, come quella già in vigore a favore dei pensionati. E aumenta la detrazione per il lavoro dipendente per i redditi fino a 15.000 euro che viene portata da 1.880 a 1.955 euro.

Le regole Ue e l’incognita sul futuro

Tuttavia, come detto, l’intervento Irpef più cuneo è finanziato solo per il 2024, non è strutturale. Già solo confermare l’intervento nel 2025 costerebbe 14 miliardi. Figurarsi il passaggio ad un regime di semi-tassa piatta con due solo aliquote Irpef, come previsto dalla legge delega. Ma in primavera l’Italia potrebbe incorrere nella procedura Ue per deficit eccessivo. Mentre dal 2025 entrerà pienamente in vigore il nuovo Patto di stabilità e crescita rigoroso sul rientro dal debito. Insomma, il taglio fiscale approvato ieri sulla carta e finanziato per un anno andrà “riconquistato” dall’esecutivo con tagli di spesa e negoziando con Bruxelles.

Gli altri decreti

Tra le principali novità degli altri decreti, quello sullo Statuto del contribuente prevede che, nel nuovo contraddittorio preventivo, l'Agenzia delle entrate debba motivare l'eventuale rifiuto delle osservazioni del contribuente. Un altro cambiamento riguarda il coinvolgimento dei consulenti del lavoro nella cooperative compliance, il nuovo adempimento collaborativo per le imprese.

Il superbonus ai tempi supplementari

Superbonus al 110% salvo per le famiglie meno abbienti. Per gli altri si scende al 70% e la differenza si pagherà di tasca propria. Ma c’è una sanatoria per evitare la restituzione delle somme per chi non è riuscito a completare i lavori. Questo il compromesso siglato ieri nella maggioranza dopo un bracco di ferro durato settimane. Con Forza Italia schierata per una proroga salva-condomini e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a difesa del bilancio statale dagli effetti “allucinatori” e “radioattivi” (sono parole sue) della superagevolazione per le eco-ristrutturazioni edilizie.

Un tira e molla che ha trovato un punto di caduta nel vertice pre-Cdm di ieri pomeriggio, con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, lo stesso Giorgetti e, assente Giorgia Meloni per motivi di salute, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano riuniti attorno a un tavolo. Un’intesa formalizzata subito dopo nel Consiglio dei ministri con un decreto ad hoc.

Nessuna proroga

Sono stati approvati alcuni interventi in materia di bonus edilizi, riportando la relativa disciplina, hanno spiegato poi da Palazzo Chigi, «al buonsenso e alle sue corrette finalità»: non è prevista «nessuna proroga», ma si incentivano i lavori «limitando usi impropri e storture». Il decreto, si precisa, interviene sul Superbonus, ma anche sul Sismabonus e sugli incentivi per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

110, Credito d'imposta per tutti i lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023

Tornando al 110%, sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti i lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023 mentre per le opere ancora da effettuare viene confermato il bonus al 70%. Ma il superbonus resta intatto per le famiglie con reddito Isee inferiore a 15mila euro, «sensibilmente aumentato in base ai componenti del nucleo familiare»: continueranno ad avere il 110% anche per la quota di lavori che verranno effettuati da gennaio in avanti. In sostanza, si afferma dal governo, «chi non ha concluso i lavori entro l’anno non si troverà nella grave condizione di dover restituire tutti i crediti fino a quel momento maturati».

Ricorso al fondo povertà

Mentre per i lavori non conclusi al 31 dicembre le fasce meno abbienti non si dovranno fare carico della differenza con l’agevolazione al 70%. Sarà utilizzato a questo scopo il fondo povertà «con riserva di aumentarne la capienza durante l’esercizio finanziario».

«Ci saranno i controlli» per evitare eventuali truffe, «ma qui stiamo parlando di persone perbene, di condomini e imprese che hanno rispettato le regole», ha commentato Tajani al termine della riunione. «Il provvedimento del Superbonus in teoria era positivo, ma è stato gestito malissimo dal governo Conte e ha provocato un buco nelle casse dello Stato. Ora - ha concluso Tajani - cerchiamo di rimediare ai danni aiutando imprese e cittadini meno abbienti». La «toppa è peggiore del buco e genererà ancora più caos creando figli e figliocci», replicano dal M5s, sottolineando che «Giorgetti viene sconfessato ancora».

Obiettivo evitare un'uscita traumatica dal 110​

Sul piano pratico l’obiettivo del governo era evitare, senza scassare i conti, un’uscita traumatica dai lavori con il Superbonus 110%, una tagliola che scatta dal primo gennaio 2024, con molti cantieri in ritardo e a rischio blocco e 300mila famiglie potenzialmente coinvolte da contenziosi con le imprese e con il fisco. Mentre a livello politico occorreva dare una risposta alle richieste di Forza Italia, tanto più dopo il “no” solitario dell’Italia al Mes, maldigerito dagli azzurri che a Bruxelles militano nel Ppe.
La soddisfazione espressa da Fi dopo il Cdm testimonia che il nodo politico è stato sciolto. Mentre l’effetto sui cantieri andrà valutato nelle prossime settimane: i costruttori dell’Ance si dicono d’accordo sulla differenziazione del bonus in base al reddito ma per ora non si sbilanciano sullo sblocco in corsa dei lavori, dal momento che - spiegano - la soglia Isee di 15mila euro è bassa, molte famiglie ne resteranno escluse con il 70%.

Sismabonus e barriere architettoniche

Il decreto interviene con una stretta anche sull’uso improprio del Sismabonus con «verifiche più puntali per limitare l’agevolazione soltanto agli edifici effettivamente danneggiati da eventi sismici». Paletti anche al bonus 75% barriere architettoniche. Servirà una apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti. Dal primo gennaio 2024 la cessione del credito sarà consentita solo per le parti comuni dei condomini e alle persone fisiche con redditi inferiori a 15mila euro (limite che non si applica alle persone con disabilità).