Ius culturae. Cittadinanza, la proposta di Ap per approvarla entro la legislatura
Milano, una classe multietnica in una scuola primaria
Si riapre la trattativa per l’approvazione della legge per il diritto di cittadinanza. Dopo la direzione di Ap , dove il partito di Alfano sembrava calare il sipario sulla legge, ora i centristi puntano a uno ius culturae "secco", da approvare senza la "forzatura" della fiducia apposta al testo invariato. L’ipotesi di tornare a parlarsi, però, fa ben sperare i sostenitori del provvedimento, che attende in Senato il passaggio del Def e delle misure economiche. E che subito dopo potrebbe incardinarlo. I tempi sono strettissimi, perché sul testo arrivato dalla Camera pendono migliaia di emendamenti, per lo più della Lega. Motivo per cui era stato chiesto al governo di blindare la legge, evitando così di arrivare al traguardo della legislatura ancora una volta senza una risposta per gli 800mila ragazzi "italiani ma non cittadini".
Di certo, con l’iter ipotizzato da Ap il rischio di non farcela resta alto. Ma se sulla rivisitazione in chiave centrista si dovesse trovare l’intesa, allora neppure il partito di Alfano escluderebbe la fiducia, con un nuovo passaggio alla Camera per ratificare le modifiche, anche questo blindato. Ed è verosimile che lo stesso premier Paolo Gentiloni, che si è speso in prima persona e ha promesso l’impegno del governo sul tema dopo la finanziaria, a quel punto andrebbe fino in fondo. Anche perché il diritto di cittadinanza resta uno dei temi su cui Mdp mette l’esecutivo con le spalle al muro. Si tratta, ripeteva ancora ieri Roberto Speranza, di una delle leggi a cui i bersaniani non intendono rinunciare e su cui il governo deve fare una scelta di campo.
È la senatrice di Ap Simona Vicari, che segue per il partito di Alfano il provvedimento a proporre al Pd di blindare un nuovo testo che poi possa andare alla Camera per il varo definitivo senza altre modifiche. Che cosa va corretto nel testo già approvato in prima lettura dalla Camera? «Occorre che entrambi i genitori, non uno solo, siano titolari del permesso di soggiorno - afferma la senatrice di Ap - perché siano tutti e due coinvolti in un percorso di integrazione. Se non ci sono i genitori si può incaricare un tutore, ma qualcuno che si impegni con il bambino ci vuole».
L'altra condizione posta da Ap è la necessità di «abbassare la soglia minima di età. Se uno è arrivato in Italia a 12 anni - sostiene Simona Vicari - è difficile pensare che a 16, al termine dell’obbligo scolastico, si sia già compiuta l’integrazione. Il ragazzo deve aver effettuato tutto il ciclo obbligatorio di studi, deve cioè essere in Italia, noi diciamo, dai 6 anni, ma in ogni caso deve aver fatto per intero il percorso dell’obbligo». Insomma, sì allo ius culturae, no allo ius soli. «Nessuna preclusione di principio - risponde la senatrice centrista - si tratta solo di convenire che un reale percorso di integrazione ci dev’essere stato. Per questo, l’iter della scuola dell’obbligo, secondo la nostra proposta, dev’essere stato completato con successo in tutte le sue parti, medie comprese, mentre l’attuale progetto parla solo di scuola primaria».
Le pressioni che arrivano da più parti della società civile sembrano dunque aprire una breccia nel muro degli ultimi mesi. È in corso uno sciopero della fame degli insegnanti che hanno aderito all’appello di Manconi, Ferrara e Corsini. Per ora hanno aderito 800 docenti. E a loro si stanno unendo in una «staffetta del digiuno» diversi esponenti di forze politiche. Venerdì 13, poi, è in programma una manifestazione in piazza Montecitorio.