Dopo l'ok alla prima fiducia per la nuova legge elettorale ottenuto alla Camera martedì, Renzi si aggiudica il primo round della partita politica sull'Italicum, che oggi vede alla Camera il voto sulle altre
due fiducie poste dall'esecutivo. La prossima settimana il voto
finale che sarà a scrutinio segreto. No compatto di tutte le opposizioni, secondo i "ribelli" del Pd il dissenso potrebbe crescere. E mentre la minoranza del partito si spacca di fronte alla scelta sul voto, dal vicesegretario Guerini arriva la convinzione che nel partito non ci siano
volontà di rotture insanabili o di uscite, ma l'ex capogruppo
Speranza attacca e dice che i no al voto finale saranno di più,
perché la fiducia è stata una violenza, una forzatura gratuita.
E' iniziata poco prima delle undici dall'aula della Camera, la prima chiama sulla fiducia posta dal governo al secondo articolo della riforma della legge elettorale. Nel pomeriggio poi si terrà il terzo voto di fiducia.
Intanto il Pd continua ad essere dilaniato. Non è una questione di numeri ma di principio spiega in un'intervista a Repubblica Speranza: "Trentotto sono un'enormità - afferma -. Trentotto deputati
che decidono di non votare la fiducia a un governo che pure
sostengono sono un numero altissimo. Fra loro ci sono ex premier
ed ex segretari. Hanno un peso politico. Sono un tratto
importante del cammino del Pd. Di fronte a questi nomi, non è più un problema di numeri".
Anche Enrico Letta, in una lettera alla Stampa, spiega con amarezza il suo dissenso. "Non ho doppi fini, né mi candido a
nulla. Affermo solo, con tutta la libertà intellettuale di cui
sono capace, che chi ha responsabilità di guida, soprattutto su
questioni che riguardano le regole condivise, deve in primo
luogo convincere e coinvolgere. Così vince davvero. Altrimenti,
vince sulle macerie" scrive l'ex premier sottolineando che quello sull'Italicum sarà per lui "tra gli ultimi atti da parlamentare, forse uno dei
più sofferti".
Prova a gettare acqua sul fuoco il vicesegretario Lorenzo Guerini. "C'è stato uno strappo più contenuto di quello
che si poteva pensare prima del voto" e soprattutto, dice in
Transatlantico, "non penso che vi siano volontà di rotture
insanabili nel partito o di uscite, scelte di questo tipo
andrebbero in direzione opposta a quello che è l'interesse del
Pd". "C'è un tema politico che deve essere affrontato" aggiunge e non esclude un incontro con il "capo" dei ribelli Pierluigi Bersani. "Non lo so, è prematuro, ci si incontra sempre. Si tratta di discuterne politicamente e lo faremo".
Tira un sospiro di sollievo e soprattutto tira dritto per la sua strada, nonostante le critiche che gli piovono addosso da più parti, il premier Renzi deciso a marciare senza sosta verso il via libera definitivo. Siccome
"la strada è ancora lunga", frena i suoi che a questo punto
vorrebbero punizioni esemplari per i 38 "ribelli" che non hanno
votato la fiducia al governo. "Il nostro obiettivo sono le
riforme, poi ognuno risponde al paese delle sue scelte", è la
posizione del premier soddisfatto perchè, spiegano i
fedelissimi, "due ex segretari, un ex premier, un ex capogruppo
ed un ex presidente del partito non sono stati determinanti"
nella conta finale e non sono riusciti a trascinarsi dietro
tutti i fedelissimi e discepoli.